[Stml11] [8.07 - Margret - Cosmogonia]

Maddalena Duci vampitrill a gmail.com
Mer 2 Maggio 2018 17:06:08 CEST


Grazie. Altri riscontri?

Il lun 30 apr 2018, 23:38 Albert K Hair <albert.k.hair a lordkap.it> ha
scritto:

> Ma che bèl! :)
>
> --
> Tenente Comandante Albert K Hair
> USS Tokugawa - Ingegnere Capo
>
>
> Il 30 apr 2018 14:49, Maddalena Duci <vampitrill a gmail.com> ha scritto:
>
> Ecco il mio brano.
> Spero vi piaccia.
>
>
>
> ..............................................................................
>
> All’inizio vi erano solo il buio e il silenzio.
>
> L’universo era freddo e vuoto e privo di vita. L’universo era un luogo
> molto tranquillo, allora.
>
> Poi la dea Kep’k aveva aperto quell’immensa oscurità e vi aveva sbirciato
> dentro. A quel tempo, la dea era giovane e le era permesso di sbirciare in
> tutti i molteplici universi che componevano il mondo. Come tante scatole,
> alcune piene e altre vuote, popolavano la casa degli dei.
>
> A Kep’k piacque molto quell’oscurità e penso che sarebbe stato molto bello
> popolarla di luci e forme e colori, perché questi ultimi avrebbero mostrato
> maggiormente quanto fossero meravigliosi il buio e il silenzio. Così la dea
> Kep’k aveva allungato la mano fino al centro esatto dell’universo e dalle
> sue dita era scaturita una scintilla, la prima.
>
> Dopo ne erano seguite altre, molte altre. Lo spazio aveva cambiato forma,
> il tempo si era ripiegato su sé stesso e poi si era espanso di nuovo. La
> materia si era addensata ed era collassata, per poi addensarsi di nuovo.
> Tutte le cose avevano avuto inizio.
>
> Pianeti grandi e piccoli, soli, galassie, filamenti di materia che si
> allungavano nell’oscurità e nel buio, che non erano mai stati così belli.
>
> Per qualche tempo la dea Kep’k si compiacque di quel che aveva creato. Gli
> altri dei apprezzavano la cura che aveva messo nel creare ogni cosa in
> quella piccola scatola vuota.
>
> Era stato un gioco molto bello, ma ormai era finito. La dea richiuse la
> scatola e per molto tempo l’universo rimase sostanzialmente immutato.
>
> Poi, un giorno, Kep’k fece ritorno. Aveva creato molti altri universi,
> riempito molte altre scatole, ma quello era stato il primo e nel cuore
> della dea occupava un posto speciale. Riaprì la scatola e vide che
> l’universo era ancora bello bello e splendente come lei lo aveva lasciato.
> Ma la dea ora era più vecchia e più saggia e vide anche che l’universo era
> vuoto, molto più vuoto di prima. C’era la materia, certo, e c’era
> l’oscurità resa ancora più bella dalla luce. Ma mancava qualcosa.
>
> Così la dea creò i Kep.
>
> I Kep erano un popolo pacifico e meraviglioso, curioso e pieno di
> desiderio di esplorare. In breve tempo, sotto la guida della dea, i Kep si
> espansero ovunque nell’universo, raggiungendo gli angoli più remoti della
> scatola. Crebbero e si moltiplicarono e vissero per moltissimo tempo in
> armonia con il creato e tra loro.
>
> Poi un giorno, la dea Kep’k, come già era accaduto in passato, si stancò
> di quell’universo e lo abbandonò. I suoi figli non capivano per quale
> motivo se ne fosse andata, per quale motivo li avesse lasciati. La loro
> disperazione fu terribile e profonda come l’oscurità stessa.
>
> Poi due fratelli, Kepunk e Kepank, decisero di cercare la dea.
>
> Il loro popolo all’inizio li derise e li schernì. Com’era possibile
> cercare una dea, la madre di tutte le cose e di tutti loro? Come avrebbero
> potuto due piccoli esseri, due Kep, trovare la creatrice del loro universo?
> Ma la disperazione per l’assenza di Kep’k era tale e tanto grande che alla
> fine quella parve essere l’unica possibilità. I Kep costruirono una nave,
> la più bella e la più potente che il loro popolo avesse mai visto e la
> donarono ai due fratelli, perché questi potessero trovare la dea.
>
> Kepunk e Kepank partirono. Inizialmente i due fratelli collaborarono,
> d’accordo sulla rotta da seguire. Ma col tempo e con la mancanza di
> risultati della loro ricerca, si divisero. Kepunk credeva che la dea
> potesse essere trovata solo continuando a cercare in lungo e in largo nella
> spazio, Kepank riteneva invece che l’unico modo per trovare la madre fosse
> cercarla all’interno del loro spirito.
>
> Nessuno sa come e quando i due fratelli si divisero o se la loro ricerca
> ebbe successo. Nessuno dei due fece più ritorno.
>
> La loro scomparsa accrebbe le diatribe tra i Kep, il cui popolo si spaccò
> in due fazioni, ognuna schierata con uno dei sue fratelli. La grandezza dei
> Kep cominciò ad offuscarsi. Col tempo, altre creature popolarono
> l’universo. Non erano figli della dea come i Kep, bensì degenerazioni di
> quello che una volta loro stessi erano stati. Queste creature presero il
> loro posto e i Kep rimasti decisero di andarsene. Non potevano lasciare
> quell’universo senza l’aiuto di Kep’k e nel caso lei fosse tornata, così si
> isolarono in una piccola zona di spazio, lontano dalle creature che avevano
> infestato il loro universo, invisibili ai loro occhi, in attesa del ritorno
> della madre. Quando lei fosse arrivata, loro sarebbero stati pronti.
>
>
>
> *Luogo indefinito – Tempo indefinito*
>
>
>
> Alla scomparsa di Hesse, Margret si lasciò sfuggire un’imprecazione
> andoriana particolarmente colorita che strappò un’occhiata incredula al
> timoniere, un mezzo sorriso ad Hana e lasciò perplessi tutti gli altri. La
> donna poteva anche non aver capito il termine in se stesso, ma certamente
> ne aveva colto il sentimento.
>
> Il primo ufficiale si voltò come per contare i presenti e sincerarsi che
> nessun altro se ne fosse andato. Quindi si voltò verso la betazoide.
>
>
>
> “Consigliere, non percepisce più il capitano, immagino.”
>
> “No, Signore. E’ sparito, come gli altri.”
>
> “E si è portato via il pennarello,” aggiunse Hair, in tono piatto.
>
> “Già. Sembra una specie di teletrasporto.”
>
> “Potrebbe,” confermò l’ingegnere. “Ma non ho mai visto nulla del genere.”
>
> “No, nemmeno io. Infatti.” Margret tornò a rivolgersi ad Hana. “Anche
> questi grigi, come li ha chiamati lei, non sono qui al momento, giusto?”
>
> “Giusto,” rispose il consigliere. Il suo tono era sicuro, ma aggrottò
> leggermente le sopracciglia come se stesse sforzandosi di sentire qualcosa
> in mezzo ad una gran confusione.
>
> “Bene.”
>
>
>
> Per un istante il primo ufficiale rimase immobile, le antenne tese in
> avanti, in evidente riflessione sul da farsi.
>
>
>
> “Bene,” ripetè poi. “Dato che luci sono accese, muoversi sarà meno
> difficoltoso. Rimaniamo uniti e continuiamo il più possibile in linea
> retta.” Il tono dell’andoriana era secco. Se c’era esitazione in lei, non
> lo dava a vedere, quasi che l’idea di muoversi, il prossimo compito su cui
> tutti loro erano focalizzati, le permettesse di escludere pensieri
> pericolosi. Come il fatto che non avevano idea di dove andare, di cosa
> cercare o di dove fossero.
>
> La forza della sua autorità, comunque, li fece muovere.
>
>
>
> “Consigliere, vorrei essere avvertita di ogni cambiamento. Se arriva
> qualcuno, se qualcuno se ne va, voglio saperlo subito.”
>
> La donna annuì una volta in senso di assenso.
>
> “Bene, muoviamoci.”
>
>
>
> Il gruppetto camminò in silenzio per un po’. Ogni tanto qualcuno
> appoggiava qualche commento sulla qualità del materiale delle pareti o
> sulla tecnologia dell’illuminazione, ma le chiacchiere furono estremamente
> limitate. La situazione non era mai stata particolarmente favorevole e le
> continue sparizioni dei loro compagni non contribuivano a migliorare lo
> scenario. Inoltre, questi Kepank, o Grigi che dir si volesse, non si erano
> dimostrati, almeno per il momento, affatto attendibili. Come se non
> bastasse li avevano messi in guardia nei confronti dei Kepunk.
>
>
>
> “E questi altri tizi, i Kepunk, chi sarebbero, fra l’altro?” domandò Hair,
> a nessuno in particolare, con sconvolgente tempismo. “Mi ricordano Pinco
> Panco e Panco Pinco e sembrano quasi altrettanto orridi.”
>
> Tutti i non umani della combriccola parvero decisamente perplessi e Hair
> si sentì in dovere di spiegare. “Oh, si tratta di personaggi letterari. Due
> fratelli, da “Alice nel paese delle meraviglie”. La protagonista li
> incontra dopo essere caduta nella tana del Bianconiglio.”
>
> “Alice era molto piccola?” domandò Shnar.
>
> “Nella norma,” rispose Glasgow, le sopracciglia leggermente inarcate.
> “Perché?”
>
> “Perché allora doveva essere la buca ad essere bella grossa.”
>
> “Proprio come questa,” si inserì Margret.
>
>
>
> Poco più avanti rispetto al gruppetto, il primo ufficiale era in piedi sul
> bordo di quella che sembrava essere, in effetti, un buco nel pavimento del
> corridoio. Non si trattava di una bottola, né di un danneggiamento del
> pavimento. A ben guardare, non era nemmeno una vera buca. Semplicemente, al
> centro esatto del corridoio, una parte del pavimento era stata sostituita
> da una lastra di materiale trasparente simile al vetro. Al di sotto era
> visibile parzialmente un’altra stanza. All’interno erano ospitate una serie
> di capsule, simili ad unità di stasi.
>
> Tre di esse ospitavano, immobili e ad occhi chiusi, Hesse, de Chirico e la
> Alluso.
>
>
>
>
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