<div dir="auto"><div text="#000000" bgcolor="#FFFFFF">
Ecco il mio brano.<br>
Spero vi piaccia.<br>
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<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">All’inizio
vi erano solo il buio e il
silenzio. </span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">L’universo
era freddo e vuoto e privo di
vita. L’universo era un luogo molto tranquillo, allora.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Poi
la dea Kep’k aveva aperto
quell’immensa oscurità e vi aveva sbirciato dentro. A quel
tempo, la dea era
giovane e le era permesso di sbirciare in tutti i molteplici
universi che
componevano il mondo. Come tante scatole, alcune piene e altre
vuote,
popolavano la casa degli dei.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">A
Kep’k piacque molto quell’oscurità e
penso che sarebbe stato molto bello popolarla di luci e forme e
colori, perché
questi ultimi avrebbero mostrato maggiormente quanto fossero
meravigliosi il
buio e il silenzio. Così la dea Kep’k aveva allungato la mano
fino al centro
esatto dell’universo e dalle sue dita era scaturita una
scintilla, la prima.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Dopo
ne erano seguite altre, molte
altre. Lo spazio aveva cambiato forma, il tempo si era ripiegato
su sé stesso e
poi si era espanso di nuovo. La materia si era addensata ed era
collassata, per
poi addensarsi di nuovo. Tutte le cose avevano avuto inizio.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Pianeti
grandi e piccoli, soli,
galassie, filamenti di materia che si allungavano nell’oscurità
e nel buio, che
non erano mai stati così belli.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Per
qualche tempo la dea Kep’k si
compiacque di quel che aveva creato. Gli altri dei apprezzavano
la cura che
aveva messo nel creare ogni cosa in quella piccola scatola
vuota. </span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Era
stato un gioco molto bello, ma ormai
era finito. La dea richiuse la scatola e per molto tempo
l’universo rimase
sostanzialmente immutato.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Poi,
un giorno, Kep’k fece ritorno.
Aveva creato molti altri universi, riempito molte altre scatole,
ma quello era
stato il primo e nel cuore della dea occupava un posto speciale.
Riaprì la
scatola e vide che l’universo era ancora bello bello e
splendente come lei lo
aveva lasciato. Ma la dea ora era più vecchia e più saggia e
vide anche che
l’universo era vuoto, molto più vuoto di prima. C’era la
materia, certo, e
c’era l’oscurità resa ancora più bella dalla luce. Ma mancava
qualcosa.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Così
la dea creò i Kep.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">I Kep
erano un popolo pacifico e
meraviglioso, curioso e pieno di desiderio di esplorare. In
breve tempo, sotto
la guida della dea, i Kep si espansero ovunque nell’universo,
raggiungendo gli
angoli più remoti della scatola. Crebbero e si moltiplicarono e
vissero per
moltissimo tempo in armonia con il creato e tra loro.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Poi
un giorno, la dea Kep’k, come già
era accaduto in passato, si stancò di quell’universo e lo
abbandonò. I suoi
figli non capivano per quale motivo se ne fosse andata, per
quale motivo li avesse
lasciati. La loro disperazione fu terribile e profonda come
l’oscurità stessa.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Poi
due fratelli, Kepunk e Kepank,
decisero di cercare la dea.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Il
loro popolo all’inizio li derise e li
schernì. Com’era possibile cercare una dea, la madre di tutte le
cose e di
tutti loro? Come avrebbero potuto due piccoli esseri, due Kep,
trovare la
creatrice del loro universo? Ma la disperazione per l’assenza di
Kep’k era tale
e tanto grande che alla fine quella parve essere l’unica
possibilità. I Kep
costruirono una nave, la più bella e la più potente che il loro
popolo avesse
mai visto e la donarono ai due fratelli, perché questi potessero
trovare la
dea.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Kepunk
e Kepank partirono. Inizialmente
i due fratelli collaborarono, d’accordo sulla rotta da seguire.
Ma col tempo e
con la mancanza di risultati della loro ricerca, si divisero.
Kepunk credeva
che la dea potesse essere trovata solo continuando a cercare in
lungo e in
largo nella spazio, Kepank riteneva invece che l’unico modo per
trovare la
madre fosse cercarla all’interno del loro spirito.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Nessuno
sa come e quando i due fratelli
si divisero o se la loro ricerca ebbe successo. Nessuno dei due
fece più
ritorno.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">La
loro scomparsa accrebbe le diatribe
tra i Kep, il cui popolo si spaccò in due fazioni, ognuna
schierata con uno dei
sue fratelli. La grandezza dei Kep cominciò ad offuscarsi. Col
tempo, altre
creature popolarono l’universo. Non erano figli della dea come i
Kep, bensì
degenerazioni di quello che una volta loro stessi erano stati.
Queste creature
presero il loro posto e i Kep rimasti decisero di andarsene. Non
potevano
lasciare quell’universo senza l’aiuto di Kep’k e nel caso lei
fosse tornata,
così si isolarono in una piccola zona di spazio, lontano dalle
creature che
avevano infestato il loro universo, invisibili ai loro occhi, in
attesa del
ritorno della madre. Quando lei fosse arrivata, loro sarebbero
stati pronti.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif""> </span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><b><span>Luogo
indefinito – Tempo indefinito</span></b></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><b><span> </span></b></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Alla
scomparsa di Hesse, Margret si
lasciò sfuggire un’imprecazione andoriana particolarmente
colorita che strappò
un’occhiata incredula al timoniere, un mezzo sorriso ad Hana e
lasciò perplessi
tutti gli altri. La donna poteva anche non aver capito il
termine in se stesso,
ma certamente ne aveva colto il sentimento.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Il
primo ufficiale si voltò come per
contare i presenti e sincerarsi che nessun altro se ne fosse
andato. Quindi si
voltò verso la betazoide.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif""> </span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Consigliere,
non percepisce più il
capitano, immagino.”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“No,
Signore. E’ sparito, come gli
altri.”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“E si
è portato via il pennarello,”
aggiunse Hair, in tono piatto.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Già.
Sembra una specie di
teletrasporto.”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Potrebbe,”
confermò l’ingegnere. “Ma
non ho mai visto nulla del genere.”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“No,
nemmeno io. Infatti.” Margret tornò
a rivolgersi ad Hana. “Anche questi grigi, come li ha chiamati
lei, non sono
qui al momento, giusto?”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Giusto,”
rispose il consigliere. Il suo
tono era sicuro, ma aggrottò leggermente le sopracciglia come se
stesse
sforzandosi di sentire qualcosa in mezzo ad una gran confusione.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Bene.”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif""> </span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Per
un istante il primo ufficiale rimase
immobile, le antenne tese in avanti, in evidente riflessione sul
da farsi.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif""> </span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Bene,”
ripetè poi. “Dato che luci sono
accese, muoversi sarà meno difficoltoso. Rimaniamo uniti e
continuiamo il più
possibile in linea retta.” Il tono dell’andoriana era secco. Se
c’era
esitazione in lei, non lo dava a vedere, quasi che l’idea di
muoversi, il
prossimo compito su cui tutti loro erano focalizzati, le
permettesse di
escludere pensieri pericolosi. Come il fatto che non avevano
idea di dove
andare, di cosa cercare o di dove fossero.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">La
forza della sua autorità, comunque,
li fece muovere.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif""> </span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Consigliere,
vorrei essere avvertita di
ogni cambiamento. Se arriva qualcuno, se qualcuno se ne va,
voglio saperlo
subito.”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">La
donna annuì una volta in senso di assenso.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Bene,
muoviamoci.”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif""> </span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Il
gruppetto camminò in silenzio per un
po’. Ogni tanto qualcuno appoggiava qualche commento sulla
qualità del
materiale delle pareti o sulla tecnologia dell’illuminazione, ma
le chiacchiere
furono estremamente limitate. La situazione non era mai stata
particolarmente
favorevole e le continue sparizioni dei loro compagni non
contribuivano a
migliorare lo scenario. Inoltre, questi Kepank, o Grigi che dir
si volesse, non
si erano dimostrati, almeno per il momento, affatto attendibili.
Come se non
bastasse li avevano messi in guardia nei confronti dei Kepunk.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif""> </span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“E
questi altri tizi, i Kepunk, chi
sarebbero, fra l’altro?” domandò Hair, a nessuno in particolare,
con
sconvolgente tempismo. “Mi ricordano Pinco Panco e Panco Pinco e
sembrano quasi
altrettanto orridi.”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Tutti
i non umani della combriccola
parvero decisamente perplessi e Hair si sentì in dovere di
spiegare. “Oh, si
tratta di personaggi letterari. Due fratelli, da “Alice nel
paese delle
meraviglie”. La protagonista li incontra dopo essere caduta
nella tana del
Bianconiglio.”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Alice
era molto piccola?” domandò
Shnar.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Nella
norma,” rispose Glasgow, le
sopracciglia leggermente inarcate. “Perché?”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Perché
allora doveva essere la buca ad
essere bella grossa.”</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">“Proprio
come questa,” si inserì
Margret.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif""> </span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Poco
più avanti rispetto al gruppetto,
il primo ufficiale era in piedi sul bordo di quella che sembrava
essere, in
effetti, un buco nel pavimento del corridoio. Non si trattava di
una bottola,
né di un danneggiamento del pavimento. A ben guardare, non era
nemmeno una vera
buca. Semplicemente, al centro esatto del corridoio, una parte
del pavimento
era stata sostituita da una lastra di materiale trasparente
simile al vetro. Al
di sotto era visibile parzialmente un’altra stanza. All’interno
erano ospitate
una serie di capsule, simili ad unità di stasi. </span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif"">Tre
di esse ospitavano, immobili e ad
occhi chiusi, Hesse, de Chirico e la Alluso.</span></p>
<p class="m_4252521177980924415MsoNoSpacing" style="text-align:justify"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Times New Roman","serif""> </span></p>
</div></div>