[Stml17] Brano 03-08 - Basta - Vortici

Silvia Brunati sbrunati a gmail.com
Mar 15 Mar 2016 17:07:12 CET


Ciao!

Ecco il mio brano, attendo impaziente commenti. :)


Silvia

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*Brano: 03-08*

*Titolo: Vortici*


*Autore: Lon Basta*

*Brano Precedente: Rest, figlio di Retok - Permette questo ballo?*




*U.S.S. Hope, Laboratorio Scientifico – 03 Febbraio 2395 – Ore 13:00*

Quando qualcosa non tornava, Edison Ray Tucci non riusciva a toglierselo
dalla mente fino a quando non ne veniva a capo. Era come un tarlo che
scavava nel suo cervello impedendogli di fare qualsiasi altra cosa a parte
quella di provare ad estirparlo. In quei casi si chiudeva in laboratorio e
incessantemente attaccava il tarlo, da ogni lato possibile, fino a quando
non capiva cos’era che non gli quadrava. Compiti insignificanti come
mangiare, bere, dormire, lo infastidivano soltanto. I primi due era
costretto ad espletarli perché altrimenti il suo cervello ne avrebbe
risentito, l’ultimo cercava di rimandarlo il più possibile dal momento che
era sicuro che il maledetto tarlo non gli avrebbe fatto chiudere occhio.

Lon Basta gli aveva detto che capiva quando era in quello stato
semplicemente perché le sue emozioni erano come un ‘mulinello d’acqua, del
quale non capisci mai dove sia la fine’. Quando si accorgeva che Tucci ‘era
nel vortice’, Basta si limitava ad attendere che ne venisse a capo
occupandosi di portargli da mangiare e bere regolarmente ed intervenendo
quando si accorgeva che l’umano aveva bisogno di dormire. Edison non aveva
chiesto al betazoide di fargli da cane da guardia, il giovane lo aveva
semplicemente deciso dopo quella volta con i ferengi e non c’era stato
alcun modo per smuoverlo dalla sua decisione: ‘il suo vortice è piacevole
per me, signor Tucci, quasi ipnotico,’ gli aveva detto in tono categorico,
‘preferisco lei al caos emotivo del resto della Hope’.

Perciò erano ore che entrambi erano chiusi in laboratorio: lo scienziato ad
inseguire il suo tarlo ed il capo della sicurezza intento a leggere le
informazioni che Temlin gli aveva messo a disposizione. A Tucci la presenza
del betazoide non dava fastidio, gli era sufficiente che se ne stesse nel
suo angolo, in silenzio. Ogni tanto il giovane scienziato parlava ad alta
voce e talvolta gli sembrava che Basta gli rispondesse, ma, se anche lo
faceva, la sua mente registrava quelle risposte in automatico e subito se
ne dimenticava, persa com’era nel flusso delle acque vorticose che si
rincorrevano a spirale. L’idea del vortice era piaciuta subito ad Edison
perché rendeva perfettamente l’idea del percorso che il tarlo stava
scavando nel suo cervello ormai da troppo tempo.

“Sarebbe meglio avere dei campioni di sangue del mutaforma perché così
potremmo capire meglio la tipologia della razza e…”

“Li ho già richiesti, dalla Armand ci hanno risposto di averli messi a
disposizione della dottoressa, dovrebbe trovarli sulla consolle”.

Il cervello di Tucci non registrò la risposta pacata di Basta, ma le sue
mani richiamarono il file che gli serviva ed egli si perse nuovamente
all’inseguimento del tarlo del quale ogni tanto vedeva la coda. Il
mutaforma non aveva agito da solo, eppure l’esito delle ricerche del
capitano Bueller alla festa sulla Armand non avevano portato a nessun
risultato.

“Se si trattasse di qualcuno che era di turno, allora il capitano non
l’avrebbe mai potuto scoprire, non tutti erano invitati, quindi…”

“Turni e presenze alla festa sono stati decisi da Xyr e dal primo ufficiale
dell’Armand sulla base dei suggerimenti che abbiamo dato loro per far si
che i sospetti principali fossero presenti”.

Le dita di Tucci scorsero rapide sulla consolle aggiungendo informazioni ad
informazioni, le parole di Basta assorbite come se fossero state
semplicemente frutto dei suoi ragionamenti. Se i principali sospetti erano
stati alla festa e se c’era un altro mutaforma, allora chi era? Il tarlo
scavava nella sua mente seguendo il vortice che si arrotolava su se stesso.
No, in realtà non gli piaceva l’idea di Basta del vortice, aggiungeva solo
confusione. Perché il complice non era stato smascherato alla festa? Non
poteva essere un problema del sistema di rilevazione che lui e la
dottoressa Graham avevano ideato, lo escludeva nella maniera più
categorica, quindi erano sbagliati i sospetti o… si fermò e nello stesso
istante incrociò lo sguardo di Basta.

“Ah, è ancora qui, bene, bene, mi serve la dottoressa e anche il signor
Doohan, dobbiamo lavorare un po’”.

Senza dire nulla Basta interruppe il lavoro che stava facendo e chiamò i
diretti interessati.

*U.S.S. Armand – Celle di Detenzione - 03 febbraio 2395 – Ore 15:00*

Il mutaforma attendeva pazientemente, sapeva benissimo cosa significava
aspettare: l’aveva fatto sul pianeta, lo faceva ora. Attendere però lo
portava a pensare e questo non andava bene perché gli dava idee e lo faceva
dubitare e questo andava ancora peggio.

Si era sdraiato sulla brandina con la schiena verso il campo di forza, un
braccio piegato sotto la testa, il respiro controllato. Non c’era stato
tanto movimento dopo la visita dell’infermiera, nessuno era venuto ancora
ad interrogarlo e nessuno l’aveva degnato di attenzione, ma sarebbero
arrivati, ne era certo, e doveva essere pronto per loro. Lo sarebbe stato.

Una strana sensazione alle spalle lo indulse a voltarsi, davanti al campo
di forza c’era una magnifica femmina, dai capelli ramati e gli occhi
luminosi. Un tempo, quando era ancora libero, avrebbe fatto follie per una
donna del genere, ora invece i suoi occhi si socchiusero pieni di sospetto
e si tirò su a sedere lentamente, diffidente.

“Buon pomeriggio”, lo salutò cortese l’ufficiale. Era giovane, molto più
degli standard della flotta stellare, e sembrava gentile, ma quello, lo
sapeva, era solo un bluff. Doveva appartenere all’equipaggio della Hope,
altrimenti una così non gli sarebbe mai sfuggita. “Sono il consigliere Caytlin
della U.S.S. Hope, ho pensato che le avrebbe fatto piacere parlare con me,
invece che con il signor Qass”.

Uno sbuffo seccato sfuggì al mutaforma, aveva avuto modo di conoscere fin
troppo approfonditamente il boliano nel periodo in cui era stato a bordo
della Armand e più volte aveva pensato al suicidio come alternativa
all’eterno scorrere delle sue chiacchiere. La femmina incrociò le braccia
sul petto ed il suo sguardo inevitabilmente ne seguì il movimento, il
consigliere se ne accorse ed il sorriso le aumentò di qualche grado, al ché
il mutaforma digrignò i denti in un ghigno. Gli avevano detto di non
parlare, non di non guardare.

“Non sarebbe più comodo nella sua forma naturale invece che in quella
dell’ambasciatore?” Suggerì il consigliere senza perdere la compostezza,
“sono certa che i panni di un vecchio imbolsito non la entusiasmano poi
tanto”, subito dopo si mordicchiò il labbro inferiore e scosse la testa
contrita, “mi scusi, non volevo offenderla, pensavo che non si vergognasse
del suo vero aspetto”.

Al mutaforma sfuggì una risata divertita, se pensavano che una infante come
quella, per quanto bella, potesse convincerlo a dire anche solo una parola
avevano di gran lunga sottovalutato la sua razza, o forse era lui ad aver
sopravvalutato loro. Credevano che non conoscesse trucchi del genere? Che
fosse così ingenuo?

La femmina sorrise un po’ smarrita alla sua risata. “Ho detto qualcosa di
sbagliato forse?” Poi sgranò gli occhi sorpresa, “vuol dire che non ha una
forma originaria? Nemmeno un po’ liquida? O aerea?”

All’ultima parola il mutaforma si limitò ad imitare la posa del
consigliere, a braccia conserte e per un istante qualcosa nel suo volto
cambiò, un’ombra di sospetto si formò nel suo sguardo per svanire però
rapidamente mascherata da uno sbadiglio. Questa volta la femmina non disse
nulla fissando il suo volto con quegli occhi bellissimi e allo stesso tempo
inquietanti, il sorriso era scomparso dal suo viso e l’espressione non
sembrava più così ingenua come all’inizio.

“La ringrazio del suo aiuto,” disse dopo qualche istante, “avviserò il
capitano che è stato davvero molto collaborativo”. Girò sui tacchi e si
allontanò mentre il mutaforma scattava in piedi con la bocca spalancata ed
un grido inarticolato sorpreso.



*U.S.S. Armand – Ufficio del Capo della Sicurezza - 03 febbraio 2395 –
Contemporaneamente*

“Funzionerà, deve funzionare”. Ferris Bueller camminava avanti ed indietro
alle spalle di Rest che fissava il monitor con calma glaciale.

“Si calmi, capitano”, commentò in tono paziente il tattico della Hope e
Bueller si fermò di scatto per chinarsi sulle sue spalle.

“Come va?”

“Esattamente come pochi minuti fa, signore”, rispose senza scomporsi il
vulcaniano, “il consigliere non entrerà di certo nella cella, capitano, è
illogico preoccuparsi”.

Bueller si raddrizzò con espressione offesa, “non sono preoccupato, sono
solo un po’ nervoso”.

Astenendosi dal commentare sul quantitativo di nervosismo di Bueller Rest
si girò a fissarlo, “è stata sua l’idea di far parlare il mutaforma con
persone con le quali non avesse dimestichezza”, commentò mentre Bueller
annuiva ripetutamente.

“Lo so, lo so”.

“E’ sempre sua l’idea di usare il consigliere Caytlin perché il
consigliere…”.

“…E’ molto meno ingenua di quello che sembra, lo so”. Bueller aveva ripreso
a camminare avanti ed indietro massaggiandosi la testa.

“Non vedo pertanto perché dovrebbe essere agitato, sono certo che il
consigliere ha la situazione perfettamente sotto controllo”. Detto questo
tornò a fissare il monitor per poi aggiungere con calma serafica, “questo è
insolito”.

Bueller gli fu subito addosso, gli occhi spalancati a seguire la figura di
Caytlin che si allontanava. “Cosa? Cosa?”

Rest si raddrizzò costringendo Bueller ad allontanarsi di qualche
centimetro, “la reazione del mutaforma alle parole del consigliere”.

“Quali par…”, ma Bueller fu interrotto dall’ingresso del tenente comandante
Temlin e di Caytlin.

Il capo della sicurezza della Armand si fermò di scatto fissando Bueller
sorpreso: “mi dica capitano, come fa il signor Basta a sopportare tutta la
sua agitazione? Lei sta battendo persino il capitano Royce!”.

A quelle parole Bueller rispose con una smorfia seccata per poi incalzare
Caytlin, “allora?”

La risiana gli rispose accigliata: “E’ stato molto interessante”.

“Davvero?”

“Assolutamente”, intervenne Temlin andando verso la sua scrivania dopo aver
guardato leggermente accigliato Rest che si alzava dalla sua poltrona,
“consigliere le devo fare i miei complimenti per come ha condotto il
colloquio, quell’ultima frase è stata geniale”.

Caytlin arrossì compiaciuta e mentalmente Bueller si annotò la cosa per
future indagini, “la ringrazio signore, ad una prima analisi direi che il
prigioniero è molto preoccupato dal fatto che qualcuno pensi che lui possa
esserci stato utile in qualche modo”.

“Terrorizzato più che preoccupato”, confermò Temlin.

“Ne deduciamo quindi che chiunque sia è più potente del mutaforma”,
commentò Rest facendo spazio al capo della sicurezza, e quindi più
pericoloso”.

A quel punto Bueller si massaggiò la testa con un sospiro, “ma come lo
individuiamo?”

=^= Basta a Bueller=^=. La voce del betazoide ruppe il silenzio in cui
tutti erano caduti.

“Qui Bueller, mi dica Basta”.

=^= Farebbe meglio a venire sulla Hope, signore, subito.=^=





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Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano
occupati. Bertolt Brecht
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