[Stml17] R: [7.06 - Graahn – Ciao, sono io]
Vane
hazyel91 a gmail.com
Dom 28 Maggio 2017 14:42:21 CEST
Visto che il prossimo se ce la faccio sarò io, mandami una mail privata Maddy che mi illumini d’immenso.. Così che io possa decidere se ballare questo tango XD
Ah il brano è ottimo Doc!
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Guardiamarina Caytlin
Consigliere
USS Hope NCC-25122
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Da: Maddalena
Inviato: mercoledì 24 maggio 2017 11:33
A: USS Hope
Oggetto: [Stml17] [7.06 - Graahn – Ciao, sono io]
Eccomi! Non sono andata troppo avanti. Ho un'idea di base ma non volevo influenzare troppo il prossimo. Spero comunque si capisca e vi piaccia.
Maddy
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USS Hope - Infermeria – 3 marzo 2314 – ore 22.46
Ferris osservò con sguardo corrucciato la porta dell’ufficio assegnato al CMO, poi quella che dall’infermeria portava al corridoio esterno e valutò rapidamente le sue possibilità di fuga.
Infine sospirò con espressione depressa e tornò ad appoggiarsi al cuscino del bioletto. Non dubitava di riuscire a stendere la dottoressa, cosa che, fra l’altro, in altre circostanze non gli sarebbe affatto dispiaciuto, ma quanta strada avrebbe potuto fare dopo?
Anche senza arrivare a chiamare Basta, o peggio, Xyr, c’era sempre quel grosso infermiere da affrontare, quello con il fisico da giocatore di rugby, quello la cui uniforme sembrava sempre sul punto di esplodere a causa della pressione dei muscoli sottostanti. Quello su cui anche Luna, lo sapeva, avrebbe fatto un pensierino se il suo interesse non fosse andato alla metà opposta del cielo.
No, non sarebbe mai riuscito a fuggire. Ma davvero, davvero non ne poteva più di rimanere rinchiuso lì ad aspettare con Strauss come unica compagnia.
La sua parte razionale, naturalmente, sapeva di dover sopportare stoicamente la situazione, ma il resto di lui si sentiva benone, odiava le attese e aveva bisogno di sapere qual’era la situazione da più di un semplice rapporto del suo primo ufficiale.
Xyr, tra l’altro, era stata dimessa un’ora prima e se ne era andata con l’assicurazione di tenerlo informato – “ma non troppo, finchè non avrò un quadro più chiaro della situazione, il mio paziente deve riposare” aveva ribattuto la Graahn, quanta perfidia dietro a quel bel visino – e con un’espressione che, se non l’avesse conosciuta fin troppo bene, gli sarebbe parsa decisamente soddisfatta.
In quanto a Rodriguez, sua unica consolazione in quel frangente, era sparito da qualche parte in una sala esami un’ora prima lasciandolo solo con Strauss. Se non era questo un motivo per darsi alla fuga, Ferris non sapeva cos’altro avrebbe potuto esserlo. Ma sarebbe stato irresponsabile da parte sua. E comunque non ce l’avrebbe fatta.
“Devo ammettere,” la voce di Strauss, inspiegabilmente di buon umore come sempre, si intromise nel corso alquanto tetro dei suoi pensieri, “che non ero mai finito in una bolla temporale, prima d’ora. E’ stato interessante, non trovi?”
In realtà, Ferris non ricordava molto di quell’esperienza. Un attimo prima era in plancia, poi era stato colpito da una sorta di lama di luce, non c’era altro modo per descrivere il fenomeno, e si era sentito come strattonare da un arpione invisibile. Il resto era stato una caleidoscopio indistinto di colori e sensazioni, finchè non erano riapparsi. Interessante quanto una sbronza finita male, avrebbe detto lui. Ma si limitò a fare spallucce e contemporaneamente ad annuire.
“Quello che personalmente trovo interessante sarebbe scoprire perché diavolo è successa questa cosa,” disse invece. “La Esperanza non si è attenuta al piano. Perché?”
Strauss rotolò sul fianco e poggiò la testa al palmo della mano, puntellandosi col gomito. “Domanda ancora più interessante dell’esperienza in sé. Sembravano così desiderosi di tornarsene a casa. Fin troppo, considerando che non rivedranno mai più le famiglie né, con tutta probabilità, chiunque abbiano mai conosciuto.”
“L’hanno accettato in fretta, vero?” domandò Ferris, aggrottando le sopracciglia.
“Veloce quanto Evelyn che lascia il suo ufficio quando sa che ci sono i vostri rapporti in arrivo.”
“Veloce come il capitano che lascia l’infermeria appena possibile?” si inserì la voce di Melanne, in arrivo dal suo di ufficio con un paio di padd in mano.
“Vuol dire che posso andarmene?”
“Beh…”
Qualunque fosse la sua risposta, fu interrotta dal trillo del comunicatore di Ferris.
=^= Xyr a Bueller. =^=
“Dica, Xyr.”
=^= Se la Dottoressa Graahn non ha nulla da obbiettare, credo proprio che dovrebbe venire in plancia. C’è una comunicazione in ingresso e chiedono del capitano. =^=
Strauss, Bueller e la Graahn si scambiarono un’occhiata, poi lei fece segno ad entrambi di andarsene.
USS Hope - Plancia – Contemporaneamente
La situazione era tornata tranquilla, per quanto potesse esserlo considerando i danni che avevano subito, le consolle esplose, i feriti, le bolle temporali e il piccolo seppur fondamentale dettaglio di trovarsi in territorio klingon ottant’anni nel passato.
Ma almeno non erano precipitati né si erano spaccati a metà uscendo dal dodecaedro. Per l’indole pragmatica di Xyr non si trattava di una vittoria ma quanto meno era una base su cui poter lavorare.
I feriti erano stati trasportati in infermeria e in parte già rattoppati e dimessi, le squadra di Doohan stavano eseguendo le riparazioni, Doohan stesso era tornato operativo e si aggirava per la sala macchine attorniato da un nugolo di giovani ingegneri di sesso femminile preoccupate per la sua salute ed adoranti, spettacolo che l’andoriana aveva trovato un po’ strano al punto di renderla confusa circa la realtà delle cose. La bolla temporale aveva risputato fuori di sua volontà Bueller, Rodriguez, Strauss e gli altri e il segnale del trasponder era stato modificato per dare loro un minimo di camuffamento mentre Tucci si adoperava per trovare una stella adatta al loro piccolo viaggio nel tempo.
Un altro equipaggio che fosse incappato in quella situazione alla prima missione forse si sarebbe trovato annientato dalla ferocia dell’universo. Ma quella era la Hope e se le coronarie della Lennox potevano reggere i rapporti che sarebbero seguiti, loro potevano tranquillamente fare una gita nel 2314 e tornare in tempo per stendere una minuziosa requisitoria in cui Xyr dichiarava come la maggior parte del regolamento fosse stata rispettata e addossava la colpa del resto a Bueller.
Tutto nella norma, insomma.
Almeno finchè qualcosa non trillò sulla consolle di Rest.
Xyr si voltò nella sua direzione.
“Rilevo una nave in avvicinamento.”
“Che tipo di nave?”
“Uno sparviero klingon, ma le letture non sono chiare. Non riconosco la classe. Non sembra presente in database. Intercettazione in sette minuti.”
Xyr aggrottò le sopracciglia. “Ci avranno rilevato, ormai.”
“Confermato. Anche se dubito che ci abbiano identificati.”
“Sarebbe il caso di levare le tende,” si inserì Luna dal timone.
“Comunicazione in entrata,” li avvertì il guardiamarina alle comunicazioni. “Solo audio.”
Ormai erano stati rilevati, sembrava inutile nascondersi. E poi dove sarebbero potuti andare?
Si raddrizzò sulla poltroncina anche se il suo interlocutore non poteva vederla. “Apra il canale.”
Una voce bassa e profonda invase la plancia, senza lasciare a Xyr né il tempo di presentarsi né quello di inventare una fandonia credibile.
“Voglio parlare con il capitano,” disse la voce sconosciuta in tono secco.
“Il capitano…” iniziò Xyr.
“Voglio parlare con il capitano,” ripetè chiunque fosse dall’altra parte come non l’avesse nemmeno sentita.
Per quanto seccata Xyr non potè fare altro che segnalare al guardiamarina di interrompere la comunicazione e chiamare Bueller.
Ci vollero meno di cinque minuti perché arrivasse in plancia.
Ferris assunse la sua aria baldanzosa da comunicazione inter nave e fece segno di riaprire il canale.
“Sono il capitano,” disse in tono deciso, per quanto propenso a restare sul vago.
La voce rispose lentamente, quasi con esitazione, scendendo gradualmente fino a diventare un basso brontolio attraverso gli altoparlanti della plancia.
“Capitano. Sono io,” disse in un tono che suggeriva come la risposta facesse luce su svariate questioni, dalla presenza del vascello klingon in quel luogo al senso stesso dell’universo.
Per un attimo calò il silenzio. Poi Luna ruotò sulla poltroncina e mimò con le labbra la domanda cui tutti stavano pensando.
Io, chi?
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