[Stml17] [12.06 – Graahn – A destinazione]
Maddalena
bryn.lwellelyn a gmail.com
Sab 5 Gen 2019 15:43:06 CET
Eccomi.
Premetto che ho fatto una fatica pazzesca a scrivere questo pezzo.
Nonostante il bellissimo brano di Silvia. che ha creato anche una certa
aspettativa, credo, non avevo uno straccio di idea su come andare
avanti. Non mi pareeva ci fosse molto altro da dire. In più, visto il
livello della Hope, quando devo scrivere per voi e non ho idee mi viene
sempre l'ansia.
L'ho cancellato e riscritto due volte e comunque non è uscito come volevo.
Sorry.
In ogni caso ci ho fatto arrivare.
P.S. Dato che non ho utilizzato in maniera estesissima gli altri
personaggi e il brano non è molto lungo, non mi sembrava il caso di far
visionare in anteprima i pezzi agli interessati. In caso ci fosse
qualcosa, ditemelo.
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*USS Hope – Bar di prora -25/04/2397, ore 23:26*
“Che cosa hai fatto alla faccia?” domandò Bueller, posando il bicchiere,
in precedenza già a metà strada verso le labbra, mentre Luna si metteva
a sedere.
“La domanda giusta è che cosa hai fatto alla faccia di Basta,” commentò
Paulo, prendendo un sorso dal suo.
“L’hai visto?” Luna si sedette, poi prese un sorso dal bicchiere di Bueller.
“No, ma il fatto che possa essere visto in giro è un fatto positivo,
immagino.”
Ferris alzò gli occhi al cielo e si appoggiò allo schienale della
poltroncina. “Va bene, hai avuto la tua vendetta. Abbiamo finito ora con
questa storia?”
Luna sorrise soddisfatta. “Direi di sì.”
“Era messo male?”
“Naaa, non troppo. Il giusto. L’ho spedito in infermeria, ma ci è
arrivato con le sue gambe.”
Bueller fece cenno ad un cameriere di portare un altro drink, visto che
il suo era stato requisito da Luna. “Almeno quello. Capisco che avessi
la necessità di sbatterlo come un tappeto, ma mi serve, possibilmente
ancora in grado di svolgere il suo lavoro. Forse lui e la Graahn hanno
trovato un modo per rilevare la presenza dell’alieno.”
“A che serve rilevarla? Sappiamo già che ce l’abbiamo.”
“Ogni informazioni in più può essere utile.”
“Meglio ancora,” si inserì Rodriguez, “se c’è qualcosa che ho imparato
durante i miei… studi…”
“Si chiamano così, adesso?”
“… è che la conoscenza è potere… “
“Non parli davvero dei tuoi studi, vero?”
“… e che maggiore è il numero di informazioni che hai, maggiore è il tuo
vantaggio. E che questo alieno sia davvero altruisticamente
disinteressato, del che io dubito…
“Quanto sei malfidato.”
“… o no, che ci abbiano mentito o no, abbiamo bisogno di tutto il
vantaggio che possiamo mettere assieme.”
Ferris tirò un leggero sospiro. “Su questo non c’è dubbio.”
*USS Hope - Ufficio dell'Ufficiale Medico Capo - 25/04/2397, ore 23:32*
Lon fissava la porta chiusa dell’ufficio di Melanne con l’aria un po’
stupita di chi ha appena ricevuto un colpo inatteso e ancora non ha
capito cosa è successo.
Non era esagerato dire che lei lo aveva fisicamente sbattuto fuori dalla
porta.
Ora, Basta era uomo di un certo spessore, abituato allo scontro,
addestrato, difficile da sorprendere. Eppure non riusciva a capire la
sequenza temporale degli eventi.
Un attimo prima le sue labbra erano premute contro quelle di lei (e non
gli sembrava affatto che Melanne ne fosse dispiaciuta, né emotivamente
né fisicamente) e un attimo dopo (in realtà, un bel po’ dopo, o così gli
era sembrato) fissava la porta chiusa del suo ufficio.
Labbra.
Porta.
Labbra.
Porta.
Labbra.
Porta.
Non era sicuro di cosa fosse successo, ma ora si trovava in corridoio e
stare lì impalato non sembrava una buona idea. Tanto più che la gente in
infermeria cominciava a guardarlo.
Nessuno sembrava particolarmente sorpreso.
Si chiese brevemente se la gente fosse abituata ultimamentea farsi
sbattere fuori dall’ufficio di Melanne.
Sempre un po’ confuso sulla realtà delle cose, si voltò per andarsene.
“Lon?”
Lui si voltò. Melanne aveva messo fuori la testa dalla porta del suo
ufficio. La tempesta si stava schiarendo.
Basta si limitò ad inarcare le sopracciglia, in attesa.
“Che non ti venga in mente che la cosa sia finita qui.”
La gente in infermeria si fece improvvisamente molto impegnata. Una
guardiamarina in fondo alla sala fissava con grande attenzione il padd
che aveva in mano. Al contrario. Lon irrigidì la mascella, ma non disse
nulla.
“Però, ti aspetto domani per colazione,” disse lei, l’espressione che si
apriva in un sorriso, il mare che si calmava.
L’infermeria stessa si lasciò andare a quello che, assai stranamente,
sembrava un sospiro di sollievo collettivo.
Lon annuì una volta ed uscì.
Dieci minuti netti e lo avrebbe saputo tutta la nave. Ma in quel momento
non gli importava.
*USS Hope – Infermeria - 26/04/2397, ore 7:43*
L’infermiera Nudges accettò un cioccolatino dalla Graahn con l’aria un
po’ guardinga di un coniglio che accetta una carota da un ippopotamo.
Era straordinario come la dottoressa avesse acquisito la tendenza ad
esplodere a sorpresa e con una certa violenza negli ultimi tempi. E
pensare che prima era una persona così tranquilla, così a modo, così
disponibile, tanto che in alcune occasioni, si vergognava ad ammetterlo,
se ne era anche un po’ approfittata per avere un cambio turno extra o
una serata libera in più.
A partire dalla Grande Rivelazione, però, era diventata tutto d’un
tratto Miss Camice d’Acciaio, come l’aveva soprannominata di nascosto
Raines, del turno beta. Due giorni prima aveva ordinato allo staff di
ribaltare, letteralmente parlando, l’infermeria alla ricerca di un
tricorder perduto che poi era stato ritrovato dentro un armadietto la
mattina dopo. Aveva persino fatto piangere l’infermiera Dreell, anche se
poi era parsa sentirsi un po’ in colpa per averlo fatto.
Quella mattina, improvvisamente, sembrava di ottimo umore. Si era messa
a distribuire in giro cioccolatini e. nonostante Raines avesse fatto un
battuta sul fatto che, in realtà, distribuendo dolci intendesse
sterminarli tutti, pareva quasi quella di prima.
Quasi.
Nudges non si spiegava perché. Aveva sentito delle voci su una lite
avvenuta la sera prima tra lei e quel povero disgraziato di Basta,
notoriamente oggetto del suo livore, ma per quanto lei adorasse i
pettegolezzi non sapeva nulla di preciso.
La Nudges accettò cautamente il cioccolatino e se lo mise in bocca.
Per fortuna sopravvisse e la necessità di dire qualcosa le fu
risparmiata dall’ingresso imprvovviso di Luna.
La Graahn intascò i cioccolatini rimasti e si voltò per accoglierla.
Aggrottò le sopracciglia osservandola avvicinarsi. “Che ti è successo?”
Il timoniere della Hope aveva tutta l’aria di una a cui è caduto addosso
un carico di mattoni. Aveva persino un occhio nero, roba che Melanne non
vedeva dai primi tempi della scuola di medicina.
Fece automaticamente cenno verso un lettino e infilò una mano nell’altra
tasca per prendere il tricorder medico.
Luna si issò a sedere, fece spallucce e sorrise. “Sai com’è quando ci si
allena…”
“Veramente no,” rispose l’altra ondeggiandole il sensore del tricorder
davanti al viso. “In questo tuo allenamento c’era anche Lon, immagino.
Aveva un’aria decisamente malconcia.”
“Davvero?” la mezza klingon parve deliziata alla notizia.
La Dottoressa le gettò un’occhiata a metà tra il rimprovero e il
perplesso e Luna assunse un’espressione angelica, pochissimo adatta al
suo bel viso. Su di lei qualunque espressione innocua sembrava perdere
molto del suo mordente.
“Oh, dai, sono cose che capitano. E poi credo che avesse bisogno di una,
come dire, spintarella nella giusta direzione.”
“Ma se non vedevi l’ora di dargli una lezione.”
“Diciamo che la spintarella è stata un interessante effetto secondario,”
le disse, mentre la dottoressa le passava il dermorigeneratore sullo
zigomo, con un mezzo sorriso sulle labbra.
Quando ebbe finito, Luna scese dal lettino. “Comunque, nel caso ti
stancassi di lui, sai dove trovarmi.”
Le strizzò l’occhio e si avviò alla porta, lasciandosi dietro una
Melanne leggermente rossa in viso, ma non del tutto contrariata.
*USS Hope – Plancia - 26/04/2397, ore 8:07*
La USS Hope si trovava in orbita geostazionaria su San Francicso già da
una decina di minuti.
“Comunicazione in entrata dal Quartier Generale,” annunciò l’addetto
alle comunicazioni.
“Sullo schermo.”
Ferris si alzò, raddrizzandosi appena. Sapeva già chi stava chiamando e,
onestamente non vedeva l’ora di parlarci.
Sullo schermo principale la vista del pianeta, sempre uno spettacolo
gradito, venne rimpiazzata dal volto dell’Ammiraglio Lennox. Non
sorrideva, ma non sembrava neppure contrariata. Più contrariata del
solito, quantomeno.
“Tenente Bueller, ben tornati sulla Terra.”
“Buongiorno ammiraglio.”
“Immagino che abbiate diverse domande.”
“In effetti, sì.”
La Lennox annuì un paio di volte. “Lo immaginavo. Raduni il suo staff di
comando. Vi aspetto nel mio ufficio tra 15 minuti. Abbiamo alcune cose
di cui discutere.”
-------------- parte successiva --------------
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