[Stml20] Chuck 13.01 - Il coraggio dei senza volto

federico pirazzoli cmdrtkar a gmail.com
Dom 6 Set 2015 22:54:34 CEST


A dir poco...un pezzo bellissimo che ci permette di approfondire un pochino almeno tre senza volto...
Due poi sono miei...dovrò ricordarmene....forse regalerò un gomitolo di lana al micio...
Scherzi a parte...chapeau!
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Inviato da myMail per Android domenica, 06 settembre 2015, 09:42PM +02:00 da "Reis Squiretaker" < vanessa_reis_squirtaker a outlook.it> :

>Eccezionale direi
> 
>========================
>Tenente 
Durani della Casata di Kanjis
>Ufficiale Tattico Capo
>USS Marconi 
NCC-29303
>[CV]:  http://www.starfleetitaly.it/starfleetitaly/academy/ruolino.php?id=205
>========================
> 
>From: Franco Carretti
>Sent: Sunday, September 06, 2015 9:29 PM
>To: USS 
Marconi
>Subject: [Stml20] Chuck 13.01 - Il coraggio dei senza 
volto
> 
>Sala macchine - USS Marconi - 24/07/2395 Ore 11:21
>Il guardiamarina Jekal serrò i denti in un ringhio dovuto allo sforzo, 
sentì la schiena che scricchiolava pericolosamente e per un attimo temette di 
crollare, lasciando che il grosso macchinario cadesse schiacciando il Capo 
Ingegnere della Marconi. Lui non aveva conosciuto direttamente gli Allesto, ma 
si era unito al grido d'angoscia, di tutti i membri dell'equipaggio, quando 
l'Arca era esplosa. Gli sembrava ancora di sentire fra le sue braccia il Tenente 
Seville, mentre la teneva ferma dopo lo scoppio di rabbia del vice capo. L'aveva 
tenuta stretta a se, non solo per lei, ma anche per se stesso, per non pensare 
alla morte di tutti quegli esseri. Per alcuni secondi lei si era abbandonata a 
lui sull'orlo delle lacrime, poi si era ripresa ridandosi un contegno e 
riprendendo immediatamente a lavorare.
>Lui non c'era riuscito, aveva sentito quella rabbia per tutti i mesi 
successivi e l'aveva tenuta a stento sotto controllo non riuscendo a sfogarla... 
o a piangere.
>Era stato anche dal consigliere, come tutti del resto. Ma la rabbia 
rimaneva.
>Ora quella rabbia gli era servita. Il Capo 
Rekon aveva ordinato a tutti di uscire dalla sala macchine per paura di 
esplosioni, mentre si distendeva sotto i motori per l'ennesimo miracolo che, 
forse, li avrebbe salvati. Ma Jekal aveva visto l'argano di manutenzione che si 
staccava dal suo sostegno a causa delle violente vibrazioni e rischiava di 
schiacciarlo. Senza pensarci l'aveva afferrato e, ruggendo come un leone 
inferocito, aveva arrestato la sua caduta. Fra trecento chili di metallo e il 
testardo tellarite c'erano solo lui e la sua rabbia.
> 
>Il Marinaio di seconda classe Mariucci era terrorizzato. Provava quel 
terrore da quando l'Arca era esplosa e si era reso conto che fra lui e la morte 
c'erano solo pochi centimetri di duranio. In quei sei mesi di riparazioni alla 
base stellare, il terrore non si era affievolito, ma era solo aumentato. Non 
riusciva nemmeno più a guardare fuori dai finestroni della stazione e non era 
più andato al bar di prora per non trovarsi davanti quelle finestre panoramiche. 
Il suo terrore era filtrato in tutti gli aspetti della sua vita, tanto che alla 
fine si era deciso a preparare una lettera di richiesta di congedo per tornare 
sulla terra. Non aveva però ancora avuto tempo di inviarla e si era visto 
costretto a imbarcarsi di nuovo sulla Marconi quando questa aveva lasciato il 
bacino di manutenzione. E il suo terrore era tornato ad aumentare sempre di più, 
fino al momento attuale, quando la nave in avaria aveva abbandonato l'orbita del 
pianeta e si apprestava a schiantarsi al suolo. Sarebbero morti e tutto sarebbe 
finito.
>Poi Resed l'aveva spinto di lato e si era gettato in scivolata sotto i 
motori insieme al capo ingegnere. Non faceva nient'altro che passare gli 
attrezzi giusti al momento giusto. Si bruciava con le scintille emesse dal 
saldatore e subiva gli insulti del suo mentore che gli urlava di andarsene senza 
però fare una piega, ma facendo guadagnare a Rekon quell'attimo in più che 
poteva servirgli per compiere il miracolo. Sopra di loro, il caitiano dalla 
pelliccia nera di nome Jekal, stava sorreggendo il macchinario che rischiava di 
ucciderli soffiando come un gatto inferocito. Quando capì che fra lui e la morte 
c'era ben più di pochi centimetri di duranio, era ormai a fianco del 
guardiamarina ringhiando per lo sforzo. Fra Mariucci e la morte certa c'era, e 
ci sarebbe sempre stato, l'intero equipaggio della Marconi.
> 
> 
>Plancia - USS 
Marconi - 24/07/2395 Ore 11:26
>Il tenente Xo guardava atterrita lo schermo principale. Dalla sua 
posizione, così vicina allo schermo, le sembrava di essere lei a cadere nel 
vuoto verso morte certa. Si trovava in plancia per puro caso, la sua provvisoria 
assegnazione agli approvvigionamenti della nave, l'aveva sempre tenuta lontana 
dall'azione e dopo aver assistito alla distruzione dell'Arca, pensava di far 
domanda per quella assegnazione in via definitiva, anche se questo voleva dire 
gettare un'ombra di disonore sulla sua famiglia su Andoria. Una figlia addetta 
al magazzino della nave? Suo padre, soldato figlio di soldati, l'avrebbe 
disconosciuta per la sua codardia. Ma la sua non era paura di morire.
>Aveva visto l'impotenza di tutti mentre la corrazzata Adesto aveva 
speronato l'Arca uccidendo tutti gli Allesto e vedendo quella scena aveva 
compreso la futilità dell'esistenza.
>Nei mesi successivi aveva incrociato spesso il comandante Keane. Il Capo 
Operazioni non controllava quasi mai il reparto addetto agli approvvigionamenti, 
un po' perchè si fidava del resposabile, un po' perchè era un lavoro talmente 
banale che non era necessaria nessuna qualifica per farlo funzionare. Ma dopo 
quel terribile giorno Tara si era mossa in ogni angolo e anfratto del suo campo 
di competenza e Xo sapeva perchè. Si era sentita impotente come lei e come tutti 
quelli della Marconi, perchè nessuno aveva potuto fare niente. Come 
adesso.
>Era a pochi passi dalla console del timone quando aveva sentito la 
comunicazione dalla sala macchine e la successiva risposta spaventata del 
giovane timoniere. Molti fra i più giovani ritenevano il giovane Wyandot un 
raccomandato. Un giorno era all'accademia e il giorno dopo era su una delle 
ammiraglie della flotta stellare. Il suo curriculum pieno di lacune e il 
conteggio minimo delle ore di volo nei simulatori, non facevano altro renderlo 
ancora più sospetto agli occhi dell'equipaggio. Certo si era dato da fare da 
quando era a bordo e, nonostante gli ufficiali di plancia mostrassero molto 
rispetto per le sue fantomatiche capacità, il giovane non si era mai vantato o 
mostrato segni di superiorità verso i colleghi. Strano per un 
raccomandato.
>Adesso Xo attendeva il suolo e la successiva esplosione della nave in 
maniera rassegnata. Sapeva che nessuno poteva farci niente, tutti erano 
impotenti.
>Poi una scintilla di luce illuminò quel buio di depressione in cui era 
caduta.
> 
>Il Capitano Shran era scattato in piedi urlando ordini e tutti sembravano 
danzare attorno a lui. Riusciva a sentire quello che diceva ma non capiva. Era 
come se la depressione l'avesse resa sorda a tutto. Quando i primi scossoni 
sconquassarono la nave vide qualcosa che non si aspettava. Gli occhi di Shran 
erano due schegge di risolutezza. Se la forza di volontà avesse potuto 
sconfiggere le leggi della fisica e tenere in orbita la nave, di certo 
quell'uomo ci sarebbe riuscito.
>Si sentì trascinare dalla determinazione del suo capitano e tutto 
riscquistò chiarezza. Keane, sfruttava le sue conoscenze della nave per 
proteggere ogni membro dell'equipaggio tramite campi di contenimento e nel 
contempo apriva i portelli degli hangar per permettere alla nave di rallentare 
la sua caduta, grazie alla fuoriscita esplosiva dell'aria e al maggior attrito. 
>Dal, il capo della sicurezza, sembrava ignorare completamente quella palla 
incandescente in cui si era trasformata la sua nave a causa dell'attrito con 
l'atmosfera. Non era di sua competenza salvare la nave, si fidava ciecamente 
degli altri e avrebbero pensato loro a fare tutto il necessario, lui sembrava 
più un predatore in caccia. Stava cercando qualcosa o qualcuno, ma Xo non 
avrebbe saputo dire chi o che cosa. Aveva solo la sensazione che qualsiasi cosa 
cercasse l'avrebbe trovata e poi la Marconi sarebbe stata al sicuro.
>Durani, la nuova arrivata, mormorava una canzone funebre klingon, ma 
nonostante questo si stagliava ancora più fiera e risoluta alla sua postazione. 
Stava sparando siluri disperdendoli nell'atmosfera come se tentasse di 
distruggere il pianeta prima di fare una fine ingloriosa. Xo non capiva perchè 
lo stesse facendo, ma nessuno sembrava dirle di smettere. I suoi occhi ardevano 
di furia guerriera, velati da qualcosa che poteva solo essere concentrazione 
assoluta. Non erano colpi a caso, la giovane andoriana ne era certa.
>Un nuovo scossone e Xo perse l'equilibro. Il timoniere l'afferrò al volo 
senza smettere di guardare la console di navigazione, si limitò a tenerla finchè 
la giovane istintivamente non afferrò la poltrona su cui era seduto. La 
navigazione non era la sua materia, conosceva solo le basi come tutti, e quello 
che il giovane tenente stava facendo era impossibile. Quel balbettante 
raccomandato stava sfruttando tutto quello che gli altri gli stavano fornendo 
per rallentare la nave. Decompressioni, forza cinetica delle esplosioni, l'aria 
stessa del pianeta che stava cavalcando come se fosse su una tavola da surf. La 
Marconi si rifiutava di arrendersi, il Capitano e tutti gli ufficiali superiori 
si rifiutavano di arrendersi, la stessa Xo serrò le mani sulla poltrona e si 
rifiutò di arrendersi.
> 
> 
>Sala 
macchine - USS Marconi - 24/07/2395 Ore 12:45
>Jekal si 
sentiva morire. Aveva dolori in parti del corpo che non credeva di avere... 
persino alla coda. Era riuscito a reggere tutto quel peso solo grazie a Mariucci 
che era apparso all'improvviso accanto a lui. Dopo quelle che sembravano ore, ma 
che in realtà erano solo pochi minuti, il capo ingegnere e il suo pupillo erano 
intervenuti aiutandoli a riaddirizzare l'argano mentre Rekon sbraitava al 
comunicatore che i motori erano di nuovo online.
>Appena il 
peso era sparito si era accasciato a terra senza nemmeno il fiato per parlare. 
Da quella posizione vedeva solo piedi che si muovevano ovunque ma non gli 
importava molto, la nave era salva per il momento e lui aveva finalmente sfogato 
tutta la sua rabbia. 
>Qualcosa 
si mosse nel suo campo visivo. Era un marinaio bajoriano salito in sostituzione 
da DS16. Non ricordava il nome, ma non gli piaceva il suo odore. Era accucciato 
vicino ad un condotto del plasma, una sezione che non centrava niente con il 
guasto che avevano subito. La cosa che lo insospettiva era che sembrava muoversi 
furtivo... qualcosa non andava. Cercò di chiamare qualcuno ma era sfinito. 
Riusciva a malapena a muovere un braccio, l'altro sembrava essere 
inutilizzabile. Un paio di volte arrancò per afferrare le uniche gambe che aveva 
a portata di mano, non importava di chi fossero, ma sentiva l'urgenza di dirlo a 
qualcuno. Afferrò il pantalone della divisa ma l'uomo che li indossava non 
sembrò interessarsi a lui. A mali estremi, estremi rimedi. Gli artigli di Jekal 
affondarono nel polpaccio di Mariucci che si voltò a guardarlo. Un ultimo sforzo 
e il caitiano gli indicò il sospetto.
> 
>Mariucci per la prima volta da mesi non sentiva più il terrore 
attanagliargli le viscere. Si rese conto che la vicinanza dei suoi colleghi lo 
rassicurava. Si sentiva come un lupo in mezzo al suo branco. Sentiva che era 
quello il suo posto, la morte poteva arrivare ovunque: sulla Marconi, su DS16 e 
persino sulla Terra. Doveva solo decidere di affrontarla insieme agli altri e 
lottare. La sola colpa della morte degli Allesto erano i loro nemici, non era il 
destino, solo la follia. Lui poteva solo vivere e godersi le cose belle e 
piangere le cose brutte. Avere paura si, ma non provare quel terrore assurdo che 
l'aveva attanagliato fino ad oggi.
>Il dolore alla gamba gli fece abbassare lo sguardo. Jekal gli aveva 
infilato gli artigli nel polpaccio per richiamare disperatamente la sua 
attenzione. Si domandava come quel caitiano riuscisse ancora a muoversi, il Capo 
Rekon, che gli aveva dato un'occhiata mentre gli altri chiamavano l'infermieria, 
aveva detto che doveva essersi strappato qualsiasi tendine o muscolo che avesse 
in corpo per reggere quel tremendo peso da solo. Eppure era li, quasi svenuto 
dal dolore che indicava in direzione opposta a dove era concentrata l'attenzione 
di tutti.
>Mariucci si voltò. Il nuovo marinaio, Jabin, un bajoriano silenzioso salito 
a bordo da DS16 in sostituzione di alcuni membri dell'equipaggio, stava 
armeggiando con i condotti al plasma in un'area in cui uno come lui non doveva 
entrare e soprattutto in un momento come quello in cui il guasto era 
altrove.
>L'unica cosa che fece fu gridare un 'Ehi tu!', troppo stanco per fare 
altro. Il bajoriano si voltò stringendo un cacciavite sonico e un piccolo phaser 
fuori ordinanza. L'adrenalina iniziò di nuovo a pompare nel corpo di Mariucci 
senza questa volta portarsi dietro anche il terrore. Con lucidità osservò la 
mano armata di phaser puntare contro di lui, ma poi il traditore sembrò cambiare 
idea e puntare verso la schiena del capo ingegnere. Il giovane marinaio si buttò 
nel mezzo senza pensare sapendo di non aver la forza di spostare la mole del 
grosso tellarite. Ormai è fatta si disse guardando il ghigno del 
bajoriano.
> 
>Il phaser volò via prima di sparare. Dal apparve dal nulla. rrivato 
probabilmente con un ascensore secondario fuori vista, si era gettato nel vuoto 
scavalcando la ringhiera. Atterrato come un gatto proprio davanti all'uomo 
armato, aveva piroettato su se stesso colpendo con un calcio l'arma che svanì 
fra i macchinari. Il bajoriano si gettò su di lui come una furia colpendolo a 
sorpresa con un gancio di sospensione idraulico, ma fu l'unica cosa che riuscì a 
fare prima che il capo della sicurezza lo trasformasse in gelatina con due colpi 
ben assestati.
>Mariucci sentì una mano sulla spalla e un grugnito di Rekon come 
ringraziamento, poi si accorse che la sua gamba stava sanguinando copiosamente e 
si accasciò a terra.
>"Scusa..." borbottò Jekal accanto a lui. Mariucci sorrise e fece spallucce 
"Per così poco?"
> 
> 
>Plancia - USS Marconi - 24/07/2395 Ore 
12:50
>Xo poggiò 
la mano sulla spalla del giovane timoniere. Erano tutti e due sudati come se 
avessero corso per dei chilometri. Era solo grazie alla giovane andoriana se 
Charles aveva individuato forse l'unico oceano del pianeta. Anche se lei aveva 
solo visto un riflesso del sole su quello che sembrava uno specchio d'acqua, si 
sentiva come se avesse contribuito a salvare la nave. Non si sentiva più 
impotente finalmente e l'idea di rimanere in un magazzino polveroso fu 
accantonata.
>Il giovane 
era riuscito a fare l'impensabile rallentando la nave il più possibile prima che 
dalla sala macchine comunicassero il ritorno online dei motori, ma ormai era 
troppo tardi per scampare alla gravità, seppur ridotta, del pianeta. Con 
destrezza aveva fatto quanto poteva per raggiungere l'oceano e far ammarare la 
mastodontica nave. Adesso stavano lentamente inabissandosi ma sembrava che i 
guai, anche se non finiti, fossero per il momento diminuiti.
>Il 
comandante Keane continuava imperterrita a tenere la nave al sicuro lottando con 
le unghie e con i denti. I sistemi di integrità strutturale e gli scudi furono 
potenziati al massimo. Il Capitano sembrò disinteressarsi della situazione 
passando subito ad altro, sicuro che il suo capo operazioni avrebbe fatto quello 
che era necessario. 
>Dal era 
sparito senza che Xo se ne accorgesse e Durani sembrava annoiata e in attesa di 
fare qualcosa. Charles guardava la mano che aveva sulla spalla e il viso di Xo 
come se fosse la prima volta che vedeva un'andoriana... o una donna 
qualsiasi.
>"Sei stato 
eccezionale..." si sentì dire, come se volesse scusarsi per aver pensato male di 
lui e volesse in qualche modo premiarlo per aver salvato la nave. 
> 
>Il giovane 
avvampò come un faro nella 
nebbia.
>
>
>
>====================================
>Lt.JG 
Charles "Chuck" Wyandot
>Timoniere
>USS Marconi NCC-29303
>Skype Combadge: 
Silente69
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>[CV]:  http://gioco.net/startrek/starfleetitaly/academy/ruolino.php?id=208
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>"Vivo 
la mia vita un quarto di miglio alla volta.
>Non mi importa di 
nient'altro...
>per quei dieci secondi io... sono libero" (The Fast and the 
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