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Il male e la fanciulla

Autori: Luca e Daniela
Personaggi: Noah, Max, Avery, Sam.

Noah arrivò in mensa con uno studiato ritardo, accompagnando metà della squadra di football. Lui non aveva mai avuto bisogno di espedienti del genere per farsi notare, e in realtà neanche loro, ma era tradizione che i Lupi del New Heaven trovassero ogni modo possibile per attirare l’attenzione, incluse le entrate ad effetto. Il gruppo era pieno di idioti, ma era una compagnia allegra e senza troppe paranoie, l'ideale per lui, e comunque fra loro c'erano un paio dei suoi migliori amici, ragazzi in gamba. Almeno non doveva temere che sua sorella riducesse alle lacrime qualcuno di loro con una delle sue battutine.
Eccola là la Signorina Mayfair, che con un'occhiata al vetriolo stava sgomberando un tavolo dal gruppetto delle sue terrorizzate occupanti, per far posto a lei e alle sue amiche. Noah scosse la testa, e il suo sguardo passò altrove. La piccola Harriett stava facendo amicizia con il suo amico Ozzy, e Gilbert Odd, all’altro capo della sala, stava cercando di attaccare bottone con Samantha. 
Noah non conosceva Odd molto bene, ma trovava che avesse qualcosa di preoccupante. Sprizzava viscidume da ogni poro, e anche quei suoi occhioni da cerbiatto in realtà suonavano falsi come fondi di bottiglia, eppure le poche volte che ci parlava le sue certezze sembravano tremare e capovolgersi. Era questo che lo aveva messo sul chi vive.
Ma conosceva Samantha, era una dura, la classica ragazza diamante: bella, luminosa e tagliente. Se Odd voleva guai li aveva trovati. Sorrise e incrociò lo sguardo di Sam, lanciandole un comprensivo cenno d'intesa.
La ragazza, che lo aveva notato già al suo ingresso trionfale, gli rivolse un sorriso di gratitudine e si alzò dal tavolo che occupava con Gilbert. Rivolse a quest’ultimo alcune parole, gli scoccò un bacio gentile sulla guancia, e si allontanò da lui per raggiungere Noah.

- Noah! Macciaaaaaao! – 
JJ e Cosette, le due ragazze meno fornite di neuroni di tutta la scuola, salutarono in coro il ragazzo dei loro sogni, ignorando quella tipa odiosa che veniva da Momoly Pills (o qualcosa del genere) e che si era messa in testa di attirare l’attenzione del loro uomo.
- Non daresti un contributo per rinnovare le divise delle Cheers? L’ocra ormai è assolutamente out! – squittirono, dandosi un contegno da ragazze impegnate.
Si piazzarono alla destra e alla sinistra di Noah e gli sorrisero, sbattendo i ciglioni e cercando disperatamente di attirare la sua attenzione. La cosa non sembrò funzionare troppo bene.
Perso nei suoi pensieri, Noah aveva notato a malapena le due presenze infernali comparse al suo fianco. Comunicavano tra loro in una lingua tutta loro, probabilmente deleteria per la mente umana, e sembravano seriamente intenzionate a staccargli un braccio ciascuna. Braccato dai demoni della demenza, cominciava a chiedersi se fosse il caso di dire qualcosa, ma il suo angelo venne a tirarlo fuori dai guai.
Sam degnò infatti le due cerebrolese di un'occhiata che avrebbe staccato da sola il rivestimento della palestra, e si portò via Noah con un sorrisetto soddisfatto.
- A buon rendere - ridacchiò lui, salutando con un cenno gli amici del football, prese l'amica sotto braccio e si avviarono verso l'esterno. 
- Allora? Che combinavi con Odd? Devo diventare geloso? – la prese in giro.
Sam rise, poi il suo sguardo si fece sognante.
- Eh si, tra me e Odd potrebbe nascere una vera e propria storia d'amore! - 
Ma quando notò l’espressione di Noah si affrettò a rettificare.
- Dai, ma ti pare? Piuttosto grazie di avermi distratto, a volte quando parlo con lui mi sembra di non riuscire più a pensare a nient’altro -
Noah annuì con aria grave. 
- Quel ragazzo ha qualcosa di strano - 
Fissò intensamente gli edifici della mensa, come a volerli trapassare con lo sguardo, poi si
rilassò e si voltò di nuovo verso Sam. 
- Ma non ho voglia di pensare a quel tappo già dal primo giorno di scuola, mi voglio rilassare! - 
La prese per mano e la condusse al centro del cortile, fino ad uno spiazzo erboso dove avrebbero potuto stare comodi e tranquilli. Si tolse il giubbino e lo sistemò a mo’ di cuscino sul praticello che ospitava il tavolino, e si stese al sole, deciso ad aspettare a quel modo la fine della pausa pranzo. 
- Non vieni? - la invitò sorridendo. 
Sam sorrise, e gli si sedette praticamente sopra. 
- Se non ricordo male, l’ultima volta che siamo stati insieme su un prato… -
La ragazza lasciò intenzionalmente la frase a metà, costringendo l’amico a voltarsi e a guardarla negli occhi. Era imbarazzo quello che gli leggeva negli occhi? Il grande Noah Mayfair imbarazzato per un piccolo rendez-vous su un prato?
- Mi hai fatto morire di solletico! -
Noah sospirò di sollievo, rivelando di aver trattenuto il fiato per alcuni secondi, ed entrambi scoppiarono a ridere. Ma poi Samantha assunse un’aria malevola, senza smettere di sorridere.
- Credevi davvero di poter sfuggire alla mia vendetta? -
E così dicendo si avventò su di lui, solleticandolo dappertutto come se avessero ancora otto anni. Noah stette al gioco.

A Max non piaceva molto l’aria “cheer” che si respirava in sala mensa, quindi prese il suo vassoio e sola soletta decise di andare a mangiare fuori, lontana dalla confusione e dagli scocciatori. Superò un ragazzo che leggeva da solo su una panchina, e un paio di coppiette che si sbaciucchiavano o prendevano il sole, finché non individuò un tavolino di pietra immerso nel prato, che faceva proprio al caso suo.
Qualche metro più in là, un ragazzo e una ragazza si rotolavano come bambini, facendosi il solletico a vicenda. Max cercò di ignorarli, fin quando con i loro movimenti inconsulti non andarono ad urtare proprio il tavolino con sopra il suo vassoio, quasi rovesciandole tutto addosso. 
- Ehi, state un po' attenti voi due! – sbottò. Sam alzò di scatto il viso, coperto di lacrime per il gran ridere.
- Oh santo cielo, mi dispiace tanto! Colpa di quest’essere infame che non sa neanche beccarsi una punizione senza reagire -
Si alzò in piedi, rassettandosi il vestito troppo corto, e si rivolse all’amico, additandolo con aria minacciosa.
- Con te non ho ancora finito -
Quindi tese la mano alla ragazza che aveva urtato, e che adesso le stava di fronte. 
- Comunque piacere, io sono Sam e lui è Noah - 
Max guardò il ragazzo indicato da Sam, era davvero carino, ma soprattutto le trasmetteva strane vibrazioni, come se avessero qualcosa in comune. D'un tratto si pentì dei modi aggressivi con cui aveva apostrofato i due, ma fu solo un attimo, poi alzò di nuovo la guardia.
- Max – rispose soltanto, ma la rossa non le aveva neanche dato il tempo di rispondere. Come se nulla fosse accaduto, si era voltata ed era tornata dal suo ragazzo, rimettendosi a ridacchiare come un’idiota.
Max la guardò attentamente, e comprese subito che doveva trattarsi di una ragazza ricca, probabilmente una cheerleader, abituata ad ottenere dalla vita tutto ciò che avesse desiderato e a preoccuparsi poco di ciò che la circondava. Probabilmente considerava gli altri un po' inferiori, forse per questo l'aveva liquidata così in fretta. Decise di non fare più caso ai due e, visto che tutto sommato non si era rovesciato nulla, si sedette a mangiare.

Noah si era irrigidito ed era scattato a sedere. Era come se tutto l’ambiente circostante si fosse messo improvvisamente in stato d’allerta. Poi di colpo la sensazione si era fatta più forte, il sole si era messo a stridere, l'erba a gridare e il vento a piangere, come quando era morto zio Julien e gli spiriti avevano fatto piovere per intere settimane.
Nello stordimento, si era vagamente reso conto che Sam si era alzata in piedi, e che stava parlando con una ragazza. Si stava scusando, probabilmente l'avevano spinta giocando, allora Noah alzò lo sguardo per decidere se scusarsi a sua volta, e rimase letteralmente folgorato
Splendida. 
Non riusciva a distogliere lo sguardo da lei, quella morettina esotica con l’aria diffidente tipica dei Newyorkesi. Poteva sentire la terra vibrare e l'aria frizzare intorno a sé, mentre la sua mente si affollava di grida e sussurri familiari.
Fortunatamente Sam congedò velocemente quella ragazza, e i sensi di Noah recuperarono un minimo di normalità, mentre Samantha gli si sedeva di nuovo sopra, ricominciando a torturarlo. Con un po’ di fortuna non avrebbe notato l'erba bruciacchiata, lì dove tre secondi prima c'erano state le mani di Noah.

Avery Swanson era la capo-cheerleader del New Heaven High da due anni, forse la ragazza più popolare di tutta la scuola. Bella, intelligente, ricca. E furibonda. Quell’infame non l’aveva praticamente degnata di uno sguardo per tutta la giornata, aveva avuto il coraggio di mettersi al tavolo con quelle due deficienti, e naturalmente se l’era svignata con la sua migliore amica, ma per lei non aveva avuto neanche cinque minuti. Bene. 
Uscì sgambettando allegramente dalla sala mensa, attraversò un paio di vialetti e raggiunse la zona del cortile antistante le aule del primo anno. Lui era sdraiato nell’erba insieme con Sam. Avery li raggiunse silenziosamente.
- Salve ragazzi! Noah, sei davvero imperdonabile, non mi sei nemmeno venuto a salutare! -
- Ciao Avvey!! – esultò lui.
- Ma dov'eri! Come faccio a salutare la mia capocheer preferita se non si vede in giro! Allora? Com'è andata l'estate? Nessuno mi racconta le sue vacanze quest'anno! Che pizza infinita - sbuffò come un bimbo annoiato.
- Le solite cose, sono stata a Miami con alcuni amici, e ho portato la nonna in montagna qualche giorno -
Avery scoccò un’occhiata significativa alla morettina che pranzava lì accanto, e che da lontano aveva visto parlare con Sam, poi il sorriso tornò sulle sue labbra. Samantha si alzò e la strinse in un abbraccio affettuoso, scoccandole due baci gioiosi. 
- Ben tornata! –

Oddio mi viene da vomitare! 
Max era stufa. Decise che quel giardino si era popolato un po’ troppo, e contemporaneamente aveva perso le sue attrattive. Beh, tutte tranne una: Noah! Approfittando dei convenevoli tra le due cheer si alzò dal prato sinuosa come un felino, si avvicinò al ragazzo e gli porse la mano nella speranza che lui la afferrasse.
Noah tirò un sospiro di sollievo, ravviandosi una ciocca di capelli dalla fronte. Era una fortuna che Sam e Avery fossero rimaste amiche, nonostante la situazione imbarazzante di quell’estate, e soprattutto era una fortuna che Samantha fosse così di buonumore. Vederla scattare in piedi per chiacchierare con Avery non gli faceva soltanto piacere, ma anche comodo. Non voleva che le due si rendessero conto di quanto fosse a disagio.
Pochi secondi dopo le orecchie ripresero a fischiargli, e si girò giusto per trovarsi faccia a faccia con Max, la mano della ragazza tesa davanti al suo naso. Fece un balzo di mezzo metro prima di riprendersi. 
Avanti Mayfair! Non vorrai andare in pezzi per un paio di occhi nocciola! Che occhi però… 
Le sorrise stringendole la mano.
- Ciao! Devi scusare Sam, non ce l'aveva con te. E' forte se la conosci, ma ho paura che sia un po’ gelosa -
Max annuì senza commentare, poi afferrò la sua mano e con uno strattone lo fece sollevare in piedi, di fronte a sé, i suoi occhi che fissavano intensamente quelli di lui. 
- Perché dovrebbe essere gelosa, voi due state insieme? - domandò con voce suadente, nella speranza che il ragazzo smentisse quell'affermazione. Noah inclinò leggermente il viso, sorridendole di sbieco con aria indagatrice.
- E a te dispiacerebbe? -
Lei fece spallucce, fingendo indifferenza, ma continuò a sorridergli.
- Forse. Comunque non mi hai ancora risposto - 
Noah sorrise con aria enigmatica, poi suo sguardo si distrasse un attimo, per incontrare quelli furenti di Avery e Sam. Le due ragazze avevano smesso di ridere, e adesso li osservavano entrambi, confabulando qualcosa di tanto in tanto, senza nemmeno cercare di far finta di nulla. Noah e Max si allontanarono di qualche passo, raggiungendo il tavolino. Max era divertita da quella strana situazione, Noah doveva essere piuttosto popolare! Poco male, anche se la cosa avrebbe potuto infastidirla, decise comunque di dargli una chance.
- No, non è la mia ragazza – assicurò lui - Le voglio un bene dell'anima ma siamo solo amici. E tu? Com’è che non ti ho mai visto in giro? –
Max fece spallucce.
- Sono sempre in giro, soprattutto la sera. Il prossimo anno avrò una moto tutta mia, e a quel punto le strade di New Heaven non avranno più segreti per me. Comunque io sono Max, e tu invece sei Noah giusto? -
Lui annuì. 
- E così ti pace la notte? - la squadrò da capo a piedi, senza sembrare un maniaco ma cogliendo i più piccoli particolari della figura. La postura ferma e flessuosa, i fianchi snelli e le braccia sode, il volto tenero ma felino, le labbra carnose e gli occhi dolci ma attenti e indagatori.
- Sì, è il mio regno – confermò lei con voce profonda e suadente, per poi scoppiare in una briosa risata.
- Ma dimmi Noah, hai anche un cognome? -
Il sorriso di Noah vacillò nel leggero imbarazzo, non adorava sfoderare il nome di famiglia. Non per modestia quanto per la pessima fama, del resto Max non sembrava tanto superficiale.
– Mayfair – rispose. 
- Noah Mayfair -
Max sollevò un sopracciglio, e sorrise maliziosa.
- Oh... adesso capisco! – commentò, girandogli intorno come una leonessa che gioca con la sua preda. 
- Oltre ad essere un bel ragazzo, dai modi affabili ed affascinanti, appartieni anche ad una famiglia di spicco, ricca e temuta. Sei quindi uno tra i migliori partiti in circolazione! Adesso si spiega lo stuolo di corteggiatrici che ti porti dietro -
Lanciò un'occhiata veloce ad Avery e a Sam, che ormai li stavano letteralmente spolpando vivi con gli occhi, ma a quel punto il suono della campanella interruppe la loro conversazione. Max guardò Noah. 
- Ascolta, io devo andare, ho lezione e non mi va di arrivare in ritardo. Appena mi allontanerò tu sarai nuovamente bersagliato dalle più belle ragazze di New Heaven, e la cosa, a dir la verità mi infastidisce un po'. Ho voglia di conoscerti meglio, sento che abbiamo qualcosa che ci accomuna e vorrei scoprire cosa. Puoi promettermi di non fidanzarti con nessuna da qui alla
prossima ora? - 
E per essere maggiormente convincente Max avvicinò il viso a quello del ragazzo. Le sue labbra carnose e morbide si poggiarono su quelle di Noah, dolcemente, per poi baciarlo con più passione. Quando le loro lingue si toccarono, il mondo di Noah esplose.
Le campane di una non meglio identificata cattedrale cominciarono a suonare tutt'intorno, mentre l'aria si riempiva di melodie di violino e botti di champagne. Noah ebbe l'impressione che qualcuno lo stesse bersagliando con manciate di riso e si sentì vagamente sollevato a un
paio di metri da terra. Un suono simile a quello del jackpot di una slot machine gli faceva fischiare le orecchie. Poi Max separò le loro labbra e il mondo ripiombò nella normalità, ma i suoi occhi non si staccarono da quelli di lui.
- Allora, puoi promettermelo? -
Noah era senza parole, non tanto per la sfacciataggine di quel bacio, quanto per le incredibili sensazioni che gli aveva trasmesso. La guardò qualche secondo con un sorriso ebete, quindi si riprese quanto bastava per annuire, sempre in modo piuttosto impacciato.
La ragazza gli sorrise e gli scoccò un altro bacio di saluto, quindi si allontanò verso l’edificio scolastico.
Lui la guardò andare via, senza staccarle gli occhi di dosso finché non ebbe svoltato l'angolo. Quindi si abbandonò nuovamente sull'erba con un sorriso talmente luminoso che avrebbe potuto alimentare da solo New Heaven per un paio di giorni.

Avery era pietrificata. Samantha non poteva credere ai suoi occhi. Noah che aveva baciato quella ragazza dopo circa dieci minuti che si conoscevano! Si tolse il lettore cd e si allontanò da Avery, andando a sedersi vicino a Noah. Lo avrebbe voluto strangolare, ma si sforzò di mantenere quanto più sangue freddo possibile. 
- Ti dai da fare a quanto pare – lo punzecchiò. Il sangue freddo non era il forte di Sam.
Noah si sentì gelare il sangue, per poi ribollire di rabbia. Sapeva che Sam e Avery erano cotte di lui ma quel bacio improvviso non gli aveva lasciato neanche il tempo di respirare, figurarsi preoccuparsi della loro reazione. Adesso si stava godendo il pensiero di Max, il suo sapore, e Sam arrivava lì a farlo sentire in colpa! Però la capiva, e gli dispiaceva che soffrisse per lui. 
- Io non ho fatto niente - le sorrise tranquillo, senza alzarsi dall'erba - E' una ragazza molto decisa – concluse facendo spallucce, lo sguardo vagamente sognante che si perdeva nel cielo luminoso.
- Molto decisa - 
Samantha non sapeva bene come reagire. Era ovvio che qualsiasi scenata o lamentela sarebbe stata inaccettabile, tanto più con Avery li presente, senza contare che, proprio in confronto ad Avery, lei aveva ancor meno diritto di prendersela. Certo che quel bacio era stato proprio un brutto colpo! Ma ormai la realtà era quella, e lei non poteva farci nulla. 
Si voltò a guardare Avery, che aveva un’espressione furente, anche se cercava di nasconderlo, e scosse la testa con aria comprensiva. Prese l'amica sotto braccio e si diressero insieme verso la scuola, senza aspettare il bell’addormentato.

L’ora di storia sembrò interminabile. Samantha ed Avery non lo degnarono di un solo sguardo per tutta la durata della lezione, e al suono della campanella si eclissarono prima che lui potesse anche soltanto salutarle.
Stufo di quel comportamento, che fra l’altro era riuscito a guastare irrimediabilmente ogni tentativo di ripensare a Max, Noah uscì in corridoio, deciso a godersi qualche minuto di relax con i ragazzi della squadra di football. Finalmente riuscì a pensare a Max senza sentirsi in colpa e, come in risposta ai suoi pensieri, due mani delicate ma decise lo ghermirono da dietro, posandosi sui suoi occhi.
- Ma questa? Chi sarebbe? Wow! Ma è del primo anno! Ma non lo sa chi è Noah? Che sventola! - i commenti delle cheers e dei giocatori si mischiavano in una serie di sussurri indistinti, mentre Noah riconosceva quel profumo inebriante e quel formicolio elettrico.
- Ciao Max - le prese delicatamente le mani e si voltò a sorriderle.
- Ciao - sussurrò lei - Allora ti ricordi ancora di me? – domandò maliziosa, poi si guardò attorno, molte ragazze con ancora addosso la divisa da cheer la guardavano torvo, cercando di capire in che rapporti fossero i due. Max sorrise divertita, poi si rivolse al ragazzo. 
- Allora, vedo che sei circondato da belle ragazze, sei riuscito a mantenere la promessa di un'ora fa? – 
- Sapessi le tentazioni! – scherzò lui, accennando di sbieco alle cheers - Però ce l'ho fatta. Dai, ti accompagno in classe - 
Le circondò la vita con un braccio, salutò gli altri e si avviò insieme a lei, accompagnandola al piano di sotto. Raggiunsero la A1, l'aula di tedesco approntata appositamente dalla preside per sé stessa, e Noah entrò insieme a Max. Si sedette su un banco di fronte a lei mentre si dava un'occhiata intorno. La Preside non c'era, probabilmente ancora in giro a terrorizzare, sbraitare e minacciare, invece riconobbe Hariett qualche banco più in la e la salutò con un sorriso. Poi tornò a Max.
- Ho saputo che la Philipsen si è data da fare quest'anno - le disse pungente e divertito - Avrai pane per i tuoi dentini aguzzi. Se sopravvivi vengo a prenderti quando esci - le diede un piccolo bacio sulla fronte, e uscì dall’aula.
Lasciata la classe di Max decise che non aveva voglia di rovinarsi il morale con un'ora di diritto, tanto più che il Prof. Ogg era talmente servile che non si sarebbe mai permesso di segnargli un'assenza.
Quindi raggiunse i cortili e si sdraiò di nuovo al sole. Adorava rosolarsi come una lucertola perdendosi nei suoi pensieri.
Ripensò a Max e al loro primo bacio. Improvvisamente si rese conto che quella ragazza aveva solo quindici anni e forse da qualche parte nella sua mente si stava già pentendo. Fra l'altro non sapeva nulla di lei, mentre la fama dei Mayfair era sulla bocca di tutti. Dal canto suo non era tipo da amore a prima vista, ma gli piaceva l'atteggiamento di Max e aveva un che di elettrizzante che lo caricava di energia.
Sorrise a sé stesso stiracchiandosi sull'erba, e poco dopo si addormentò.

Non molto distante, Avery stava parlando con Lux, una ragazza del primo anno, e anche una delle nuove reclute della squadra di tifo. Lux stava cercando di farle scoppiare la testa con una serie interminabile di domande, domande sulle cheer, sui loro ruoli, sulla scuola, domande su qualsiasi altra cosa le venisse in mente, ma in realtà Avery la sentiva a malapena.
- Certo, sono completamente d’accordo! – le rispose ad un certo punto, senza neanche chiedersi che domanda le avesse fatto. Lux infatti reagì guardandola come se fosse una completa deficiente, ma poi, seguendo il sguardo, comprese perché la sua caposquadra fosse cosi distratta.
In lontananza, sdraiato sull’erba, c’era un ragazzo che, a giudicare dallo sguardo di Avery, e da quello che poteva vedere lei stessa, doveva aver spezzato più di un cuore in quella scuola. Se non ricordava male era il ragazzo del terzo anno di cui Avery le aveva parlato a pranzo, quel Noah Mayfair.
- Vuoi andare a farci due chiacchiere? – le chiese, giocando d’anticipo.
Avery sussultò, gli occhi sbarrati e pieni di vergogna, come se l’amica l’avesse colta a masturbarsi, ma poi la sua espressione si addolcì, e le sue labbra disegnarono un lieve sorriso.
- Si grazie, finiremo la conversazione nel pomeriggio, prima degli allenamenti – 
Lux annuì e si avviò da sola verso le proprie lezioni, mentre Avery, preso un lungo respiro, si avvicinò con andatura spavalda al ragazzo addormentato.
- Ciao Noah. possiamo parlare? -
Noah si svegliò di soprassalto. Aveva la fronte imperlata di sudore, il corpo scosso da un leggero tremore. In piedi accanto a lui c'era Avery, che lo guardava preoccupata. Ma non preoccupata quanto lui.
- Ciao Avery - le sorrise debolmente, ancora un po’ disorientato. La capocheer non ricambiò il sorriso, ma si sedette al suo fianco, guardandolo fisso negli occhi.
- Noah, vorrei parlarti del bacio che hai dato a quella ragazza nuova stamattina. Ti sei dimenticato di me così di colpo? Ci sono rimasta molto male! - e lo fulminò con lo
sguardo.
Così assalito, Noah non ebbe nemmeno il tempo di elaborare il sogno che aveva fatto, quindi si limitò ad accantonarlo e cercò di riprendersi il più in fretta possibile e di fare mente locale. La loro situazione era abbastanza complicata. Prima delle vacanze avevano avuto una specie di storia, ma niente di ufficiale, poi quell'estate anche Sam gli aveva fatto capire di provare qualcosa, ma lui aveva preferito restare su di un piano amichevole. Non tanto per Avery, quanto perché proprio non provava nulla più di un'amicizia fraterna.
Con Avery era diverso. Controversa e intrigante, lo aveva sempre affascinato. L'ammirava perché aveva reagito al dolore trasformandosi in una persona forte e caparbia, ma anche lei non faceva per lui, e ne avevano già parlato. Onestamente sperava che in quei mesi avesse trovato qualcun altro, ma quella ragazza sapeva, tra le altre cose, essere anche molto, molto
testarda.
- Ehm... bacio? Dimenticato? - la fissò negli occhi per qualche istante, scrutando le emozioni che si alternavano sul volto dell'amica.
- Beh! Tecnicamente è stata lei a baciarmi - sorrise con fare innocente, ma Avery non sembrava particolarmente divertita quindi tornò serio. 
- Avery, ne avevamo già parlato. Poi non ci siamo sentiti per tutta l'estate, ho pensato che non volessi andare oltre - le disse, cercando di capire dove volesse arrivare. 
- Adesso che sono qui mi sembra chiaro che Vorrei andare oltre, ma temo che sia già troppo tardi, mi sbaglio? - gli chiese con occhi sognanti, quasi disperati.
Noah abbassò lo sguardo sulle proprie dita, che tormentavano incessantemente un ciuffo d'erba. Non sapeva cosa dirle o meglio non trovava le parole. Ma rispettava Avery, non le avrebbe parlato per metafore o per mezzi termini. Alzò lo sguardo e la fissò dritto negli occhi.
- Sei una ragazza speciale, e non ti dirò stronzate tipo che non ti merito o simili. Sono stato molto bene, mi hai reso felice e mi stimolavi. Sei sempre stata molto intrigante – le sorrise dolcemente tacendo qualche secondo, poi tornò serio - Ma non sei quello che voglio. E Max non c'entra nulla. Mi ha baciato ma ora potrei alzarmi e dimenticarmi completamente di lei. Ma questo non cambierebbe che non sono innamorato di te - pronunciò le ultime parole in un flebile sussurro, timoroso che un tono di voce troppo alto avrebbe potuto spazzarla via.

Il Signor Steele si trovava in giardino, approfittando della sua ora libera. Era al suo primo anno come insegnante in quella scuola, e il primo giorno fu notevolmente interessante. Al New Heaven High aveva trovato ciò che cercava, e adesso non gli rimaneva altro da fare che portare a termine i suoi progetti. Quando Noah raggiunse il giardino e si sdraiò a prendere
un po' di sole, Remington lo fissò a lungo. Non si fece grossi scrupoli nemmeno quando vide le due studentesse arrivare, e quando una di loro si sedette accanto a Mayfair per parlargli. 
Steele continuava a fissare il ragazzo, con interesse crescente.

In classe, Max si guardò intorno. Non conosceva nessuno dei ragazzi presenti, chissà quali luoghi di New Heaven frequentavano tutti loro. Un po' annoiata, dato che la preside si stava facendo attendere, si avvicinò alla finestra dell'aula e si accorse che dava proprio verso il giardino interno.
Vide Noah sdraiato al sole. Sorrise e ripensando alle parole di Harriet si convinse sempre più che non le importavano le chiacchiere su di lui. Del resto anche su di lei c'erano chiacchiere nient'affatto rassicuranti. Stava ancora guardando Noah, quando una bionda slanciata comparve dal nulla, per andare a sedersi accanto al ragazzo. Dopo qualche istante riconobbe Avery, la capocheer che aveva incontrato a pranzo, e da come si parlavano, dal modo in cui stavano seduti l’uno verso l’altra, si rese conto che tra quei due c'era qualcosa, o quanto meno c'era stato qualcosa.
Una smorfia di disappunto solcò il suo viso e nei suoi occhi si accese una fiamma.
In quel momento in aula entrò la Philipsen.

L'espressione di Avery era passata dalla sorpresa alla tristezza, e poi ad una furia fredda e glaciale. Si era alzata senza fiatare e se n’era andata, senza più voltarsi. Noah sentì il vento animarsi intorno a sé, l'erba sembrava ridacchiare sotto le sue dita serrate e l'aria si era fatta stranamente umida, mentre il vento portava voci grevi e tumultuose.
Pericolo. Vendetta! 
Le parole si disegnarono chiare nella sua mente, mentre guardava Avery andarsene con andatura altezzosa e composta, ma non aveva alcuna intenzione di dar loro credito. Avery poteva anche essere ferita e furibonda, ma non era una pazza squilibrata. E sapeva che lui non aveva fatto nulla di male, non si sarebbe vendicata, rischiando di perderlo definitivamente, anche come amico. Noah escluse quindi le voci dalla mente, certo che di quell'andazzo lo avrebbero fatto impazzire.
Si riscosse da quei pensieri e subito il sogno gli tornò alla mente, come un flash indotto dagli psicofarmaci, come un ricordo rimosso e riaffiorato solo in quell’istante. Violentemente.

Buio. Le uniche luci erano i fuochi lontani, simili a ceri funebri, e quegli occhi, come tizzoni ardenti dietro di lui. Noah stava fuggendo. Il fuoco lo rincorreva, il fuoco rideva di lui e bruciava la sua schiena, ed era così veloce! Troppo.
Noah aveva corso a più non posso, e combattuto, ma il fuoco era troppo forte. Lo aveva sentito ridere dietro di sé, aveva riso di lui, della sua paura e della sua debolezza, della sua umanità. Poi il fuoco lo aveva colto al viso, bruciandogli la carne.
Il fuoco lo aveva baciato, e aveva il viso di Max.

Il fuoco. Max. Noah si alzò in piedi, ancora molto disorientato, e improvvisamente la sensazione di essere osservato tornò, più forte di prima, schiacciante. Si guardò intorno nel cortile, e il suo sguardo si posò su di un uomo. Era di mezza età ma di bell'aspetto, aveva una compostezza che trasmetteva forza e rispetto, una dignità quasi regale. Nel descrivere le emozioni che la postura e l’espressione di quell’uomo potevano infondere all’osservatore casuale, qualcun altro avrebbe potuto considerare anche la parola "timore".
Il disagio spinse Noah a spostare ancora lo sguardo, finché il solito sorriso gli illuminò di nuovo il volto. Si dimenticò completamente di quell'uomo distinto, e si lasciò cullare da tutt’altri pensieri. Da una delle finestre del primo piano, Max lo guardava, ricambiando il suo sorriso.

Anche il Signor Steele stava guardando Noah, e per un istante i loro sguardi si incrociarono. L'espressione di Remington rimase la stessa, poi Noah guardò da un'altra parte. Remington seguì il suo sguardo e la vide: bella, bellissima, più di quanto si ricordasse. Lei era lì, ciò che lo aveva spinto ad insegnare in quella scuola, l'unico vero motivo per cui Lui adesso si trovava in quella città.
Guardò i due ragazzi scambiarsi un sorriso, ed un gesto di saluto, poi lei scomparve all'interno dell'aula. Steele fece lo stesso. 

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