Home

Liste di Gioco

Manuale  Forum F.A.Q. Witches Files Links

New Heaven

Personaggi
Orario Lezioni
Episodi
Extra
Mailing List


Il reclutatore

Autore: Luca
Personaggi: Noah, Cécile, Elliott Price. E Mr. McFaggott.

Mr. McFaggott aveva perso tutta l’allegria che distingueva, di solito, quelli come lui, ormai arreso al fatto che quella piccola, anonima gabbietta avrebbe resistito a qualsiasi rima lui potesse inventare. 
In realtà non era davvero di malumore, solo un po’ seccato, o meglio ferito nell’orgoglio per essersi fatto gabbare a quel modo da due ragazzini. Certo, non due ragazzini qualunque, ma pur sempre ragazzini! Comunque agire per interesse era nella natura di qualunque folletto rispettabile, quindi tutto sommato non stava molto peggio di prima. Senza contare che, aiutando quei due nella loro piccola crociata, forse avrebbe davvero riguadagnato quella libertà che aveva ormai perduto da tempo, per non parlare di una certa soddisfazione!
E l’aspetto elegante e misterioso del gatto nero, con quei suoi occhini gialli ed espressivi, gli stava a pennello.
Quindi ora li stava guidando alla pietra focale più vicina, una delle sette ematiti che Mr. Price aveva diligentemente sotterrato al limitare dell’Hill’s Garden.
- Ecco, laggiù, dietro a quella panchina – miagolò il gatto, zampettando in direzione di un paio di platani, ai piedi dei quali due vecchiette stavano distribuendo mangime a colombe e piccioni.
- Fantastico – mormorò Noah, ma Cécile non lo ascoltò neppure e si avvicinò alle due signore con ampie e sicure falcate. Lui rimase a guardarla, mentre lei si fermava davanti alle due e si chinava leggermente in avanti, poggiando le mani sulle ginocchia e parlando loro come a due bambine. All’inizio le due donne sorrisero, annuendo allegre, come fanno spesso gli anziani quando parlano con giovani simpatici e pieni di energia. Ma qualche attimo dopo i loro occhi si dilatarono a dismisura, entrambe scattarono in piedi, per quanto permettesse loro l’età, lasciarono cadere i loro sacchetti di briciole e semi e se la diedero a gambe nel modo più dignitoso possibile. Cécile si voltò verso Noah con un sorriso trionfante e si accomodò sulla panchina, accavallando le gambe con l’aria di chi si trova perfettamente a suo agio.
Noah le si avvicinò con aria vagamente inorridita, ma anche incuriosita. Lei gli rivolse un sorriso tranquillo.
- Tu non vuoi saperlo - gli disse soltanto. 
- Già - convenne lui, rivolgendosi poi al felino nella gabbia.
- Dietro la panchina? -
Strano ma vero, il gatto annuì.
- Price è un vecchio pantofolaio, schizzinoso fino alla paranoia, non credo che dovrai scavare molto – precisò.
Noah annuì. Poggiò la gabbia accanto alla sorella e aggirò la panchina, sedendosi sul lungo schienale bordato in ferro battuto. Quindi sorrise, richiamando gli spiriti della terra, silenziosamente, discretamente. Nel frattempo si guardava intorno, per essere certo che nessun passante occasionale notasse la terra che tremolava e si rivoltava davanti a lui, gettando piccoli spruzzi di sabbia e pietrisco non lontano dalle sue caviglie incrociate.
L’operazione fu leggermente più lunga del previsto, proprio a causa del fatto che il parco era pieno di gente, ma dopo un po’ la pietra rossiccia cominciò ad affiorare, rivelandosi anche più grossa di quanto se la fosse immaginata.
- Devo romperla? – s’informò – O è sufficiente che ce la portiamo via? –
Il folletto miagolò che fosse più sicuro non cercare di danneggiarla. Il solo fatto di spostarla dalla sua sede avrebbe spezzato il campo magico che Price usava per teleportare i ragazzi nel suo labirinto, evitando rischi di effetti collaterali su di loro. Noah non poté fare a meno di pensare che forse quel mostriciattolo non era male come pensava.
Appropriatosi della pietra, grossa come una papaia, il ragazzo se la infilò nello zaino e poi levò lo sguardo al cielo, connettendosi di nuovo con la sfera degli spiriti. Questa volta non evocò degli elementali, ma i suoi spiriti personali, i suoi guardiani, coloro che lo consigliavano e che ogni volta gli rivelavano le verità che cercava. In quel momento, tutto ciò che desiderava conoscere era la posizione di Mr. Price.

Praticamente dall’altro lato del parco, nella zona dove gli alberi erano più fitti e ombrosi, due piccoli Aaron e Phyllis correvano fra i tronchi e gli arbusti, mano nella mano, ridacchiando come matti. Nuotavano letteralmente nei loro vestiti, le scarpe dimenticate chissaddove, ma questi erano i loro ultimi pensieri ora che avevano riacquistato tutta la spensieratezza di bambini. Senza contare che si erano appena fidanzati! Qualcun altro però era molto meno spensierato, anzi frustrato forse sarebbe stata una parola più esatta.
Ben nascosto dietro l’intrico di un gruppetto di castagni amorfi, Elliott Price stava cercando di capire che cosa fosse andato storto. Aveva ricontrollato personalmente le pietre, aveva indossato la veste del Varco e stava scotendo la sua zucca riempita di ceci rossi ormai da dieci minuti buoni, saltando sul piede destro con la sinistra sollevata e annuendo convulsamente. Si sentiva un idiota, come ogni volta del resto, ma gli spiriti della terra che lui sfruttava per il suo “salto dimensionale” non rispondevano ai canti, alla musica e alle lusinghe come quelli dell’aria. No. Loro preferivano le danze, i piedi pestati per terra e i colori sgargianti. Elliott Price detestava gli spiriti della terra.
Se qualcuno l’avesse visto saltellare con in mano una zucca e vestito come la tappezzeria di un bazar di articoli mediorientali certamente avrebbe dubitato della sua sanità mentale, ma lui non poteva farci niente, era così che funzionava. O almeno aveva funzionato così fino a quel momento!
Improvvisamente, uno scricchiolio alle spalle.
- Carino il completo! La zucca da quel tocco mediterraneo, e io che pensavo di fare tendenza – gongolò una voce femminile. Price fece un salto di un mezzo metro, voltandosi di scatto e ritrovandosi faccia a faccia con Noah e Cécile Mayfair. Dio! Chiunque ma non loro due!
- Oh! - deglutì.
- Tutto questo è.. ecco.. estremamente imbarazzante! - si lamentò l’ometto, abbassando la zucca e guardando prima il proprio abbigliamento e poi i due ragazzi con occhi colmi di vergogna.
- Ora butti via quella zucca e mi spieghi che cosa sta facendo. Anzi, mi spieghi perché lo sta facendo, chi le da il diritto? – lo incalzò subito Noah. Quelle parole di accusa provocarono un immediato cambiamento nell’osservatore, che nonostante la palandrana, la zucca, ed un ridicolo berretto assunse una posa compita e un’espressione autoritaria.
- Il diritto me lo dà il mio compito, me lo danno i miei superiori e i poteri incontrollati che troppi giovani in cittadine come questa possiedono – gli rispose, togliendosi gli occhiali e lucidandoli con un lembo della toga.
- Voi non potete comprendere la gravità della situazione, ed essere figli di Conrad Mayfair non vi da alcun diritto di intromettervi in un affare della cui portata non avete alcuna idea. Siete stati voi non è vero? – aggiunse, alludendo al misero fallimento del suo incantesimo di trasporto.
- Ad ogni modo non brigatevi più del dovuto, in realtà non ho alcuna intenzione di lasciare che voi ricordiate nulla di tutto questo - concluse tranquillamente, lanciando strane occhiate tutto all’intorno.
Noah e Cécile si scambiarono un’occhiata annoiata.
- E’ inutile che lo cerchi – gli sorrise il ragazzo, sollevando da dietro un albero la gabbia con dentro il folletto. Quello miagolò una mezza scusa, prima che Noah abbandonasse nuovamente la gabbia fuori vista.
- Temo che il tuo piccolo amico non possa venire a darti man forte. Ora saresti così gentile da spiegarmi che cosa stai combinando? – gli chiese.
Per un momento Price sembrò perdere tutta la sua compostezza, ma poi la sua espressione tornò altera e compita come sempre.
- Mi trovo in una situazione molto, ehm, spiacevole signorino Mayfair. Temo di doverla costringere a desistere dalle sue interferenze – affermò, in un tono che a Noah non piacque per nulla. Non che lo temesse, proprio non riusciva a sopportare che quella palla di lardo pensasse di sfidarlo! Fece per rispondergli a tono, ma in quel momento una coppia di ragazzini spuntò dal folto degli alberi, fermandosi a guardarli.

Dapprima Mr.Price rimase immobile, guardando senza dire una parola il piccolo Aedan che si appropriava della sua zucca e se la contendeva con Phyllis, poi si accigliò un attimo, riaccomodandosi gli occhiali sottili sul naso.
- Signorino Phoenix, Signorina McCornell, il vostro comportamento è assolutamente disdicevole. Vi sarei grato se riusciste a superare il lieve stato di alienazione mentale in cui mi sono visto costretto a precipitarvi, restituendomi la mia zucc... ehm, il mio talismano -
Così dicendo fece per avvicinarsi a loro, ma non aveva fatto tre passi che un sibilo assordante gli riempì le orecchie, e qualcosa di invisibile lo afferrò al petto, sollevandolo da terra e scagliandolo contro il castagno ritorto dietro al quale aveva tentato di lanciare il suo incantesimo. Il pingue osservatore tossì seccamente e si accasciò ai piedi dell'albero, contuso ma tutto intero. Quei suoi occhialini erano caduti chissaddove, e lui strizzava buffamente gli
occhi, cercando di mettere a fuoco ciò che lo circondava. Attorno a lui poteva ancora sentire le voci, flebili sussurri e risa quasi demoniache, inquietanti. Sembrava che non vedessero l'ora di poterlo rifare.
Noah incrociò le braccia sul petto con aria soddisfatta, e il suo volto s'illuminò, come se gli fosse improvvisamente venuta un'idea brillante.
- Fategli vedere - sussurrò, piegando leggermente la testa di lato.
A quelle parole Price si sentì mancare il fiato, tanto da emettere un fischio acuto nel tentativo di riempire i polmoni. Davanti ai suoi occhi si era improvvisamente rivelata una scena raccapricciante.
Lastre di granito e pietra, affreschi, statue di santi. Una chiesa. Ma le reliquie e le opere d'arte venivano distrutte, imbrattate di sangue e bruciate, squarciate insieme con i corpi dei fedeli. Una battaglia. Armature medievali, stendardi bianchi con grosse croci rosse e argentate. Forse una crociata. Cristiani contro cristiani. Cattolici contro ortodossi. I Figli di Roma marciavano contro i loro fratelli greci, uccidendo chiunque sulla loro strada, perfino vecchi e bambini. All'improvviso qualcosa di piccolo e roseo venne scagliato contro la parete alle spalle di Price, e ricadde accanto a lui a neanche un metro di distanza. Un bambino. Non più di due anni. Dalla
testolina spaccata colavano cervella bianchicce e molto sangue, che si spandeva sul pavimento come un macabro specchio di quell'orrore.
L'osservatore non poteva, non poteva fare a meno di guardare. C'era un fascino macabro e violento in tutta quella violenza, una potente vibrazione nella pozza che si allargava davanti a lui. Si allargava, ancora e ancora in modo impossibile, fino all'infinito. 
Poi finalmente poté vedere ciò che cercava. Sé stesso. Il capo tondo e carnoso, leggermente madido di sudore, il petto grasso che si alzava ritmicamente. Poi mise a fuoco il proprio viso. E un urlo gli salì alla gola. Rideva. 
Stava sorridendo, gli occhi bramosi e felici come quelli di un bimbo immerso in una piscina di cioccolata. Solo che lui non era un bimbo, e la sua cioccolata era sangue rappreso. Sangue e cervella che colavano dalla testa spaccata di un bambino.
- No! - il grido risultò strozzato, ma sufficiente. La visione s'interruppe. Price poteva sentire qualcosa di freddo che si posava sul suo naso. Freddo e duro. I suoi occhiali. Cécile glieli accomodò con un ultimo tocco delle dita, e poi rimase lì, chinata su di lui, a sorridergli come un'Erinni. Dietro di lei torreggiava il fratello, gli occhi azzurri gelidi. Demoni. Entrambi!
Ecco cos'erano! Tutti loro! Il sangue dei Mayfair era sempre stato marcio, e questa era la prova!
- Tu smetterai immediatamente con tutto questo - ordinò Noah, senza muoversi di un millimetro e senza cambiare espressione.
- O ti giuro che non potrai mai più aprire gli occhi senza vedere scene identica a quella che hai appena vissuto. Continuamente. Ogni giorno della tua vita fino a quando vorrai solo morire -
L'osservatore si tirò in piedi con una mossa piuttosto aggraziata, considerando la mole e la condizione mentale, si rassettò l'abito e fissò uno sguardo quanto più controllato possibile negli occhi del ragazzo.
- Tu, ragazzino - lo apostrofò, terrorizzato, una vena sulla tempia che gli pulsava furiosamente.
- Credi di poter fare il bello e il cattivo tempo perché ti chiami Mayfair, ma sei solo un moccioso arrogante. Potrai anche maledirmi a vita, umiliarmi o pestarmi, ma non puoi fermare le forze che ci sono in gioco! - ansimò, avvicinandosi a lui fino quasi a fiatargli in faccia.
- Se credi che io mi diverta a sottoporvi a queste maledette prove ti sbagli di grosso! Ma non c'è altro modo! e non c'è tempo! Non avete idea delle forze che potrebbero scatenarsi da un momento all'altro, e non potrete averne se non accettate un'autorità e non vi lasciate guidare! Ma voi siete troppo arroganti, mocciosi con grandi poteri e il cervello di un ermatodonchiro! - ansimò, ormai senza fiato.
Dopodiché si allontanò di qualche passo, recuperando da dietro l'albero una leggera sacca di fattura orientale. Si sfilò lo strano poncho che indossava e lo cacciò nella sacca, insieme al berretto. Il suo sguardo saettò alla zucca, ancora fra le mani dei bambini, ma desistette. Si mise la sacca in spalla e fece per andarsene, ma Noah lo afferrò per un braccio.
- I bambini - disse soltanto, come se non avesse ascoltato una sola parola di tutto il discorso. Price cercò inutilmente di divincolarsi, ma alla fine sospirò e si voltò a guardarli.
- Sai come funziona, io non posso fare nulla - gli rispose conciso.
- E adesso lasciami - ordinò.
- Non è finita -
- No, non lo è affatto -
Noah lo lasciò andare, e l'ometto caracollò giù per la collina in direzione della città. Lui invece si voltò a guardare la sorella e poi i due ragazzini. 
- Che diavolo è un ermatodonchiro? - 

Questo sito è puramente amatoriale e privo di fini di lucro.
Si vieta la riproduzione, a meno di non citare la fonte del materiale prelevato
.