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Kenneth degli spiriti

Autori: Giulia e Marco
Personaggi: Harriett e Kenneth

Harriet osservava Mark e Lux in silenzio, e accennò leggermente col capo solo quando lui notò il ciondolo.
Era strano. Cosa ci faceva Mark lì? Il suo intuito le suggeriva di cestinare l'ipotesi di una semplice coincidenza, Mark era ormai fermo lì da un po' prima che lei e Lux uscissero dalla biblioteca, e il ciondolo che lui le aveva dato il giorno prima si era illuminato solo pochi minuti prima del loro incontro. No, decisamente non poteva trattarsi di una coincidenza.
Le sue elucubrazioni però vennero interrotte dalla voce del ragazzo:
- Ti sta squillando il cellulare, credo -
Harriett sussultò, come risvegliandosi da un sogno ad occhi aperti. Non se ne era quasi accorta, il suo telefonino era sepolto sotto una montagna di roba. C'era da meravigliarsi che non si fosse ancora rotto schiacciato da cianfrusaglie varie. 
- Questa tracolla sarà bellina ma dovrei procurarmene una con più tasche – commentò mentre scavava nella borsa.
- Ah, eccolo. Sì, pronto? - rispose senza guardare neanche il numero, e rimase in silenzio per un attimo sentendo una voce sconosciuta dall'altro capo.
- Harriet Lang? -
- Sì, sono io - fece un po' incerta.
- Sono il dottor McCauley, dall'ospedale di New Heaven -
A quelle parole Harriet si irrigidì mentre una vampata di calore la assaliva. La presa al telefonino si fece più salda, stava quasi per scivolarle di mano, il cuore in gola, l'ultima volta che l'ospedale aveva chiamato a casa era stato quando...
- Mi-mi dica - 
L'uomo ci mise pochi istanti a riprendere, ma in quei pochi istanti Harriet si era già immaginata l'intera descrizione di un grave incidente, con tentativi di salvataggio, disperazione e condoglianze.
- Una persona vorrebbe parlare, attenda un momento -
OK. Parlare. Qualcuno voleva parlarle e questa era una cosa buona, no? Voleva dire che questo qualcuno era vivo e inoltre abbastanza lucido per poter parlare con lei. E se la persona in questione non fosse solo un intermediario fra il medico è l'incidentato?
Harriet non sapeva più cosa pensare mentre altre ipotesi catastrofiche quanto o forse più della prima continuavano ad accavallarsi nella sua testa. Ma quando riconobbe la voce all’altro capo del telefono, quasi restò senza fiato.
- Kenneth? - ripeté sorpresa. Era Kenneth l'incidentato? Cosa poteva essere successo?
Forse soltanto un attacco d'asma, o una visita da qualche altro amichetto invisibile, si rispose
da sola. O magari tutti e due. Un po' più calma, si schiarì la voce.
- Kenneth, cosa è successo? Che ci fai lì? -
Nella sua stanza d’ospedale, Kenneth guardò in cagnesco l’infermiera che era rimasta lì ad aspettare mentre lui stava telefonando. Con la mano destra le fece un cenno esplicito dal
chiaro significato: levati dai piedi! Quella fece una smorfia, girò sui tacchi (o meglio, sugli zoccoli) e se ne andò. Solo a quel punto Kenneth si azzardò ad aprir bocca.
- Ho avuto una piccola chiacchierata coi nostri simpatici amici Mayfair, e dopo un po’ mi sono
risvegliato qui. Ecco cosa! Scusa se ho chiamato te ma qui, in città, sei la sola a cui mi azzardi
a rivolgermi. Lo sai, non vorrei coinvolgerti. Di solito risolvo le mie beghe da solo ma questa volta non posso. Ho bisogno del tuo aiuto -
Ristette un attimo in silenzio mentre constatava quanto fosse umiliante per lui chiedere aiuto a
qualcuno e quanto quella ragazza avesse validissimi motivi per mandarlo al diavolo, non ultimo, il fatto che lui stesso l’avesse sempre trattata senza usare i guanti bianchi. Era un eufemismo, lo sapeva.
- Ehm, so che è una richiesta per lo meno strana ma, se riuscissi a trovare un po’ di tempo, verresti qui in ospedale? Non c’è fretta, fai pure con calma, però, se vieni, cerca di sbrigarti! –la pregò maldestramente, il tono decisamente apprensivo. Poi, appena finito di parlare, allontanò il telefono dal proprio orecchio mentre stringeva forte gli occhi nel timore che, appunto, Harriet lo investisse di improperi e lo mandasse al diavolo.
Harriet invece sospirò sollevata. Dal tono di voce Kenneth sembrava seccato, quasi al limite dell’isteria, quindi voleva dire che ormai stava benone.
- Vengo subito - rispose.
Non aveva la più pallida idea di cosa potesse fare per aiutarlo, ma ci sarebbe saltata fuori in un modo o nell'altro. Chiuse la conversazione e si rivolse a Lux.
- Mi sa che dovremo rimandare, Kenneth è all'ospedale e ha bisogno di una mano. Tu vai senza di me, io ti raggiungo se non ci metto troppo tempo -
Non sapeva se aveva ancora voglia di incontrare Noah, o meglio, non era certa di avere intenzioni amichevoli. Si voltò poi verso Mark e gli sorrise lievemente.
- Non è che potresti darmi un passaggio? Però niente domande -

L’apprensione di Kenneth, raggomitolato nel suo letto candido, in una stanza candida del candido New Heaven Central Hospital, stava raggiungendo livelli topici. La comparsa improvvisa di Harriet lo fece saltare come un pupazzo a molla.
- Argh! Non si usa bussare nel Nuovo Mondo, eh? Harriet? - fece Kenneth non riuscendo a trattenersi. Si ricompose come meglio poté.
- Sei arrivata finalmente! - fece rasserenandosi un poco per poi aggiungere - Sai, quegli idioti col grembiule bianco non vogliono dimettermi immediatamente e io, invece, ho una certa fretta di uscire da qui! Mi sta venendo un attacco d’orticaria! -
Quindi, accostandosi un poco ad Harriet le confidò mantenendo un tono di voce abbastanza basso per non farsi sentire da eventuali impiccioni.
- Devi aiutarmi ad evadere da qui, Harriet! - fece rizzandosi subito a sedere sul letto.
- Ma dobbiamo fare un piano. Dove hai la macchina, il motorino, la bicicletta o cos’altro? -
Kenneth non accennò al motivo per il quale si trovasse su di un letto d’ospedale. Harriet non glielo aveva chiesto e non era sua abitudine tediare il suo prossimo con le proprie disgrazie. Tuttavia, se per Harriet la cosa aveva un minimo d’interesse, e Kenneth sospettava che la ragazza, curiosa com’era non avrebbe tardato molto a tempestarlo di domande in tal proposito, lui non aveva motivo a raccontarle cosa fosse successo anche perché aveva intenzione di chiedere l’aiuto di Harriet anche per un’altra piccola faccenda, qualcosa che, una volta fuori dell’ospedale, non avrebbe tardato ad esporle.
- Ehm, sono a piedi a dire il vero! -
Com'era stata stupida! Perché non aveva chiesto a Mark di fermarsi? Quel ragazzo avrebbe potuto far apparire un autubus molto più velocemente di Eta Beta con il suo gonnelino! Ma come al solito Harriet si era già rimessa a parlare, senza dare al suo interlocutore di rispondere.
- Ma non avere tutta questa fretta, sei proprio sicuro di volertene andare? Insomma, deve essere successo qualcosa di grave se ora ti trovi qui - 
Sarebbe potuta diventare peggiore di tutto il corpo medico dell'ospedale se Kenneth gliene avesse dato motivo. Ma in fondo il ragazzo sembrava in forma. Si incupì un po' e abbassò leggermente la voce.
- Perché intanto non mi racconti come ci sei finito? E' stato a causa di ciò che mi hai detto stamattina? -
A sua volta, Kenneth si guardò attorno, come ad assicurarsi che non ci fossero orecchi indiscreti in giro. Non perché quello che aveva intenzione di dire mettesse in pericolo la sicurezza nazionale ma per il timore, per lui perfettamente fondato, che se qualcuno lo avesse sentito vaneggiare di allucinazione, visioni, voci, spiriti e chi più ne ah più ne metta, una bella visita di un paio d’anni all’Istituto d’igiene mentale, non gliela avrebbe levata nessuno!
- Successo qualcosa di grave? - ripeté Kenneth.
- Lo sai Harriet? Avevi perfettamente ragione. Un centro perfetto! Hai del talento per queste cose, davvero! E anche per altro naturalmente - si affrettò ad aggiungere.
- Dopo quello che ci siamo detti a scuola, stamattina, ho voluto fare una piccola verifica. Così, appena finita la scuola, ho tentato di rintracciare Noah Mayfair. Non avendo la minima idea di dove diavolo andarlo a cercare ho deciso di aspettarlo al parcheggio, nei pressi della sua macchina. E invece di Noah, chi ti vedo arrivare? Quella strega di Cécile Mayfair! –
Kenneth si interruppe, cercando di spiare l’espressione di Harriet a quel nome. In qualche modo, gli interessava l’opinione che Lang potesse avere su quella ragazza.
- Comunque – riprese - Le ho chiesto gentilmente di chiamare suo fratello e lei ha cominciato ad insultarmi, nemmeno tanto velatamente, proseguendo su un tono decisamente.. uhm.. cordiale, se capisci cosa intendo. Poi, arriva Noah, e diventiamo tutti e tre davvero cordialissimi! La parte interessante però, è che io faccio chiaro riferimento ad un suo intervento circa le cause che hanno provocato quelle… beh! Quello che sai! A quel punto, mi sarei aspettato che, almeno, tentasse di negare e invece, ne lui ne la malefica sorella hanno battuto ciglio ma, anzi, si è messo a farmi la predica, dico! Ti rendi conto? Eouh! – sbottò scuotendo la testa.
- Quindi, alla mia richiesta di smetterla, lui ha detto che non avrebbe mosso un dito per aiutarmi, che sono uno senza fegato e che, cito testualmente, ‘le nostre azioni hanno sempre delle conseguenze” e che “Ci sono delle lezioni che devi imparare, e loro ti lasceranno in pace solo quando l’avrai fatto”, dico! Santi Numi! Si può essere più ipocriti? -
A quelle parole Harriet non cambiò espressione, ma aspettò che Kenneth continuasse. Quello che pensava su Cécile Mayfair non era niente di carino vista la sua apparente dolcezza, cercava solo di starle lontana perché sapeva che non l'avrebbe mai sopportata.
Annuì lievemente, non tanto per rispondere all'inglese ma per far cenno che aveva capito. Stava ripensando alle sue parole e a quello che si erano detti quella mattina. 
Uhm…
- Mi hanno mollato nel parcheggio, come un cane, dico! Ti rendi conto? Ero lì per mandarli a quel paese, quando queste braccia spettrali hanno cominciato ad uscire da una parete dietro di me, e a ghermirmi come tanti tentacoli. Non devo aver retto la scena, perché i miei ricordi ricominciano qui in ospedale - 
Harriett era rimasta a bocca aperta. Un attacco in piena regola! Rimase in silenzio ancora per qualche secondo (un vero miracolo!) e poi cominciò a parlare.
- In effetti Cécile non è mai stata famosa per la sua gentilezza! - esordì e Kenneth forse, a quel punto, vide un'occasione per intervenire visto che Harriet si era fermata ancora, ma lei gli impedì di rubarle la parola.
- Tuttavia neanche tu ti sei comportato da gentiluomo, hai voluto agire per ripicca e sei stato scoperto. Con questo non giustifico l'azione di Noah, anzi, penso che lui ti abbia sguinzagliato addosso i suoi 'amici' per lo stesso tuo motivo per il quale tu ti sei accanito con la sua macchina. Sinceramente credo che, visto il tuo caratterino e quello di Noah, questa storia potrebbe andare avanti all'infinito -
Kenneth puntò uno sguardo duro su Harriet.
- Lo so che ho sbagliato, cosa credi? – fece Kenneth - D’altra parte, non ho nessunissima voglia di litigare con alcuno, tanto meno se quel qualcuno è quella tigre di Cécile Mayfair. Litigare è sempre un inutile dispendio di energie e io ho già il mio daffare per sprecarle in questa maniera – sentenziò l’inglese.
- Ma è più forte di me, Harriet. Quando vedo qualcuno fare il prepotente con qualcun altro mi viene una gran voglia di dargli una bella lezione e, a meno che la cosa non sia personale, evito sempre di farmi coinvolgere direttamente in sterili discussioni. Credo sia molto più divertente guardare le loro facce quando gli combino qualche scherzo -
Kenneth le ammiccò.
- Santi Numi, Harriet, dovevi vedere la faccia di Cécile quando l’auto è collassata su se stessa -le labbra di Kenneth divennero sottilissime quando questi trattenne le risa che gli affioravano in bocca, anche in quel drammatico frangente.
- E comunque, non credo che la storia andrà avanti ancora per molto, e questo a dispetto del mio caratterino - fece con una certa aria di mistero l’inglese.
- Ma questo suono è il tuo telefono? - 
Harriett stava cercando di capire dove l’inglese volesse andare a parare, ma dopo la sua ultima frase si rese conto della suoneria del cellulare. Vedendo dal display chi la stava chiamando era indecisa se rispondere subito, ma alla fine portò il telefonino all'orecchio.
- Noah? – rispose, guardando Kenneth come per avvertirlo, ma notò che l'inglese stava assumendo una strana espressione.
Difatti, quasi contemporaneamente alla suoneria del cellulare di Harriet, a Kenneth era parso di sentire anche una voce infantile. Lì per lì non ci aveva fatto molto caso, ma poi si era fatta via via sempre più distinta. Kenneth avvertì chiaramente che quella voce non proveniva da una direzione in particolare, ma sembrava venire da ogni dove, fino a diventare chiaramente il mugolio di un bimbo che piange.
Non di nuovo, ti prego non di nuovo! 
Sgomento, l’inglese voltò lo sguardo a destra e a manca.
- L-lo senti? – cercò il sostegno di Harriett. Stava succedendo di nuovo. Ma stavolta, lo sapeva, non era solo e sapeva chi era il diretto responsabile di quanto stava accadendo. Doveva solo resistere, aspettare che finisse.

All'altro capo, il ragazzo sorrise istintivamente.
- Ciao Harriett, come vanno le ricerche? Io qui ho qualche novità e un paio di problemi - esordì.
- Le ricerche? Veramente ho dovuto interromperle, è sopraggiunto un problema anche qui -
Disse facendosi seria. Mentre parlava non toglieva gli occhi da Kenneth, avrebbe voluto aiutarlo ma non aveva la più pallida idea su come fare.
- Infatti non so se potrò venire in tempo dopo, credo che ci sarà solo Lux -
Mentre aspettava che Noah riprendesse a parlare si chinò su Kenneth per cercare di distrarlo, di fargli mantenere la concentrazione su qualcos'altro. Gli schioccò le dita davanti al viso, 'Resisti' gli mimò.
- Uhm - mugugnò Noah.
- Non per sminuire i tuoi problemi, ma dubito che possano competere con altri due studenti ringiovaniti dal nostro Mr. Price. In realtà mi chiedevo se Mark non ti avesse per caso insegnato quel trucchetto della runa e del pugnale, vero? –
- Cosa? Chi è stato ringiovanito?" scosse la testa, avrebbe chiesto poi i particolari.
- Sì, credo di ricordare il disegno - disse sospirando – Tuttavia non me la sento di prendere un coltello e usarlo come una matita sulle braccia di un bambino. In ogni caso Mark ti raggiungerà
insieme a Lux lì alla caffetteria, io… - lanciò un occhiata preoccupata a Kenneth. 
- Io vi raggiungerò appena possibile. Ciao -
E senza aspettare un'eventuale risposta da Noah, chiuse la comunicazione.
- Kenneth? Ehi, tutto ok? - 
Stupida, stupida, stupida!

Dapprima il pianto era stato come un disco in dolby theatre, come un pensiero troppo acuto, un suono etereo, avvolgente, irriconducibile ad una qualsiasi direzione fisica. Ma poi, mentre Harriett parlava con Noah al telefono, quella vocina sottile aveva cominciato a farsi più reale, fino a dare la netta impressione di provenire da un qualche punto preciso della stanza.
Era quell'angolo a destra, accanto alla finestra? Forse quella fila di armadietti allineati alla parete? Poteva davvero un pianto di bambino provenire da un banale armadietto? Ed il suo pianto era diverso ora. Se vi si fosse prestata attenzione, forse si sarebbero potute distinguere perfino delle stentate, flebili parole.
- Tutti..
- Via tutti...
- Sola...
Con la mano tremante, infine, Kenneth indicò ad Harriet l’armadietto lì, all’angolo, accanto alla
porta. Meccanicamente, con gli occhi sbarrati, l’inglese si alzò dal letto e lentamente si avvicinò
all’armadietto. Quella voce che, piagnucolando, chiamava ossessivamente il suo nome, sembrava provenire da lì, dall’interno di quel dannato armadietto. Posò tremante la mano sulla maniglia del mobile, si volse un attimo a guardare Harriet e poi, tornato con lo sguardo all’anta, piano, l’aprì.
L’espressione che assunse l’inglese fu spaventosa. Il ragazzo impallidì improvvisamente mentre si proiettava all’indietro, come a sfuggire da qualcosa, o qualcuno. Urlò in preda al terrore mentre una larga macchia rossa e densa si formava sul pigiama che stava indossando, all’altezza del petto.
Kenneth ricadde a sedere a terra mentre con occhi sbarrati continuava a fissare l’interno vuoto del suo armadietto, vuoto, a parte i vestiti che quella mattina indossava a scuola, mentre mormorava ritmicamente che doveva andarsene subito da lì e che Noah gliel’avrebbe pagata.
La macchia rossa, sul petto dell’attonito Kenneth, aveva preso a fumare.
- Oddio! -
Solo alla vista di Kenneth delirante, ferito e riverso a terra Harriet finalmente reagì. Per tutto il tempo era rimasta ad osservarlo attonita, senza decidersi sul cosa fare o cosa pensare, se dannare Noah, o dare due ceffoni a l'inglese per farlo riprendere, se chiamare i dottori, niente! E anche ora che si trovava china sul ragazzo a terra le cose non miglioravano.
Sì alzò decisa a chiamare un dottore, ma non fece in tempo ad affacciarsi alla porta che il Dottor McCauley era già entrato nella stanza seguito da un paio di infermiere.
- Cosa è successo? -
- Io... io... Lui... – balbettò la ragazza, incapace di dare una spiegazione sensata.
Cosa diamine avrebbe mai potuto dirgli? Che degli spiriti lo stavano ossessionando con visioni terrificanti? L'avrebbero presa per pazza e comunque, questa volta sembrano essersi spinti oltre, a meno che lei non stesse diventando effettivamente pazza! Continuava a cercare
qualcosa di intelligente da dire, una soluzione, qualcosa che potesse aiutarli, ma alla fine si limitò a dire che non lo sapeva, che un attimo primo stava parlando normalmente e un attimo dopo era disteso sul pavimento.
- D'accordo signorina, esca per favore - 
Il medico, senza voltarsi, le fece un cenno sbrigativo. Una delle due infermiere la scortò nel corridoio e sparì subito dopo dalla sua vista. 
- No! - urlò l’inglese - Niente dottori! Niente dottori! Harriet! Harriet non andartene! -
Gli appelli di Kenneth si spensero dietro la porta che si era richiusa dietro la ragazza e quel mastino che in quel dannatissimo ospedale si ostinavano a chiamare infermiera.
- Bene! - fece il dottore - Adesso sta’ calmo ragazzo. Va tutto bene! – aggiunse mentre faceva un cenno all’infermiera rimasta.
- Ora permetti alla signorina Higgins di aiutarti a rimetterti sul letto - fece mentre egli stesso si
accingeva a sostenere il ragazzo.
- Non toccatemi! - ringhiò il ragazzo mettendo le mani avanti. I due si bloccarono ma, dopo essersi scambiati uno sguardo d’intesa, contemporaneamente si fondarono sul ragazzo e avendolo afferrato, lo misero di forza sul letto.
- Se non la finisci di fare tutte queste storie - minacciò il dottore - Sarò costretto a
somministrarti un sedativo molto meno blando di quello che ho in mente di darti, ci siamo intesi? -
Kenneth si irrigidì.
Di certo, non aveva alcuna intenzione di farsi iniettare in corpo alcunché ma c’era poco da fare.
Davanti alla cattiva sorte, doveva fare buon viso a cattivo gioco per cui, annuì lentamente. Quello che voleva era che quell’idiota del dottore e quell’arpia dell’infermiera se ne andassero al più presto possibile e che Harriet facesse tornasse dentro. L’aiuto della ragazza andava facendosi sempre più determinante.
Così, mentre ormai la macchia di sangue sul suo petto, macchia che ne il dottore ne l’infermiera avevano minimamente scorto ma che Harriet, con somma sorpresa di Kenneth, aveva ben visto, Kenneth si lasciò iniettare il sedativo mentre chiedeva ansiosamente notizie della ragazza. 
- Tranquillo! E’ qui fuori, devi averle fatto prendere un colpo - gli rispose il dottore mentre l’infermiera, da perfetta deficiente, annuiva convulsamente.
Ma che razza di discorso era? Credevano che lui si fosse divertito? Se avessero visto quello che lui aveva visto, a quest’ora non avrebbero avuto quell’espressione idiota stampata in viso! Non importava. Anche questo sarebbe andato a finire sul conto di Noah e Cécile Mayfair. Un conto molto salato.
Quando il dottore e l’infermiera uscirono, il primo si fermò da Harriet.
- Ha chiesto di te - fece laconico - Gli abbiamo dato un sedativo piuttosto blando ma sufficiente a tenerlo buono. Comunque, se non vuoi andare, non te ne devi rimproverare e vedrai che, anche lui, capirà. Comunque, se decidi d’entrare, non trattenerti molto. Deve riposare. Non so cosa gli stia succedendo ma di sicuro ha bisogno di riposo -
Detto questo, si allontanò lasciando Harriet sola davanti la porta chiusa della stanza di Kenneth.
Io lo ammazzo.
Questa era l'unica frase ben chiara nella testa di Harriet. In quei pochi minuti (ogni secondo le era sembrato un'ora) aveva pensato e immaginato di tutto, ma ciò che dominava era il progetto dell'omicidio di Noah Mayfair. E magari anche di Kenneth.
Rimase a fissare la porta per qualche instante ancora, ripensando alle parole del dottore. Aveva parlato di un sedativo ma poi non aveva aggiunto altro, non aveva parlato di emorragie o di sangue in generale, perché? Si era agitata così tanto da aver avuto un'allucinazione? Sì alzò con un sospiro ed entrò nuovamente nella stanza dell'inglese.
E trovò questi ritto a sedere sul letto e in procinto di scendere. Non poté fare a meno di notare che il ragazzo indossava lo stesso pigiama di pochi istanti prima, benché privo anche della più misera traccia di sangue.
- Sei qui – osservò Kenneth, palesando con il suo tempismo l’effetto del “blando” sedativo.
- Capisci adesso, perché non voglio rimanere qui un minuto di più? Vorrei che tu mi aiutassi ad andarmene, ma se non vuoi ti capisco, non preoccuparti - e così dicendo scese dal letto rizzandosi in piedi. Barcollò, ondeggiò leggermente e poi, con rassegnazione si riappoggiò al letto. 
Blando ‘sto gran...
- Comunque, io me ne andrò di qui, anche senza il tuo aiuto - affermò risoluto, tentando di assumere una postura eretta quantomeno dignitosa.
Harriet aggrottò la fronte osservando il ragazzo, il suo pigiama e l'assenza della macchia di sangue. Se l'era immaginata? Poi si sedette decidendo di rimandare a dopo la domanda. Non era sicura che andarsene di lì fosse una giusta soluzione, tuttavia, se l'idea che si era fatta di Kenneth in quei giorni era esatta, l'inglese non si darebbe dato per vinto facilmente e avrebbe provato ad evadere comunque. Cosa poteva fare? Assecondarlo? Aiutarlo ad evadere? Sarebbe stato difficile con l'ospedale che (ovviamente!) pullulava di medici, infermiere e di gente in generale.
Trattenendo un sospiro si sforzò di sorridere. 
- Andiamo Kenneth! E dove vorresti andare conciato così? E' impossibile evadere da questo posto, io ci ho provato una volta quando avevo sei anni, dovevano farmi gli esami del sangue e... sto dicendo un sacco di sciocchezze –
Scosse la testa.
- Scusa, lascia perdere, il punto è che intontito come sei e senza un mezzo di trasporto parcheggiato qui fuori non potremo andare molto lontano! L'unica soluzione è aspettare che ti dimettano, ma dubito che la cosa sia tanto semplice –
Guardò Kenneth dispiaciuta, sperando che avesse capito.
- Se c'è qualcos'altro che posso fare per te dimmi pure, ma non chiedermi di aiutarti ad evadere anche perché, ad essere sincera, credo che tu sia più al sicuro qui, ben accudito e sotto controllo – 
A quel punto si blocco, congelata dalle sue stesse parole. Le era sorta una nuova domanda. Perché effettivamente Kenneth voleva lasciare l'ospedale? Semplice allergia? O aveva forse intenzione di fare qualcosa di più specifico?
Kenneth l’aveva lasciata parlare senza mutare in alcun modo l’espressione del suo viso. Fredda ed inespressiva. Harriet poteva dire quello che voleva. Lui non l’avrebbe di certo zittita, non ne aveva il potere del resto, ma per quanto lo riguardava, lui se ne sarebbe andato da lì. Subito!
Sempre mentre Harriet stava parlando, Kenneth si diresse barcollando verso l’armadietto ancora spalancato, dov’erano i suoi vestiti. Si era tolto la blusa del pigiama. Non era suo. Glielo avevano fatto indossare quelli dell’ospedale. Era uno di quelli riservati ai John D della situazione.
Stava indossando, appoggiato all’armadietto, la sua camicia e aveva già afferrato il gilet giallo limone, quando Harriett gli fece finalmente la domanda che si era tenuta dentro sino a quel momento. 
- A proposito, perché hai tutta questa fretta di uscire? Cosa avresti intenzione di fare una volta
uscito di qui? -
Kenneth smise di vestirsi puntando, alla domanda della ragazza, i suoi occhi freddi ma decisamente espressivi in quelli di lei.
- Farla pagare a Noah e Cécile Mayfair, ovviamente! Che altro? -
 

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