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Il Succube

Autori: Luca e Giuditta
Personaggi: Daniel, Alexis, Mr. Kerovitch, Erica.

Daniel la guardò perplesso per qualche attimo, sorvolando sulla piccola dimostrazione di magia, e sulla sua sfuriata con Erica. Ma l'idea della compagna non sembrava affatto male.
- Ehm... Alexis? Abbiamo speso quasi un'ora per rifare quella sfera, ti assicuro che non è colpa sua se non riusciamo ad evocarlo. Forse è semplicemente troppo debole adesso, oppure si nasconde – 
Tacque per un po’, rielaborando la situazione e la proposta dalla ragazza.
- Comunque l'idea dello specchio è ottima, ma è molto pericolosa. Potresti dover affrontare il tuo riflesso, prima di poter evocare quell'essere - affermò con aria grave - Sicura di volerlo fare? -
Alexis aveva una strana luce negli occhi.
- Pensi che mi faccia paura? Il peggio che mi può succedere è rimanere dentro lo specchio –disse come se stesse per raccontare una barzelletta. Entrarono dentro casa e Alexis prese il suo libro nero, e si mise a cercare.
Daniel non riusciva a trattare l'argomento con tanta leggerezza. Le storie di gente intrappolata nelle pietre, nei fiumi e negli specchi non avevano numero. E troppo spesso erano vere. Ad ogni modo loro avevano un lavoro da fare. Mentre Alexis cercava qualche incantesimo adatto, lui afferrò lo specchio che aveva in salotto e lo portò fuori, poggiandolo sulla grande pietra piatta.
Non era molto grande, ma abbastanza perché Alexis ci scivolasse dentro come in una sorta di piccola piscina. Erica avrebbe scalciato e sbraitato, ma quella era l'ultima delle sue preoccupazioni. Quando rientrò in casa, Alexis aveva in volto un sorriso trionfante.
- L'ho trovato! Serve solo una pozione da versare sullo specchio - disse, saltellando allegramente dal divano al ripiano della cucina. Lui le rispose con un debole sorriso, ma poi l'aiutò a raccogliere le erbe e a pestarle, mischiarle con l'acqua salata ed un po' di sabbia. Una bella fiammata, e l'intruglio era pronto. Il risultato era una poltiglia viscosa e granulosa, simile a oro liquido.
- Ecco! Com'era quella formula? - chiese lei, affrettandosi verso l'esterno. Dio! Come sembrava impaziente di farsi pestare, pensava Daniel, che aveva la mente invasa da pessimi, pessimi presentimenti.

Falling sand beneath my feet,
Let me pass through out the line,
Make this glass turn out in water,
Then I'll get the other side!

I due ragazzi ripeterono la formula finché la superficie dello specchio cominciò a dare segni di vita. Dapprima tremolo appena, quindi prese ad ondeggiare ed incresparsi come in preda ad una debole corrente. Daniel provò a passarci sopra la mano, ma le sue dita attraversarono quel minuscolo laghetto argentato, comunicandogli una singolare sensazione di gelo e di vuoto. La porta era pronta.
- Ok, hai qualcosa come una decina di minuti - valutò il ragazzo - Poi lo specchio vi inghiottirà entrambi per l’eternità - l'avvertì.
Alexis lo guardò con aria paziente, gli si avvicinò e gli pose le mani sul petto. 
- Non preoccuparti. So quello che faccio, non ho intenzione di lasciarti qui da solo - lo guardò ancora per un attimo, prima di baciarlo. un bacio dal sapore speciale. Un misto di saluto e di
addio, di promessa e di avvertimento. Per un secondo, Daniel credette davvero di potersi mettere a gridare. Perché la stava lasciando andare? Perché doveva farlo lei?
Invece rimase li a guardarla. La guardò spingere Erica a forza dentro il portale, la guardò scivolare all'interno con la sua grazia da ballerina, le restituì lo sguardo amorevole che gli stava rivolgendo, e quindi la guardò un'ultima volta, prima che svanisse nello specchio.
Dopo qualche secondo, Daniel pose le mani sulla cornice dello specchio, e riuscì ad avere qualche impressione confusa. Stavano bene e si stavano guardando intorno, un po' disorientate. Alexis stava già preparando l'evocazione, quindi si rilassò e pensò di tornare in cucina a prendere la sfera. Avevano deciso che l'avrebbe tenuta lui, in caso ci fossero stati problemi là sotto. Così fece per voltarsi, e soffocò un urlo.
- L'unico problema che io vedo sei tu, ragazzo - 
La voce baritonale che gli parlava non era poi tanto spaventosa. Molto di più lo era il colpo in pieno viso, che lo aveva mandato a rotolare sull'erba.

Alexis era ormai dentro lo specchio. Una lacrima rigò finalmente il suo viso, ora che non doveva più trattenersi per il bene di nessuno. Sapeva, o per lo meno sentiva, che non avrebbe mai più rivisto Daniel. Non in questa vita.
Solo bianco intorno a lei e Erica, una sensazione di vuoto e disperazione circondava le due ragazze. Alexis si guardava intorno, acuendo i suoi sensi ed aspettando il momento giusto, quando Erica riuscì a liberarsi dai sigilli di Alexandra. Afferrò Alexis per la gola, ma la ragazza si difese con un semplice incantesimo, per poi guardarsi intorno come se si fosse appena distratta nel bel mezzo di un agguato. La sensazione era proprio quella.

Un fiume di scintille rosse e dolorose gli invadeva la vista. Gli sembrava di essere stato preso a sprangate, ed invece era stato solo un semplice pugno. Tuttavia si fece forza sulle braccia, cercando di rialzarsi dall'erba e di sollevare il volto verso il suo aggressore. Non riconobbe immediatamente quel viso biancastro, che sembrava truccato con il cerone. E gli occhi completamente neri non lo aiutavano di certo. Ma poi ricordò i volti sui giornali del giorno
prima, e rimase allibito. 
Kerovitch! Il Detective delle indagini!
L'uomo indossava un completo scuro e inamidato, impeccabile, ed i suoi modi erano sicuri e pacati. Non era come gli altri. Era lui.
Per forza nessuno aveva mai scoperto un accidente! pensò Daniel.
- Immagino che tu conosca questa faccia - gli disse, mentre la sua pelle ed i suoi occhi riacquistavano un colorito normale. Gli occhi grigi e severi del Detective in pensione scrutarono il giovane con aria derisoria. Poi il ghigno malefico deformò del tutto il volto umano, che tornò immediatamente alla sua forma naturale. Improvvisamente il ghigno scomparve. L'essere avanzò a passo deciso, afferrandolo per il collo e sollevandolo da terra. 
Daniel cercò di divincolarsi, ma era inutile: quella stretta era ferrea e perfino i suoi poteri sembravano inutili. Per forza: si stava nutrendo di lui!
Al diavolo, se non funzionano su di lui, funzioneranno su di me!
Caricò il proprio corpo di energia, tese i dorsali e lasciò che la forza esplodesse nella sue braccia. Riuscì a spingere Kerovitch indietro di un paio di passi, mentre lui finiva di nuovo gambe all'aria sull'erba. Dolorante, ma libero!
Attese che l'uomo si fiondasse su di lui, e levitò portandoglisi alle spalle. Si sollevò di nuovo, e lo colpì a piedi uniti fra le scapole, mandandolo carponi. Quindi si lanciò verso la cucina, verso la sfera!

Nel momento stesso in cui Daniel agguantava la sfera, il suo nemico varcava la soglia del cottage. Ma ormai era troppo tardi. Il ragazzo si voltò e puntò il cristallo al petto dell'essere proprio mentre questi si lanciava su di lui. Ci fu un attimo di silenzio, un flebile sussurro, poi crollarono entrambi in ginocchio sul pavimento.
Daniel taceva, gli occhi azzurri che viravano al violetto per il potere che scorreva in lui, la mano che brandiva la sfera piantata come un paletto nel petto del mostro. Sembrava una piccola stella.
Kerovitch invece gridava. Un ruggito stridente e animalesco, il grido di chi ha vissuto più di una vita mortale, e capisce che qui e ora la sua vita sta avendo fine. Lampi scarlatti di luce solida erompevano dalle braccia del succube, dalla schiena, dal petto e dagli occhi. Sfrigolavano nell'aria per poi lasciarsi assorbire dalla sfera, e ogni tanto, dagli occhi sbarrati e assenti del ragazzo.
Il demone si stava consumando. Il suo viso perdeva consistenza, e le sue braccia assumevano l'aspetto di lunghi rami rinsecchiti, mentre il corpo avvizziva e s'incurvava, svuotato. In un ultimo, disperato tentativo, l'essere sollevò gli artigli come a cavare quegli occhi vacui e iridescenti, ma fu il suo ultimo gesto. L'espressione di Daniel cambiò impercettibilmente. Assunse un tono duro e affilato, mentre il guscio vuoto davanti a lui esplodeva letteralmente verso l'esterno, imbrattando il pavimento e la porta del cottage, il suo volto, i suoi vestiti e perfino l'erba.
Il ragazzo era ancora in preda all'estasi della sfera, quando i resti del demone cominciarono a seccarsi, assumendo l'aspetto di una cenere sabbiosa e rossiccia. Ma, per quanto Daniel fosse stordito, non poté non notare quello che successe dopo. La cenere si scosse e mulinò nell'aria, componendo i tratti del volto che era appartenuto a Kerovitch. E gli parlò.
Lui... Lui voleva... lui mi ha dato.. la fame!
Poi più nulla. Il ragazzo scattò in piedi ma le ceneri si dissolsero come se nulla fosse accaduto, mentre un grido disperato riecheggiava nell'aria e lo spettro del succube svaniva. Daniel si chiese che cosa avesse voluto dirgli, e se sarebbe tornato. Poi s'impietrì. Alexis! Alexis era ancora nello specchio!
Con la sfera stretta in pugno, si lanciò verso il cerchio di pietre. Cadde in ginocchio davanti allo specchio e afferrò saldamente la cornice, concentrandosi il più possibile. Niente. Assolutamente
nulla. Non riusciva a vederle, non c'erano emozioni o sensazioni, non sentiva palpiti o movimenti. Il vuoto più totale. Spalancò gli occhi, alzandosi in piedi sulle gambe incerte, mentre il labbro inferiore gli tremava e le mani salivano a tenergli le tempie. Poi si calmò. Chiuse gli occhi e serrò le labbra prendendo un lungo respiro, facendo il punto della situazione. Aveva la sfera. Aveva il suo potere, e aveva ancora la sabbia. Avrebbe aperto un altro portale.

Falling sand beneath my feet,
Let her pass through out the line,
Make this glass turn back in water,
As she can return this side!!

Go and fly,
And find her lips,
Guide her soul,
Until my hands!!

Modificò e raddoppiò la formula perché servisse allo scopo inverso, e la ripeté fino allo sfinimento. Era convinto di riuscire a riportarla indietro, e ci provava con tutte le sue forze, ma non bastava. Improvvisamente, tutto cessò. Avvertì distintamente il flusso energetico che s'interrompeva, mentre lo specchio tornava del tutto normale. Il tempo era scaduto: non c'era più niente da fare. Rimase immobile, incredulo, per qualche secondo. Poi con un urlo disperato gridò il nome di lei, infrangendo la sfera contro lo specchio senza nemmeno pensarci. L'esplosione fu immediata.
Daniel urlò, coprendosi gli occhi con le mani, mentre, per l'ennesima volta quel giorno, rotolava sull'erba. Quando alzò lo sguardo, le due ragazze erano lì. Erano abbracciate,
sdraiate fra le pietre, e non davano segni di vita. Scattò in piedi e si lanciò su di loro, incurante del bruciore agli occhi e alle costole. Loro erano li! Ed erano solo svenute! Ce l'aveva fatta!
Abbracciò Alexis, e la tenne fra le braccia qualche secondo, mentre sia lei che erica si svegliavano.
- Ben tornata - le disse dolcemente.

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