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Il Canto delle Spezie

Autori: Linda, Luca e Marco
Personaggi: Tilo, Daniel, Kenneth

Ormai quel piccolo casolare stava diventando la sua fissa dimora. Ci passava praticamente tutti i fine settimana, la maggior parte dei pomeriggi, e ovviamente tutto il tempo dedicato al lavoro con Shamathy e gli altri cavalli. Aveva finito per portarci una copia di tutti i suoi libri preferiti, perfino di quelli più "particolari", materiale per i compiti, e una valanga di film. Mancava solo un impianto home theatre decente, e avrebbe potuto trasferircisi definitivamente, anche se sapeva che sua madre non avrebbe fatto i salti di gioia.
Comunque, per il momento, gli bastava potercisi rifugiare quando ne aveva bisogno. Come adesso per esempio.
Daniel si portò istintivamente una mano all'altezza della tasca del giubbino, avvertendo una strana sensazione di pace quando le sue dita toccarono il rigonfiamento del sacchetto di zenzero. Percorse quasi febbrilmente gli ultimi gradini di pietra del vialetto, aprì la porta
ed entrò in casa. L'atmosfera familiare e pacifica fu una panacea per scrollarsi di dosso insicurezze e strane sensazioni. Si tolse il giubbino, abbandonandolo su una sedia, e posò il sacchetto di Tilo sul ripiano della cucina.
Cosa gli aveva detto?

Questo è zenzero, radice di contorta saggezza. Lavalo per tre volte in acqua e calce e taglialo poi a fettine sottili, sottili quanto la cortina tra la veglia e il sogno. Infine gettalo in una pentola
d'acqua bollente. Lascia che il vapore della pentola ti avvolga, ti aiuterà a trovare la giusta via da percorrere...

Ovviamente Daniel non aveva della calce in casa, ma ci vollero solo pochi minuti per recuperarla dal Box, con un ringraziamento al suo previdente fratellone. Estrasse le foglie ancora di un verde brillante dal sacchetto di cellophan, e le lavò sotto l’acqua corrente del rubinetto. Dopodiché veniva la parte più difficile. Non sapeva se “ sottili quanto la soglia fra la veglia e il sonno” fosse solo un modo di dire, ma decise che fosse meglio non rischiare.
Quindi si concentrò, lasciando scorrere il proprio potere dalla sua mente lungo la spina dorsale, le spalle, le braccia. Lo fece scendere sino al polso, lo raccolse nel palmo della mano destra e fra le dita, immaginando di solidificare nell'aria la propria energia psichica. Prima come un guanto invisibile, poi come morbidi tentacoli, e infine come lame affilate. A quel punto impose la mano sulle foglie, e le vide separarsi in lamelle sottili, trasparenti come carta velina.
Alice sarebbe stata fiera di lui. 
Con un gesto fece fluttuare le lamine e le lasciò cadere dolcemente nella pentola d'acqua, messa a bollire prima ancora di andare a prendere la calce. Lasciò le foglie in infusione per qualche minuto, dopodiché spense il fuoco, prese la pentola e la poggiò sul tappeto del salotto, sedendosi davanti a gambe incrociate. Chiuse gli occhi e sporse il viso in avanti, inspirando a fondo gli aromi dell'infuso.
Ok, maga delle spezie, pensò. Adesso fammi vedere un po' di magia.

Nel suo negozio in città, Tilo era seduta nella classica posizione del fiore di loto, le mani davanti a se, polso contro polso mentre le dita di ciascuna mano formavano un cerchio con il pollice e l'indice uniti. Spalancò gli occhi.
Le spezie iniziarono ad agire nel cottage di Daniel. Quello che prima era solo un leggero vapore acqueo dovuto al raffreddamento della pozione di zenzero ora si stava intensificando e in tutta la stanza andava diffondendosi una nebbiolina bianca e aromatica.
Avvolgeva gli oggetti facendoli quasi sparire dalla stanza, tutto quello che c'era attorno a Daniel stava pian piano scomparendo, le pareti, i quadri, le tende, i mobili l'arredamento, qualsiasi cosa!
- Non avere paura, abbandonati alle spezie, non avere paura Daniel – mormorò Tilo, come parlando a sé stessa.

Il Vapore aveva ormai saturato la stanza, e finalmente cominciava ad avvolgere anche il corpo di Daniel, fin dalle ciglia, denso e nebbioso tanto che il ragazzo non riusciva a vedere altro. Vapore e odore selvatico simile a quello del bambù spezzato e masticato, un odore che sarebbe rimasto a lungo tre le pieghe dei suoi abiti.
Poi una voce vitale e molto sciolta irruppe nella stanza, un canto di libertà che non proveniva da un punto preciso della stanza anche se proveniva da qualsiasi punto.

Io sono lo Zenzero dorato, che è stato usato dal guaritore Charak per riaccendere la fiamma della vita che brucia lenta nel ventre, spezia del giallo mercoledì giorno di riposo giorno di meditazione, il giorno della madre.

Terminato il canto, il cottage cadde in un greve silenzio, tutto sembrava immobile, fino a quando la nebbia che pesava sulle ciglia di Daniel si dissolse e il ragazzo poté finalmente aprire gli occhi. Ma quello che gli si parava davanti era un posto completamente sconosciuto, senza dubbio una delle visioni più reali che si potessero mai avere, ogni dettaglio ogni oggetto, ogni minuzia era ben delineate precisa uno scopo preciso.
Comparvero delle persone, la loro pelle era scura, i vesti erano strani seppure in qualche modo familiari. Una coppia di signori anziani parlavano fitto fitto tra loro; del discorso si riusciva a capire ben poco, quella che usavano non era una lingua che Daniel conosceva, eppure riusciva
a comprenderla perfettamente.
- E’ strana, fa paura!-
- I suoi poteri... -
- Proteggerla? Ma come? -
- Gli altri bambini sono intimoriti, il capo villaggio vuole allontanarla - 
All’improvviso i due si zittirono, notando l’arrivo di una bambina. Era piccola, aveva si e no quattro anni, i capelli erano legati e aveva il viso tutto sporco di fango, gli occhi erano di un intenso verde giada, stava per mettersi a piangere. 
- Mi hanno spinto in una pozza, dicono che sono cattiva - disse la bimba sul punto di mettersi a piangere ma i due non anziani non la degnarono di uno sguardo, la donna le disse sommessamente di andarsi a lavare perché presto sarebbe stata servita la cena.
Daniel assistette a molte altre scene simili, ma vide anche le rivincite prese dalla bambina, vide lo svilupparsi dei suoi poteri e della sua fama di successo della sua arroganza ma anche della sua solitudine e del suo bisogno di affetto, vide infine la sua notorietà crescere fino a giungere all'orecchio di colei che avrebbe avuto il potere di cambiarle per sempre la vita. Aparajita una maga delle spezie.
Daniel stette lì a osservare l'arrivo di Nayan Tara sull'isola della Prima Madre, accompagnata dai serpenti marini, i suoi più cari amici, quella spiaggia dalla sabbia bianchissima, così lucente da dar quasi fastidio agli occhi, l'acqua argentea che placidamente circondava tutto, e gli
alberi di un intenso verde smeraldo una vegetazione lussureggiante come ormai non se ne vede più nel nostro stanco e vecchio mondo. 
Una miriade di uccelli si alzarono in volo, e le loro piume avevano le più vivaci e sgargianti sfaccettature, e fu mentre la piccola bimba stava lavandosi gli occhi in una simile visione, che comparve accanto a lei la Prima Madre.
- Chi sei tu, e perché sei qui? - chiese immediatamente con una voce dolce ma imponente allo stesso tempo.
La bimba guardò il volto della signora, era candido e puro, e il suo sorriso scacciò ogni istinto di sfida dal cuore della piccola. 
- Sono qui per imparare, se voi deciderete che io possa farlo. Non ho un nome - rispose.
La Prima madre prese le mani della bambina nelle sue e le osservò a lungo, palme morbide e dita affusolate. 
- Hai delle mani eleganti, tuttavia non sono adatte per una maga delle spezie. Troppe fessure tra le dita, non riusciresti a contenerle, le faresti cadere, però - disse scrutando meglio - Tu hai il potere, tu puoi sentire il canto. Sei la meno adatta questo è vero, ma potresti diventare la migliore - concluse la signora chiudendo le mani della piccola dentro le sue.
E in quel momento Daniel sentì il proprio cuore riempirsi di calore e di gioia, si sentiva protetto, al sicuro, e realizzato, proprio come la bambina sulla spiaggia.

Nel suo negozio, Tilo si abbandonò dolcemente sui cuscini, lo sguardo perso nel vuoto, ma il volto illuminato da un lieve sorriso. Daniel doveva capire, doveva capire. Era l’unico modo, era la sua natura.

La nebbia cadde nuovamente sui suoi occhi, e non riuscì ad andare oltre nella visione. Il calore svanì del tutto, come ingoiato dalle stesse tenebre che ora avvolgevano ogni cosa. A Daniel sembrò quasi che il gelo gli penetrasse fin dentro l'anima, come una lama fatta di amarezza e
solitudine, ma tenne duro finché la sensazione non cominciò ad affievolirsi, permettendogli di vedere di nuovo.
Tilo e l'isola erano definitivamente scomparse. Ora Daniel si trovava in un ampio salone pavimentato in marmo, con un camino enorme che dominava una delle pareti, e spesse librerie stracariche di volumi a ridosso delle altre. L'unica parete quasi sgombra era quella finestrata, ma i vetri erano oscurati da pesanti tende scure. La stanza era fredda e buia, nonostante il fuoco scoppiettante. L'elemento più inquietante tuttavia era l'individuo che gli stava
davanti, un vecchio sottile e raggrinzito, curvo su di una sedia a rotelle. Daniel dovette sforzarsi per rendersi conto che l'uomo gli stava parlando.
- Ricordati che sei un Ash! E che sei qui per uno scopo preciso. Uno scopo che ha onorato la tua famiglia, e che da essa è stato onorato per generazioni -
Daniel era sconcertato, ma lo fu ancora di più quando si sentì rispondere a tono, senza poterci fare assolutamente nulla.
- Adesso risparmiami il solito sermone sul senso dell'onore.. -
- SILENZIO! - tuonò l'altro - Stolto! Cosa devo fare con te! -
Se questa era una visione, era decisamente diversa dalla precedente! Daniel cercò di ribattere, ma non riusciva a proferire parola. In effetti, si rese conto con orrore, non riusciva né a parlare né a muoversi, quanto meno non di propria volontà. Poi d'improvviso:
- Verrà il giorno in cui tu non ci sarai più, vecchio, e allora
cambieranno molte cose qui, in casa, e anche in città! Io... -
- Ti piacerebbe, non è vero? - gracchiò il nonno, ridacchiando sommessamente.
- Ma io sarò qui per molto, molto tempo ancora, nipote. Io guiderò la famiglia finché tu non ne sarai degno, io ti dirò cosa fare, e tu mi obbedirai! -
- Davvero? Beh! Ho una brutta notizia per te, vecchio! Kenneth Ash fa quello che gli pare e piace e non se ne starà certo qui a sentire un maledetto mucchio d'ossa che straparla. E se vuoi, sono pronto a dimostrartelo! -
In quel momento la stanza venne invasa da un calore soffocante, e il cuore di Daniel mancò un battito, terrorizzato da quello che avrebbe potuto vedere. Fu quasi grato quando tutto si fece rosso.
Il fuoco nel caminetto esplose letteralmente, avvolgendo la stanza in un cerchio di fiamme. L'uomo sulla sedia a rotelle svanì, ed enormi lingue di fuoco sembrarono invadere ogni cosa, ma forse tutto ciò accadeva soltanto nella mente di Daniel, perché poteva ancora udire chiaramente la voce del vecchio che lo derideva.
- Potere! Tu non conosci nemmeno il significato più superficiale di questa parola! - ringhiava, in risposta a qualche frase che doveva essersi persa nel crepitio del fuoco.
E in quell'istante due luci fendettero le fiamme come un laser, due luci di un azzurro intenso. Di nuovo Daniel si sentì attanagliare dal gelo e dalla paura. Le fiamme si dissolsero, e lui si rese conto che le due luci che aveva visto non erano altro che gli occhi del vecchio. Ora sembrava decisamente meno debole e indifeso, le fiamme si erano dissolte, il fuoco nel camino era estinto, e la cortina di ghiaccio che ricopriva il pavimento e le pareti, nelle immediate vicinanze della sua sedia a rotelle, chiariva chi possedesse davvero il potere fra quelle mura.
- Qualcosa di immensamente potente è entrato nella nostra sfera d'azione, qualcosa che non possiamo permetterci d'ignorare, come stanno anche a dimostrare gli avvenimenti di ieri, alla scuola, e all'attacco subito - rivelò l'uomo, con solennità ma anche con grande naturalezza. Daniel trattenne il fiato, mentre la sua stessa voce rispondeva:
- Tu sai -
Ma il vecchio lo ignorò.
- La loro intrusione deve essere repressa. Tu dovrai intervenire. Tu questa volta dovrai fare da baluardo tra loro e la città. Tra loro e l'oggetto che stanno cercando -
A quel punto Daniel si sentì sprofondare. Con uno strattone, che esisteva soltanto nella sua mente, venne separato brutalmente dal suo "ruolo" nella visione. Ora non la viveva più in prima persona, nel corpo di Kenneth, ed era in grado di vedere sia Ash Senior che Junior, l'uno davanti all'altro come due guerrieri stremati eppure orgogliosi. Ma Kenneth appariva vulnerabile e sconcertato come non l'aveva mai visto, nemmeno al cospetto del Primo.
Avrebbe voluto dire qualcosa, ma di colpo l'aria si fece greve e polverosa, e improvvisamente quella scena divenne lontanissima e inconsistente. Un'allucinazione?
Quando Daniel aprì gli occhi, questi gli dolevano per la troppa luce, e la gola gli bruciava. Si rese conto di essere ancora curvo sulla pentola ormai vuota, con il respiro affannato, il viso e il
collo madidi di vapore. Non riusciva a parlare, non riusciva a pensare. Si lasciò cadere sul pavimento, respirando avidamente, gli occhi spalancati. Il suo sguardo si perse fra le travi del soffitto, forse alla ricerca di una chiave di comprensione.
- Cosa devo fare adesso? -

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