[Stml11] [10.03 – Margret – Nuovi indizi]

Maddalena bryn.lwellelyn a gmail.com
Ven 12 Apr 2019 18:33:53 CEST


Scusate il ritardo.

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*USS Tokugawa – Ufficio primo ufficiale – 6 aprile 2399, ore 8.12*

Era quasi assurdo sperare di trovare qualcosa in quel groviglio informe 
di dati, questo fu il primo pensiero di Margret quando posò gli occhi 
sul display.

Era quasi sconcertante pensare quante navi potessero transitare avanti e 
indietro in un sistema in settantadue ore. A prima vista sembravano 
avere tutti ottimi motivi, o quantomeno motivi leciti, per essere lì. 
Navi commerciali, trasporti civili, navi private oltre naturalmente alle 
cinque navi della flotta intervenute alla cerimonia. Un totale 
decisamente troppo alto che, se non fosse riuscita a scremare in qualche 
modo, le sarebbe toccato controllare di fino, uno alla volta.

Come da istruzioni, la sua squadra aveva iniziato il proprio laborioso 
compito di controllo dei movimenti nel sistema. C’erano volute tre ore 
anche solo per rintracciare tutte le navi e associarle alle rispettive 
tracce di curvatura, almeno quelle ancora rilevabili. Per il resto si 
erano dovuti affidare ai registri di transito. Il che significava 
naturalmente che se qualcuno, anche solo il giorno prima, si fosse fatto 
un viaggetto nel sistema senza fornire un piano di volo ed eludendo le 
rilevazioni, c’erano scarsissime probabilità che loro venissero a saperlo.

Considerando che quelli erano esattamente i veicoli ad avere più chance 
di essere coinvolti, l’intera faccenda aveva un che di deprimente.

La donna sospirò e si appoggiò allo schienale dalla poltroncina, 
chiudendo gli occhi per qualche istante. La sua squadra stava lavorando 
egregiamente, come sempre, ma non pareva che si stesse arrivando a 
nessun risultato davvero conclusivo.

Il problema, tanto per nominarne uno, è che non avevano idea di cosa 
cercare. Chiunque avesse piazzato l’ordigno avrebbe potuto arrivare con 
una nave qualunque ed essere in attesa del primo trasporto per defilarsi.

Dopo l’attentato, era stato imposto un blocco su tutte le partenze, che 
tuttavia non sarebbe potuto durare per sempre. Il loro ipotetico 
terrorista forse aveva fatto il suo lavoro e se n’era andato ancor prima 
dell’esplosione, oppure avrebbe potuto essere ancora sul pianeta o su 
qualcuna delle navi presenti in orbita.

Margret si raddrizzò e premette il comunicatore.

“Margret a Mouri.”

=^= Qui Mouri. Dica, comandante. =^=

“Vorrei sapere se avete già condotto qualche analisi sulla fonte 
dell’esplosione.”

=^= Ci stiamo ancora lavorando. Perché? =^=

“C’è qualcosa che potrebbe aiutarmi a restringere il campo delle 
ricerche, ma non so se sia possibile scoprirlo a posteriori.”

Ci fu un istante di pausa, quasi il rumore di una scrollata di spalle un 
po’ perplessa dall’altra parte della linea.

=^= Abbiamo condotto alcune analisi preliminari. Dipende da quello che 
vuole sapere. =^=

“Per il momento mi basta. Ma preferisco non parlarne via interfono. La 
raggiungo.”

=^= Ricevuto. =^=

La comunicazione si chiuse. Margret si alzò e uscì dall’ufficio.

*USS Tokugawa – Laboratori scientifici – 6 aprile 2399, ore 8.25*

**

“Quello che mi interessa sapere è se avete identificato l’ordigno usato 
nell’attentato.”

Il laboratorio in cui Mouri e la sua squadra stavano lavorando, dava 
l’idea che ci fosse stata una seconda esplosione. Il che, considerando 
quanto poco si fosse ritrovato suo luogo dell’attentato, era 
sbalorditivo. In teoria il loro lavoro avrebbe dovuto consistere per la 
maggior parte nell’analisi delle tracce energetiche residue, dato che la 
causa fisica dell’esplosione non era stata ritrovata, per cui Margret 
non vedeva per quale motivo quel posto dovesse sembrare a sua volta il 
luogo di un disastro di qualche genere. Probabilmente, pensò, Mouri 
aveva portato a bordo tutto quello che potenzialmente avrebbe potuto 
mostrare qualche traccia energetica residua e su cui aveva potuto 
mettere le mani.

A quanto pareva, era parecchio.

“Non esattamente, no,” rispose l’ufficiale scientifico, scavalcando una 
pila di quelli che sembravano rottami. “Anche se ci siamo fatti un’idea 
di come hanno fatto ad ottenere un effetto così distruttivo.”

“Ah sì?”

“Beh, non è facile. Una semplice bomba ha un raggio d’azione limitato, a 
meno che non se ne usi una davvero potente. Ma in quel caso avrebbe 
spazzato via mezza città. No, chiunque sia stato, voleva ottenere un 
risultato altamente distruttivo ma localizzato.”

“E lei si è fatto un’idea di come avrebbero fatto?”

Mouri annuì e premette qualche comando su uno dei display a parete.

“Sono stati intelligenti, davvero. Hanno sfruttato una peculiarità dei 
condotti EPS in quella zona, che sono isolati da quelle delle zone 
limitrofe. Normalmente, in una città di queste dimensioni, i condotti 
energetici delle varie sezioni sono interconnessi, ma non qui.”

“E per quale motivo?”

“Ad essere sincero, non lo so.” L’uomo aggrottò le sopracciglia. “Ho 
fatto delle ricerche e sembra che in passato ci siano stati dei problemi 
strutturali di qualche tipo che hanno portato a questa scelta. Nella 
questione sono entrate anche varie strumentalizzazioni politiche 
dell’epoca che hanno reso tutta la faccenda inutilmente complicata e…”

“Va bene, ha reso l’idea.”

“In ogni caso, chiunque sia il responsabile, ha minato uno dei condotti. 
L’esplosione si è diffusa a tutta la rete in pochissimo tempo, ma è 
rimasta circoscritta ad un solo distretto.”

Margret inclinò leggermente la testa, le antenne che si piegavano in 
avanti, come in riflessione.

“Ma non ha senso.”

“No, infatti. Non sembra che si siano preoccupati di nuocere alla 
popolazione, per cui perché fare in modo di circoscrivere l’esplosione?”

“Già, proprio così.”

Per un attimo tra i due cadde un silenzio contemplativo, poi Mouri riprese.

“Cosa voleva sapere di preciso?”

La donna agitò una mano, come a scacciare un’idea. “Se l’esplosione 
avrebbe potuto essere stata attivata a grande distanza o con un timer. 
Ma immagino che non sia possibile…”

“Oh, no. L’attentatore doveva essere nelle vicinanze, in quel momento,” 
asserì l’uomo con assoluta sicurezza.

Margret parve stupita per un momento. “Ne è sicuro?”

“Certo. Vicino a quei condotti c’è troppa interferenza. Un segnale da 
lunga distanza sarebbe stato bloccato. E un timer avrebbe potuto essere 
danneggiato dai campi magnetici. No, l’attivazione deve essere stata 
diretta e da breve distanza. Perché voleva saperlo?£

“Perché questo significa che il nostro attentatore è morto. Oppure si 
trova ancora sul pianeta.”

*USS Tokugawa – Ufficio del capitano – 6 aprile 2399, ore 9.03*

**

=^= Hesse a Margret. =^=

“Qui Margret.”

=^= Puoi raggiungermi in ufficio?” =^=

“Arrivo subito.”

Quando la voce di Hesse la invitò ad entrare, Margret capì subito che 
c’erano brutte notizie in arrivo. Conosceva abbastanza bene il suo 
capitano da saper interpretare il suo tono preoccupato. Tuttavia, non 
disse nulla. Si limitò a sedersi nella poltroncina di fronte alla 
scrivania e ad attendere.

Non durò a lungo.

“Una notizia buona e una cattiva. Quale vuoi per prima?”

“La buona.”

“Hanno ritrovato Durston.”

Margret aggrottò leggermente le sopracciglia, sentendosi vagamente 
colpevole. “E chi sarebbe?”

Hesse le gettò un’occhiataccia. “Il primo ufficiale della Sengoku, 
disperso nell’attentato.”

“Sta bene?”

“Non direi. E’ in condizioni critiche, ma almeno è vivo.”

“Ne sono contenta.” Ed era vero, benché non si ricordasse affatto di 
quel tizio. “E la cattiva?”

“Hanno rivendicato l’attentato.”

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