[Stml11] R: [10.03 – Margret – Nuovi indizi]
Vanessa Marchetti
hazyel91 a gmail.com
Lun 15 Apr 2019 19:26:24 CEST
Io sì.. io sì XD ottimo brano Maddy.. apre a molte possibilità
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Tenente Comandante Francesca Alluso
Capo SEC/TAT
USS Tokugawa NCC-51868
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Da: Maddalena
Inviato: venerdì 12 aprile 2019 18:34
A: USS Tokugawa
Oggetto: [Stml11] [10.03 – Margret – Nuovi indizi]
Scusate il ritardo.
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USS Tokugawa – Ufficio primo ufficiale – 6 aprile 2399, ore 8.12
Era quasi assurdo sperare di trovare qualcosa in quel groviglio informe di dati, questo fu il primo pensiero di Margret quando posò gli occhi sul display.
Era quasi sconcertante pensare quante navi potessero transitare avanti e indietro in un sistema in settantadue ore. A prima vista sembravano avere tutti ottimi motivi, o quantomeno motivi leciti, per essere lì. Navi commerciali, trasporti civili, navi private oltre naturalmente alle cinque navi della flotta intervenute alla cerimonia. Un totale decisamente troppo alto che, se non fosse riuscita a scremare in qualche modo, le sarebbe toccato controllare di fino, uno alla volta.
Come da istruzioni, la sua squadra aveva iniziato il proprio laborioso compito di controllo dei movimenti nel sistema. C’erano volute tre ore anche solo per rintracciare tutte le navi e associarle alle rispettive tracce di curvatura, almeno quelle ancora rilevabili. Per il resto si erano dovuti affidare ai registri di transito. Il che significava naturalmente che se qualcuno, anche solo il giorno prima, si fosse fatto un viaggetto nel sistema senza fornire un piano di volo ed eludendo le rilevazioni, c’erano scarsissime probabilità che loro venissero a saperlo.
Considerando che quelli erano esattamente i veicoli ad avere più chance di essere coinvolti, l’intera faccenda aveva un che di deprimente.
La donna sospirò e si appoggiò allo schienale dalla poltroncina, chiudendo gli occhi per qualche istante. La sua squadra stava lavorando egregiamente, come sempre, ma non pareva che si stesse arrivando a nessun risultato davvero conclusivo.
Il problema, tanto per nominarne uno, è che non avevano idea di cosa cercare. Chiunque avesse piazzato l’ordigno avrebbe potuto arrivare con una nave qualunque ed essere in attesa del primo trasporto per defilarsi.
Dopo l’attentato, era stato imposto un blocco su tutte le partenze, che tuttavia non sarebbe potuto durare per sempre. Il loro ipotetico terrorista forse aveva fatto il suo lavoro e se n’era andato ancor prima dell’esplosione, oppure avrebbe potuto essere ancora sul pianeta o su qualcuna delle navi presenti in orbita.
Margret si raddrizzò e premette il comunicatore.
“Margret a Mouri.”
=^= Qui Mouri. Dica, comandante. =^=
“Vorrei sapere se avete già condotto qualche analisi sulla fonte dell’esplosione.”
=^= Ci stiamo ancora lavorando. Perché? =^=
“C’è qualcosa che potrebbe aiutarmi a restringere il campo delle ricerche, ma non so se sia possibile scoprirlo a posteriori.”
Ci fu un istante di pausa, quasi il rumore di una scrollata di spalle un po’ perplessa dall’altra parte della linea.
=^= Abbiamo condotto alcune analisi preliminari. Dipende da quello che vuole sapere. =^=
“Per il momento mi basta. Ma preferisco non parlarne via interfono. La raggiungo.”
=^= Ricevuto. =^=
La comunicazione si chiuse. Margret si alzò e uscì dall’ufficio.
USS Tokugawa – Laboratori scientifici – 6 aprile 2399, ore 8.25
“Quello che mi interessa sapere è se avete identificato l’ordigno usato nell’attentato.”
Il laboratorio in cui Mouri e la sua squadra stavano lavorando, dava l’idea che ci fosse stata una seconda esplosione. Il che, considerando quanto poco si fosse ritrovato suo luogo dell’attentato, era sbalorditivo. In teoria il loro lavoro avrebbe dovuto consistere per la maggior parte nell’analisi delle tracce energetiche residue, dato che la causa fisica dell’esplosione non era stata ritrovata, per cui Margret non vedeva per quale motivo quel posto dovesse sembrare a sua volta il luogo di un disastro di qualche genere. Probabilmente, pensò, Mouri aveva portato a bordo tutto quello che potenzialmente avrebbe potuto mostrare qualche traccia energetica residua e su cui aveva potuto mettere le mani.
A quanto pareva, era parecchio.
“Non esattamente, no,” rispose l’ufficiale scientifico, scavalcando una pila di quelli che sembravano rottami. “Anche se ci siamo fatti un’idea di come hanno fatto ad ottenere un effetto così distruttivo.”
“Ah sì?”
“Beh, non è facile. Una semplice bomba ha un raggio d’azione limitato, a meno che non se ne usi una davvero potente. Ma in quel caso avrebbe spazzato via mezza città. No, chiunque sia stato, voleva ottenere un risultato altamente distruttivo ma localizzato.”
“E lei si è fatto un’idea di come avrebbero fatto?”
Mouri annuì e premette qualche comando su uno dei display a parete.
“Sono stati intelligenti, davvero. Hanno sfruttato una peculiarità dei condotti EPS in quella zona, che sono isolati da quelle delle zone limitrofe. Normalmente, in una città di queste dimensioni, i condotti energetici delle varie sezioni sono interconnessi, ma non qui.”
“E per quale motivo?”
“Ad essere sincero, non lo so.” L’uomo aggrottò le sopracciglia. “Ho fatto delle ricerche e sembra che in passato ci siano stati dei problemi strutturali di qualche tipo che hanno portato a questa scelta. Nella questione sono entrate anche varie strumentalizzazioni politiche dell’epoca che hanno reso tutta la faccenda inutilmente complicata e…”
“Va bene, ha reso l’idea.”
“In ogni caso, chiunque sia il responsabile, ha minato uno dei condotti. L’esplosione si è diffusa a tutta la rete in pochissimo tempo, ma è rimasta circoscritta ad un solo distretto.”
Margret inclinò leggermente la testa, le antenne che si piegavano in avanti, come in riflessione.
“Ma non ha senso.”
“No, infatti. Non sembra che si siano preoccupati di nuocere alla popolazione, per cui perché fare in modo di circoscrivere l’esplosione?”
“Già, proprio così.”
Per un attimo tra i due cadde un silenzio contemplativo, poi Mouri riprese.
“Cosa voleva sapere di preciso?”
La donna agitò una mano, come a scacciare un’idea. “Se l’esplosione avrebbe potuto essere stata attivata a grande distanza o con un timer. Ma immagino che non sia possibile…”
“Oh, no. L’attentatore doveva essere nelle vicinanze, in quel momento,” asserì l’uomo con assoluta sicurezza.
Margret parve stupita per un momento. “Ne è sicuro?”
“Certo. Vicino a quei condotti c’è troppa interferenza. Un segnale da lunga distanza sarebbe stato bloccato. E un timer avrebbe potuto essere danneggiato dai campi magnetici. No, l’attivazione deve essere stata diretta e da breve distanza. Perché voleva saperlo?£
“Perché questo significa che il nostro attentatore è morto. Oppure si trova ancora sul pianeta.”
USS Tokugawa – Ufficio del capitano – 6 aprile 2399, ore 9.03
=^= Hesse a Margret. =^=
“Qui Margret.”
=^= Puoi raggiungermi in ufficio?” =^=
“Arrivo subito.”
Quando la voce di Hesse la invitò ad entrare, Margret capì subito che c’erano brutte notizie in arrivo. Conosceva abbastanza bene il suo capitano da saper interpretare il suo tono preoccupato. Tuttavia, non disse nulla. Si limitò a sedersi nella poltroncina di fronte alla scrivania e ad attendere.
Non durò a lungo.
“Una notizia buona e una cattiva. Quale vuoi per prima?”
“La buona.”
“Hanno ritrovato Durston.”
Margret aggrottò leggermente le sopracciglia, sentendosi vagamente colpevole. “E chi sarebbe?”
Hesse le gettò un’occhiataccia. “Il primo ufficiale della Sengoku, disperso nell’attentato.”
“Sta bene?”
“Non direi. E’ in condizioni critiche, ma almeno è vivo.”
“Ne sono contenta.” Ed era vero, benché non si ricordasse affatto di quel tizio. “E la cattiva?”
“Hanno rivendicato l’attentato.”
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