[Stml17] 05.02 - Lon Basta - E' solo una questione di virgole...
Silvia Brunati
sbrunati a gmail.com
Mar 25 Ott 2016 10:29:00 CEST
Eccoci, con un pezzo riflessivo... Spero di aver colto bene lo spirito e le
opinioni di tutti. :)
Silvia
*USS Hope – Sala Tattica – 8 Aprile 2395 - Ore 18:50*
Il capitano Ferris Bueller fissava accigliato la porta chiusa della sala
tattica, la riunione era finita da circa un’ora ma lui sembrava non
essersene accorto. Per la prima volta in vita sua, da quando era al comando
della Hope sentiva il peso del ruolo. Qui non si trattava di salvare un
ufficiale rapito, o trovarsi coinvolti in trame complottistiche, questa
volta non poteva prendere una decisione con la stessa velocità con la quale
si lanciava dietro a delle belle gambe. Un conto erano i ragionamenti
teorici fatti a lezione, un’altra sapere che dalla propria azione, o
inazione, dipendeva il destino di miliardi di persone. Cos’aveva detto Xyr
ribattendo a Tucci?
“La Prima Direttiva non può essere piegata a nostro piacimento, esiste per
un motivo”. Eppure anche lei, persino lei, era sembrata turbata quando
Rodriguez le aveva fatto notare che si parlava di esseri viventi che
avevano avuto la sfortuna di non essere sufficientemente evoluti per
trovare un modo per salvarsi. “Anzi,” aveva continuato con veemenza
Rodriguez, “ci stanno così provando che sono stati in grado di capire che
siamo qui e hanno cercato di contattarci”.
Bueller spostò lo sguardo verso lo schermo spento. Salvare una, due o
tutt’e tre le popolazioni? O nessuna? Intervenire sulla stella che stava
collassando, come aveva suggerito Tucci, e sparire nel nulla opponendosi ad
un destino inevitabile, e all’ammiraglio Lennox, o far finta di non aver
sentito l’appello disperato di un popolo? E come hanno fatto a capire che
siamo qui se non sono mai riusciti a superare il loro ‘muro’? Quest’ultima
osservazione l’aveva fatta Basta, sempre pronto a trovare qualcosa che non
andava dopo aver ascoltato la discussione a lungo in silenzio. Che poi,
cosa aveva così tanto da ascoltare? Non gli erano bastati tutti questi mesi
per capire com’era fatto ciascuno di loro e imparare a fidarsi? Anche il
betazoide sembrava bloccato da un muro, dal quale usciva solo raramente, al
punto che Bueller si era più volte chiesto cosa bisognasse fare per avere
quell’onore a parte essere la dottoressa Graahn. Quelle parole, però, gli
si erano piantate nel cervello e non solo a lui. Luna, cui erano brillati
gli occhi quanto le avevano spiegato perché l’avevano convocata d’urgenza,
si era subito avvicinata a Tucci e insieme avevano iniziato a guardato gli
schemi di rotazione dei pianeti per capire di più della tecnologia della
civiltà misteriosa: “sono orbite quelle?” Aveva chiesto indicando qualcosa
all’ufficiale scientifico. Caytlin nel frattempo, dopo aver guardato Rest,
trincerato dietro il suo sguardo impassibile fisso su Xyr ed il suo volto
pallido, aveva sospirato e si era alzata richiamando per tutti sullo
schermo le immagini del sistema Cheyrou. “Prima Direttiva,” aveva
annunciato e Bueller si era lasciato sfuggire un gemito all’idea di una
lezione guadagnandosi un’occhiataccia dalla risiana. “Quando si entra in
contatto con un pianeta che si sta sviluppando in modo autonomo verso una
civiltà tecnologica, un ufficiale non deve fare nessun accenno alla propria
identità o alla propria missione, né interferire con lo sviluppo sociale di
tale pianeta, né far riferimenti allo spazio, ad altri mondi o a civiltà
più avanzate”. Aveva fatto una pausa come per dare il tempo a tutti loro di
digerire ogni singola parola. “Siamo tutti d’accordo che il nocciolo della
questione sia questo”, aveva ripreso poi, “abbiamo stabilito un contatto
con un pianeta,” aveva indicato Cheyron 2, “o parte di esso. Ma cosa ci
chiedono esattamente?” Aveva sollevato la mano per fermare Rest che stava
offrendo la risposta alla sua domanda retorica, “cosa sanno esattamente di
noi? E come possiamo scoprirlo? Ma soprattutto, qualora decidessimo di fare
qualcosa, che ne sarà degli altri?” Aveva concluso puntando il dito su
Cheyron 1 e Bueller l’aveva guardata affascinato dalla determinazione dei
suoi splendidi occhi grigi, e, ancor di più, da come era andata dritta al
punto.
“Il futuro di questi popoli è segnato dal destino o dalla sfortuna,
scegliete quella che preferite”, con un sorrisetto cinico Luna aveva
interrotto la discussione con Tucci per offrire la sua opinione, “se non
fossimo stati qui il pensiero della loro morte non ci avrebbe nemmeno
sfiorati, sarebbe stata solo una notizia fra le tante che probabilmente non
avremmo nemmeno notato”.
“Ma siamo qui”, aveva ribattuto Melanne Graahn, “e non possiamo ignorarlo”.
Non aveva aggiunto altro ma era evidente che avrebbe voluto farlo.
“La Prima Direttiva parla chiaro”, la voce di Lon Basta aveva sorpreso un
po’ tutti perché aveva rotto un silenzio imbarazzato, Bueller si era
augurato che non se ne uscisse aggiungendo un altro dubbio, “e il
comportamento che dovremmo tenere è quello di rispettarla”, il suo sguardo
si era posato per un istante sulla trill prima di proseguire, “dato che gli
abitanti di Cheryon 2 si sono accorti della nostra presenza, in
ottemperanza al regolamento dovremmo prima di tutto scoprire cosa hanno
scoperto di noi e sulla nostra tecnologia e, solo sulla base di quello
prendere una decisione”. Il betazoide, appoggiando quello che aveva poco
prima detto Caytlin, non aveva offerto soluzioni, ma tempo e Bueller
l’aveva apprezzato. Tempo era quello di cui avevano bisogno.
“Quindi il suo suggerimento sarebbe quello di…?” Aveva chiesto il capitano
anche se aveva capito benissimo dove volesse andare a parare Basta.
“Indagare e scoprire e, nel frattempo, in osservanza ai regolamenti, non
rispondere ai tentativi di contatto”.
Sarebbe stato facile per lui sostenere che quella non era una decisione che
gli competeva, non era un ‘vero’ capitano, gli sarebbe bastato chiamare
Strauss e passare a lui la palla. Questa possibilità, che l’avrebbe di
fatto sollevato dal compiere delle scelte, gli lasciava però l’amaro in
bocca. Non aveva importanza che il suo fosse solo un incarico temporaneo,
lui *era* il capitano della Hope e, fino a quando avesse ricoperto quel
ruolo, l’avrebbe fatto al meglio delle sue possibilità. Se questa volta si
fosse tirato indietro, cos’avrebbe fatto quando quei gradi, che ora portava
per concessione, una smorfia infastidita gli attraversò il viso, se li
fosse guadagnati diritto? Non avrebbe potuto chiedere aiuto a Strauss in
quel caso. Ma se questa decisione, qualunque cosa avesse deciso, fosse
stata sbagliata? Non sarebbe stato arrogante da parte sua pensare di poter
risolvere la situazione senza aiuto?
“La sua età e la sua inesperienza le danno tutto il diritto di chiedere
aiuto a chi è più esperto”, gli aveva detto una volta Strauss in un raro
momento di lucidità versandogli da bere, “questo non significa però che il
consiglio che riceverà sia quello giusto”. L’aveva fissato con un
sorrisetto ironico, “essere capitano non è solo una questione di bei voti”.
Bueller si alzò di scatto dalla poltrona che all’improvviso gli sembrava
scomoda.
=^= Qui Basta, siamo pronti a partire al suo comando =^=
Non c’era più tempo, il capitano Ferris Bueller raddrizzò le spalle e portò
la mano al comunicatore.
=^= Qui Bueller, sto arrivando. =^=
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Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano
occupati. Bertolt Brecht
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