[Stml17] [09.01 – Ghraan – Ar Akul]

Silvia Brunati sbrunati a gmail.com
Lun 18 Dic 2017 14:25:28 CET


Bello! Ha un sapore un po' horror che mi piace! :)

Il 18 dic 2017 13:06, "Maddalena" <vampitrill a gmail.com> ha scritto:

> Eccomi.
> Non è molto lungo, ma spero vi piaccia.
>
>
> ------------------------------------------------------------------------
>
> *Pianeta Demone, Struttura sconosciuta – 1/11/2396 – Ore 00.23*
>
>
>
> Xyr non ci aveva messo molto ad indossare il vestito che le era stato
> dato. Non che la prospettiva la facesse impazzire, anzi, si sentiva
> decisamente a disagio in quell’abito lungo e pesante, dall’ampia
> scollatura, che le avevano velatamente ordinato di infilarsi. Non si
> trattava tanto dell’abito in sé, quanto del fatto che chiunque l’avessi
> ‘invitata a cena’, questo maestro Ar Akul, o chiunque fosse in realtà,
> stesse chiaramente giocando con lei un qualche tipo di gioco che non
> riusciva ancora a comprendere. Lei non era mai stata molto portata per i
> giochi.
>
> Tuttavia, al momento, non le si prospettavano molte altre scelte. Lin era
> stata cortese, sorridente né aveva mosso alcuna minaccia, fisica o verbale,
> a lei o a chiunque altro, ma aveva anche evitata di rispondere a qualunque
> domanda lei avesse posto su dove si trovavano, chi fossero loro e
> soprattutto dove si trovassero Luna e Tucci. Si era limitata ad un sorriso
> e l’aveva pregata di vestirsi con comodo e uscire dalla stanza quando fosse
> stata pronta. Lin l’avrebbe condotta dal maestro che avrebbe chiarito ogni
> cosa.
>
> La ragazza non sembrava particolarmente forte, aveva valutato Xtr,
> nonostante le zanne, e avrebbe probabilmente potuto stenderla con un colpo
> ben assestato. E poi cosa? Tentare di trovare gli altri e fuggire? Non
> sapeva nemmeno se la loro navetta fosse sopravvissuta allo schianto.
> Bueller forse avrebbe rischiato. O forse, aveva pensato depressa, avrebbe
> corteggiato Lin e si sarebbe goduto la cena. Più probabilmente la seconda.
> Detestava l’idea di fare quel che avrebbe fatto Bueller ma, escludendo la
> parte del corteggiamento, attualmente era l’unica strategia possibile.
>
> Così, pur con riluttanza, si era sfilata l’uniforme, si era infilata
> l’ingombrante abito barocco rosso sangue e aveva aperto la porta.
>
> Lin la attendeva fuori, in piedi accanto alla soglia. Le aveva sorriso di
> nuovo e l’aveva condotta lungo un corridoio arredato più o meno come la
> stanza da cui era appena uscita.
>
> Non aveva detto una parola, una specie di inquietante hostess silenziosa e
> perennemente sorridente. Infine, erano giunte ad una seconda porta. Lin
> aveva bussato, atteso un istante, quindi aveva aperto il battente e si era
> fatta da parte.
>
> Xyr era entrata.
>
>
>
> *USS Hope – Ufficio MCO – Contemporaneamente*
>
>
>
> Melanne era seduta alla scrivania e fissava il terminale con sguardo
> lievemente preoccupato. Da quando Bueller aveva annunciato che la loro
> destinazione non era più la conferenza di pace ma che la navetta con a
> bordo Xyr, Luna e Tucci aveva inviato un segnale di soccorso e stavano
> andando a cercarla, aveva fatto qualche ricerca sulla nebulosa in cui
> presumibilmente erano dispersi. Lei non era un astrofisico e il fenomeno in
> sé, per quanto affascinante potesse sembrare, non le interessava poi
> granché. Ma se il loro compagni si erano schiantati o anche solo, si
> sperava, erano atterrati da qualche parte all’interno di quella cosa, lei
> avrebbe dovuto essere preparata. E, tanto per iniziare, le interessava
> sapere a quale genere di radiazioni avrebbero potuto essere soggetti gli
> occupanti della navetta o i membri di un’eventuale squadra di ricerca.
>
>
>
> “Mi mette i brividi, questa cosa…” disse a Basta, senza alzare gli occhi
> dallo schermo. “E’ ridicolo, ma in ogni immagine sembra che ti fissi.”
>
> Lon alzò gli occhi dallo schermo del padd che stava leggendo e aggrottò
> leggermente le sopracciglia, mentre ascoltava il miscuglio di colori, blu,
> viole e nero, che emanava dalla dottoressa, “e’ solo una nebulosa. Non
> farti suggestionare.”
>
> “Lo so che è solo una nebulosa. Ma non mi piace lo stesso.”
>
> “Smetti di guardarla,” rispose lui con ovvietà.
>
> Melanne gli rifilò un’occhiataccia. “Se sono atterrati da qualche parte,
> dovremo scendere a cercarli.”
>
> “E questo ti preoccupa?”
>
> “Io sono sempre preoccupata. Ogni volta che scendiamo in missione sono
> preoccupata. Sono così preoccupata che vorrei vomitare. Tutte le volte. A
> parte l’ultima, ovviamente.”
>
> Lon posò il padd sul divanetto accanto a sé e la osservò per un momento.
> “Nell’ultima ti hanno sparato,” le ricordò lui.
>
> “Vero,” rispose Melanne, facendo spallucce. “Ma è stato diverso.” Per un
> attimo rimase in silenzio, poi riprese. “Non è questo il punto, comunque.
> Se sono atterrati da qualche parte, ci dovremo preparare ad un ambiente
> potenzialmente ostile. Mancanza di atmosfera respirabile, radiazioni.
> Appronterò un protocollo di emergenza, nel caso fossero rimasti esposti per
> tempi prolungati,” commentò, scartabellando tra i padd sulla scrivania.
>
> Basta la osservò per un momento. Non gli piaceva eccessivamente l’idea che
> Melanne scendesse con la squadra di sbarco. D’altra parte, se ci fosse
> stato bisogno di un medico, e tutte le evidenze puntavano in quella
> direzione, lei sarebbe stata la scelta migliore.
>
> “Forse dovremo portare le tute EVA. Anzi, mi sembra altamente
> raccomandabile.”
>
> “Quanto meno, ultimamente con quelle abbiamo fatto pratica,” sospirò Lon.
>
> “Altrochè,” rispose lei, con un brillio improvviso di eccitazione negli
> occhi.
>
>
>
> *Pianeta Demone, Struttura sconosciuta – Contemporaneamente*
>
>
>
> La stanza in cui Xyr venne fatta entrare era barocca come il resto
> dell’arredamento. Si trattava di un ampio salone dal soffitto alto e
> affrescato. Alla sua destra una fila di alte finestre coperte da pesanti
> tendaggi, sulla parete di fondo un grande camino al cui interno
> scoppiettava un fuoco vivace.
>
> Alla sua sinistra una parete piena di specchi e ovunque dorature come se
> piovessero.
>
> Al centro della stanza campeggiava un enorme tavolo circondato da sedie
> che sarebbero bastate tranquillamente per una trentina di persone. Era
> apparecchiato solo per due, ad un’estremità. Xyr fu contemporaneamente
> sollevata dal fatto di potersi risparmiare il ridicolo siparietto delle
> conversazioni da un capo all’altro del tavolo e preoccupata dalla vicinanza
> con il padrone di casa che questo comportava.
>
> Lin non entrò con lei. Nessuna traccia di Tucci, né di Luna.
>
> L’unica presenza nella stanza oltre a Xyr era la creatura seduta a
> capotavola, di fronte al camino. La stanza, oltre che caldissima, era
> scarsamente illuminata e con il bagliore delle fiamme alle spalle, non le
> riusciva per il momento di vedere le fattezze del presunto Maestri Ar Akul.
>
>
>
> “Tenente Xyr,” disse l’uomo. “Benvenuta. Sono davvero lieto che abbia
> deciso di unirsi a me per cena. E lasci che le dica quanto le dona
> quell’abito.”
>
>
>
> Xyr rimase immobile, piegando leggermente le antenne in avanti. L’accento
> dell’uomo era liquido, indefinibile. Parlava lo standard della Federazione
> e lo faceva con proprietà ma era chiaro come non fosse la sua lingua madre
> e come l’accento che lei non riconosceva ne facesse capolino attraverso le
> parole. Non stava usando il traduttore universale.
>
>
>
> “Come Lin le avrà certamente spiegato, io sono il Maestro Ar Akul. Prego,
> si accomodi.”
>
>
>
> L’uomo si alzò, per scostare la sedia accanto alla sua. Era alto e
> robusto. Dal modo in cui si muoveva sembrava giovane, ma c’era qualcosa di
> rigido, quasi meccanico, nei suoi movimenti.
>
> Xyr rimase immobile ancora qualche istante poi face qualche passo avanti e
> si diresse verso quello che ormai era chiaro fosse il suo posto.
>
>
>
> “Dove sono i miei uomini?”
>
> “Subito al punto, non è vero?” Ar Akul sembrava quasi compiaciuto. Rimase
> in piedi accanto alla sedia, in paziente attesa che lei vi prendesse posto.
> “Scoprirà che ci stiamo prendendo cura di loro e che sono in ottima salute.
> Ci siamo occupati dei danni che avete riportato nell’incidente. E speriamo
> che questo ci permetta di instaurare un rapporto di reciproca fiducia.”
>
> “Per cosa?” domandò Xyr, avvicinandosi.
>
> “Vede, Tenente. Ci occorre il vostro aiuto.”
>
>
>
> Xyr aprì bocca per la domanda successiva, ma si bloccò. Nel suo
> avvicinarsi alla sedia era entrata nel cono di luce che le permetteva
> finalmente di vedere l’uomo in faccia.
>
> Solo che al posto del suo volto, c’era una maschera completamente bianca.
>
>
>
> *USS Hope – Plancia – 1/11/2396 – Ore 20.18*
>
>
>
> Bueller tamburellava con le dita sul bracciolo della poltroncina di
> comando. Non era per natura una persona paziente e questa attesa lo stava
> snervando. Erano tornati alla Nebulosa nel minor tempo possibile ma,
> naturalmente, se alla navetta era accaduto qualcosa di grave, sarebbe stato
> comunque troppo tardi.
>
>
>
> “Rapporto?” domandò per la quindicesima volta dall’inizio dell’ultimo
> turno, provocando l’innalzamento del sopracciglio vulcaniano di Rest e
> l’abbassamento delle spalle del timoniere sostituto di Luna. Senza di lei,
> tra l’altro, la plancia era notevolmente più noiosa.
>
> Si aspettava una nuova ETA dall’ufficiale, quando questi, stupendo
> evidentemente anche se stesso, annunciò: “Siamo arrivati!” Si schiarì poi
> la gola. “Ehm, voglio dire… siamo nel raggio visivo delle ultime coordinate
> conosciute della navetta, Capitano. ETA 11 minuti.”
>
> “Sullo schermo,” ordinò Bueller, protendendosi in avanti.
>
>
>
> Si aspettava l’ormai familiare sagoma della Nebulosa del Diavolo, rossa su
> sfondo nero, inquietante e ghignante. Invece sullo schermo non c’era più
> nulla.
>
>
>
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