[Stml17] [Lon Basta - 08.03] Stati alterati della mente

Silvia Brunati sbrunati a gmail.com
Lun 4 Set 2017 14:11:34 CEST


Eccomi,

ho incentrato tutto sul pianeta portando avanti i diversi gruppi.


Attendo critiche e/o osservazioni!

Silvia Br.



*************************************

Brano: 08.03

Titolo: Lon Basta – Stati Alterati della Mente

Autore: Tenente JG Lon Basta (Silvia Br.)

*************************************************

*Nuwe Berria - Zona detentiva (ubicazione ignota) - 29/07/2396 - Ore 11:03*

*Quello che non vedi non esiste, quello che non senti non ti può far male.
Tutto è vuoto, non c’è nulla dentro e fuori di te. *

*Era solo, lo sapeva, solo, in quel buio profondo che era il mobile in cui
si nascondeva quando lo zio voleva punirlo. Non doveva fare rumore, né
fisico né mentale, altrimenti l’avrebbe trovato. Nessuno poteva aiutarlo,
nessuno sarebbe venuto a salvarlo, persino suo fratello l’aveva
abbandonato. No! Sarebbe tornato per lui, l’aveva promesso. Tutto quello
che doveva fare era aspettare nascosto e lo zio con le cose cattive che lo
accompagnavano non l’avrebbe mai trovato. Li sarebbe stato al sicuro, per
sempre.*

“Tenente?”

Il betazoide arretrò di qualche passo, come un animale pronto a lottare per
sopravvivere. I suoi occhi non diedero segno di di riconoscere Rest. “Stia
lontano da me.” Lo avvertì in tono minaccioso, “o se ne pentirà.”

Nonostante Basta l’avesse avvertito di come sarebbero andate le cose, Rest
ebbe un attimo di esitazione di fronte al suo sguardo. *Mi dovrà cercare
Rest, *gli aveva detto, *non sarà facile perché sono molto bravo a
nascondermi e non avrà molto tempo a disposizione, è fondamentale che lei
mi trovi. Mi fido di lei.*

“Le sembra questo il modo di salutare un superiore?” Lo apostrofò perciò
freddamente.

Per un istante lo smarrimento comparve negli occhi di Basta, ma fu subito
sostituito da un sorriso cattivo.

“Non so chi lei sia, ne cosa voglia da me. Ho già avuto abbastanza guai,
non ne voglio altri, per cui, per il suo bene, mi lasci in pace e se ne
vada.” Lo minaccio.

La mente tattica di Rest non si lasciò impressionare da quelle parole.
Quanto in profondità erano andati con il betazoide? Quanto avrebbe dovuto
faticare per rintracciarlo?

*Non l’ho mai raccontato a nessuno, *aveva sussurrato Basta,* è una cosa
che ho imparato a fare quando i miei genitori furono uccisi, durante la
guerra con il Dominio, e io e mio fratello ci trovammo a vivere con mio zio
che era, come posso spiegarglielo? Segnato dalle brutture della guerra al
punto da vedere nemici ovunque. Voleva insegnarci a sopravvivere, lo fece
nell’unico modo che conosceva: brutalmente. C’erano giornate buone e
giornate cattive, quelle cattive imparai a farmele scorrere addosso
rifugiandomi dove lui non poteva raggiungermi. *Basta si era toccato la
testa.* Questo è quello che cercherò di fare quando mi prenderanno, ma
dovrò andare parecchio a fondo per evitare che mi trovino. Lei Rest dovrà
aiutarmi a tornare a galla.*

Rest conosceva molte tecniche che avrebbero potuto funzionare, tutte però
richiedevano tempo, cosa che loro non avevano. Le probabilità di riuscire
con così poco margine a disposizione erano del 3,5%, quelle di scappare da
solo e avvertire la Hope, 5%, se fossero stati in due si passava ad un 8%.
Una differenza che Rest aveva ritenuto fondamentale considerata la
situazione.

“Tenente, non sono affatto sorpreso dalla facilità con cui l’hanno
manipolata,” apostrofò freddamente Basta, “era logico che non sarebbe stato
in grado di resistere e vuole sapere perché?”

“La smetta di chiamarmi così! Io non sono un militare!” Esplose l’altro
avanzando di un passo verso di lui, le mani strette a pugno.

“Perché lei è un debole,” proseguì inesorabile Rest, “basta vedere la
facilità con cui io l’ho manipolata. Mi è bastato dirle due parole e c’è
caduto con tutte le scarpe. Perché crede che il comandante Xyr e il
capitano Bueller facciano più affidamento a me che a lei? Ho fatto notare
le sue mancanze, più di una volta, e la sua stupidità ha fatto il resto.
Come quando ha dato il pugno al capitano in accademia.”

“La smetta!” Basta si portò le mani alla testa arretrando verso il fondo
della cella.

*Se si accorge che il tempo non è sufficiente, mi lasci qui. Io non
scomparirò.*

Aveva ancora un tentativo da fare.

“Lei non è in grado di ricoprire un ruolo di responsabilità, tenente, lo
ammetta. E’ un fallito, lo sanno tutti persino la dottoressa Grahan.”

Basta sollevò di scatto la testa fissandolo con rabbia.

“Le è amica solo perché lei gli fa pietà”, Rest affondò l’ultimo colpo.

Con un grido di rabbia Basta gli si lanciò contro.



*Nuwe Berria – Esi Bhe Della Hospital – 31 Agosto 2397 - Ore 09:00*

“Non mi sembra poi una così grande idea”, commentò incerta Xyr sistemandosi
il cappellino sui lunghi cappelli.

“Ha paura di qualche analisi?” Seduto accanto a lei Bueller fischiava un
motivetto guardandosi attorno. Xyr resistette alla tentazione di tirargli
uno scappellotto.

“Non sono quelle a spaventarmi, ma chi le farà”.

“Dubita forse delle capacità del signor Doohan?”

“Non è certo un medico,” sibilò Xyr,

“Non mi riferivo a quelle capacità.” Ribatté Bueller fissando l’ingegnere
civile che stava parlando con l’infermiera dietro il bancone
dell’accoglienza. Lo sguardo della donna era adorante.

“Oh,” commentò Xyr.

“Non so come fa,” il tono di Bueller era ammirato, “non che io non abbia le
mie soddisfazioni, ma lui… Certe volte mi capita di passare in sala
macchine e..” Si interruppe. “Cos’ho detto?”

“Cosa?” Xyr risposte distratta Xyr guardando verso l’ascensore.

“Io, ho detto qualcosa di strano.”

“Uhm?”

“Che succede?”

“A chi?”

“A lei, chi è quella donna?”

Entrambi fissarono l’infermiera che era appena uscita dall’ascensore, aveva
l’aria preoccupata e tesa, come se avesse condensato un turno da otto ore
in tre. Bueller ebbe la netta sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato
nell’uniforme che indossava. Non che le stesse male, anzi, solo che non gli
sembrava fosse quella giusta.

“Non ne ho idea, ma mi sembra famigliare,” rispose Xyr. “Non ci pensi
nemmeno!” Ammonì Bueller che già si era alzato per andare verso di lei.

“Perché? Vado solo a parlarle.” Ribatté lui con aria innocente.

“Dov’è finito il proposito di introdursi nell’ospedale con discrezione e
uscire con altrettanta discrezione?” Gemette Xyr mentre Doohan tornava
verso di lei rosso come un peperone.

Era adorabile quando faceva così, le sfuggì un sospiro.

“Dove sta andando il capitano?”

“A mettersi nei guai,” mugugnò Xyr senza preoccuparsi di correggere
l’ingegnere.

*Quando si erano incontrati nel locale, a parte l’iniziale imbarazzo in cui
nessuno sapeva come affrontare l’argomento, avevano tutti concordato che
c’era qualcosa di strano in quella famigliarità che li accumunava. Era come
se si fossero conosciuti in un’altra vita, molto distante da quella che
conducevano ora.*

*“Potrebbe essere qualcosa nell’aria,” aveva commentato Tucci osservando
affascinato il vorticare della cannuccia nel bicchiere, “o nel cibo, in
quello che abbiamo mangiato.”*

*“Che ha colpito solo noi?” Aveva obiettato scettica Xyr.*

*“E se non fosse una malattia?” Bueller era tornato a guardarli dopo aver
seguito con lo sguardo la cameriera che li aveva serviti, “se veramente ci
conoscessimo?”*

*“Un lavaggio del cervello?” Lo scetticismo del tono di Xyr era però
sfumato al ricordo di quello che era successo in ufficio. Aveva abbassato
il tono della voce. “Come facciamo a capire di cosa si tratta?” Aveva
chiesto, “idee?”*

“Posso aiutarla?”

“Sarei io a doverle fare questa domanda e…” la donna si interruppe
girandosi verso di lui. Normalmente Bueller non ci avrebbe pensato due
volte a sfoderare il suo fascino con lei, ma quando i loro sguardi si
incontrarono qualcosa glielo impedì. “Ci conosciamo?” Chiese lei incerta.

“Me ne ricorderei se fosse così,” rispose con il tono molto più perplesso
di quello che avrebbe voluto. Lo schiarirsi di una gola alle sue spalle
segnò l’arrivo di Xyr e Doohan alle sue spalle. “Posso presentarle la mia
collega Xyr? Xyr, le presento la dottoressa…”

“Infermiera.” Lo corresse automaticamente lei con un accenno di sorriso.

“Infermiera, Melanne…”

“Come fa a sapere che mi chiamo così?” Bueller la guardò sorpreso poi si
grattò la testa incerto, “non so, fortuna?”

“La smetta Bueller!” Sbuffando Xyr si fece avanti per stringere le mani
all’infermiera, “piacere di conoscerla signorina..”

“Grahan,” rispose lei.

“Grahan, c’è un posto dove possiamo parlare?”





*Nuwe Berria – Sa No Y Park  – 31 Agosto 2397 - Ore 15:00*

Rodriguez fingeva di dar da mangiare agli uccelli mentre cercava di non
pensare a macchie argentate, Melanne e pugnalate. La giornata era splendida
e il cielo sopra di lui così terso da sembrare finto, per un istante si
chiese come mai continuasse a sovrapporci delle stelle. Forse era perché
aveva sempre preferito la notte, si sentiva e si muoveva meglio al buio. A
parte quando qualcuno lo accoltellava.

A disagio si massaggiò lo stomaco domandandosi come fosse possibile che non
ci fossero traccia di alcuna ferita. Melanne aveva insistito perché lui
restasse in ospedale a farsi visitare, ma Paulo non era mai stato tipo da
pronto soccorso, anche se come infermiera la signorina Grahan era di gran
lunga molto più carina di qualsiasi altra avesse mai incontrato. Purtroppo
aveva un appuntamento cui non poteva mancare, le aveva promesso di tornare,
l’avrebbe fatto non appena avesse finito.

Una donna si sedette vicino a lui sulla panchina, profumava di buono,
sapeva di sesso. Rodriguez non la guardò continuando a gettare briciole di
pane a terra.

“Sei in ritardo,” le disse dopo qualche istante mentre lei prendeva un
libro ed iniziava a leggerlo.

“Non era propriamente facile fare quello che mi hai chiesto”, rispose Caytlin
 piccata sfogliando lentamente le pagine. “Non è da tutti i giorni
introdursi negli uffici di una base e rubare dei piani tecnici
super-segreti”.

“E io che credevo che con un paio di sorrisi te la saresti cavata
egregiamente”, Rodriguez si piegò in avanti osservando gli uccelli
litigarsi le briciole.

“Certe volte sei proprio un bastardo Paulo.”

“Sanguinerei per le tue parole, se non l’avessi già fatto fisicamente.”

Lei gli lanciò un’occhiata sorpresa poi tornò rapidamente al suo libro.
“Cos’è successo?”

“I nostri clienti non hanno gradito il ritardo,” rispose lui allontanando
il ricordo con una scrollata di spalle, “niente di cui preoccuparsi. Li
hai?”

“Te l’avevo detto che non dovevamo accettare.”

Paulo si concesse un rapido sguardo al volto pallido di lei, poi sospirò.

“Non è che avessimo molta altra scelta.”

“Almeno dimmi perché.” Caytlin serrò le labbra in segno di disapprovazione
mentre girava un’altra pagina del libro.

“Lo capirai al momento giusto,” tagliò corto Rodriguez, “la cosa importante
al momento è accontentare i nostri clienti, così noi in cambio otterremo
quello che ci serve.”

“Non ho ancora capito perché vuoi accedere a quel reparto dell’Esi Bhe
Della Hospital, cosa c’è li di così importante da rischiare la vita
stringendo accordi con persone così pericolose?”

Rodriguez non rispose perché non lo sapeva. Aveva scoperto per puro caso
l’esistenza del sotterraneo misterioso dell’ospedale. Sulle mappe era
indicato come zona magazzini, ma la porta, l’aveva appurato quando aveva
fatto il primo giro esplorativo e conosciuto la bella infermiera Grahan,
aveva un tastierino per accedervi e richiedeva un badge. Le porte chiuse e
misteriose non gli erano mai piaciute, soprattutto quelle che non
dovrebbero esserci, così aveva deciso di indagare e aveva coinvolto la sua
socia, Caytlin, nell’impresa. Non che tutti i giorni sentisse il bisogno di
aprire porte chiuse, ma quella non sapeva perché era convinto che
contenesse qualcosa di importante. Non aveva calcolato la pericolosità
delle persone con le quali aveva dovuto stringere accordi però, né, tanto
meno, la loro impazienza.

“Vedrai che andrà tutto bene,” si pulì le mani dai residui di pane
sforzandosi di essere rassicurante, “fra pochi minuti consegniamo quello
che dobbiamo e otteniamo quello che ci serve, poi andiamo a scoprire
qualche altro segreto.”

“E’ che non mi piace prendere in giro le persone…”

“Intendi quella pilota? Catalunya Jones? Non l’hai presa in giro, non saprà
mai cos’è successo.”

“Di questo dubiterei fortemente.”

Entrambi sussultarono colti di sorpresa e si girarono verso la figura che
torreggiava alle loro spalle. Catalunya Jones aveva le mani sui fianchi e
non sembrava affatto contenta.



*Nuwe Berria - Zona detentiva (ubicazione ignota) - 31/07/2396 – Ore15:30*

“Dove siamo?” Basta si massaggiò la mascella dolorante e si guardò attorno.
A pochi passi da lui, con la schiena contro il muro e braccia conserte, il
vulcaniano si limitò a fissarlo.

“Sono in me, signor Rest, glielo posso assicurare.” Disse sospirando.

Quando il vulcaniano non rispose, Lon aggiunse seccato: “tenente Lon Basta,
ufficiale della Flotta Stellare, assegnato alla U.S.S. Hope NCC-25122-A. Le
è sufficiente?”

“Come sta?” Si decise a quel punto a parlare Rest.

“Sarei stato meglio senza il suo pugno, lei?”

“La mia situazione fisica è adeguata alla situazione”.

Il betazoide considerò i capelli spettinati, i segni di lotta sull’uniforme
e la posizione della spalla che non sembrava propriamente al suo posto del
vulcaniano, poi si guardò attorno. “Dove siamo?”

“In un specie di magazzino secondario, finora sono riuscito a far perdere
le nostre tracce, ma non durerà ancora a lungo.”

“Quanto tempo sono stato incosciente?”

“Due giorni, 4 ore e 27 minuti.”

“Intendevo dire, quanto non sono stato in me?”

“Stessa risposta, signor Basta, non le ho dato la possibilità di riprendere
coscienza fino a quando non fossi stato sufficientemente certo che fossimo
stati al sicuro almeno per un po’”.

Lon si alzò lentamente scuotendo la testa, “una parte di me è ancora
convinta di essere un agente operativo al servizio del governo di New Beria
e vede lei come la persona che dovevo catturare.” Un accenno di sorriso gli
comparve sul viso, “ironico no?”

Il vulcaniano non sembrò altrettanto divertito dalla cosa. “Quel modo in
cui si è isolato, preservando la sua coscienza, dove l’ha imparato?” Gli
chiese invece.

“Quando sei un bambino terrorizzato dalla realtà, è fondamentale avere un
posto in cui nascondersi per non impazzire. Non ero mai andato così in
profondità però.” Rispose distratto Basta avvicinandosi alla porta, “dove
siamo?”

“In un sotterrano come le ho già detto. Quando torneremo a bordo,” proseguì
il vulcaniano senza cambiare tono, “mi piacerebbe parlare con lei di questa
tecnica. Ho studiato diversi metodi di resistenza al lavaggio del cervello,
uno di questi l’ho applicato io stesso due giorni fa. Nessuno però prevede
la soluzione da lei adottata.”

Lon annuì rimanendo in ascolto del vulcaniano come faceva con Tucci, anche
il vuoto aveva un colore e quello di Rest era un terreno cui addentrarsi
con cautela . Fissò il tattico riflettendo mentre relegava frammenti di una
vita che non aveva mai vissuto in un angolo della mente per un futuro
discorso con il consigliere o, perché no, con Rest.

“Ho visto un ascensore ma richiedeva un codice, non ho trovato scale.”
Disse ancora il vulcaniano.

“Probabilmente vogliono assicurarsi che nessuno scappi.” Commentò Basta
chiudendo gli occhi e mettendosi in ascolto.

“La probabilità che ci trovino entro la prossima mezz’ora è del 75%, sono
riuscito ad evitare i nostri inseguitori per aprendo stanze altrimenti
sigillate con i badge rubati ai tecnici che hanno provato a trattarmi.”

“Per depistarli.”

“Oltre che per trovare temporaneo rifugio. Ci sono dei bagni dove ho
prelevato quel che serviva a bere, ho delle barrette nutrienti prelevate in
uno degli uffici se ha fame.”

“I badge non aprono le porte dell’ascensore.” Commentò per tutta risposta
Lon selezionando e scartando colori fino a quando non trovò quello che
cercava. Come con Tucci non gli dava fastidio che Rest parlasse, anzi, lo
aiutava a concentrarsi.

“Come le ho detto serve un codice. Sulla base dei miei calcoli la struttura
è molto larga e le squadre di ricerca devono coprire parecchio terreno. Ho
disattivato tutti i sistemi di sorveglianza che ho trovato anche in zone
dove non siamo andati.”

Lon aprì gli occhi per guardarlo. “Tutto questo portando me per due giorni.”

“Non era un’opzione accettabile lasciarla dov’era.”

Il betazoide lo fissò senza dire nulla, poi annuì lentamente e quel gesto
segnò il crollo definitivo del muro che li aveva separati per tutto quel
tempo.

“Dovremmo cercare una mappa.” Suggerì.

“L’ascensore sarà sorvegliato.”

“Ci sarà un’uscita di sicurezza, dubito che non l’abbiamo prevista.”

“Più di una, data l’ampiezza del complesso.”

“Una volta fuori dovremmo avvertire la Hope e trovare gli altri.”

“Priorità la Hope, la flotta deve sapere.”

“Concordo signor Rest. In fondo al corridoio è in arrivo una squadra di tre
uomini, non sembrano averci individuato ancora. Direi sia il caso di
muoversi.”


------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano
occupati. Bertolt Brecht
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
-------------- parte successiva --------------
Un allegato HTML è stato rimosso...
URL: <http://gioco.net/pipermail/stml17/attachments/20170904/1c9446df/attachment-0001.html>


Maggiori informazioni sulla lista Stml17