[Stml17] [Lon Basta - 12.05] Frammenti di Betazoide

Silvia Brunati sbrunati a gmail.com
Ven 14 Dic 2018 16:15:35 CET


Ciao!
Ecco il mio pezzo.
Spero vi piaccia... la saga di Basta continua.

Silvia Br.
P.S. grazie a Silvia e Maddalena che hanno approvato i pezzi che le
riguardano...siamo ormai un'associazione a delinquere. :D

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*USS Hope – Ufficio del Capo della Sicurezza, 23/04/2397, ore 07:00*

Lon Basta camminava a passo deciso verso il proprio ufficio. Non c’era
nulla di insolito nel fatto che vi si stesse recando o che avesse in mano
un d-padd, non era la prima volta che accadeva, né sarebbe stata l’ultima.
Non c’era nemmeno nulla di strano nell’orario perché non era insolito che
il capo della sicurezza passasse per quel corridoio a quell’ora (anche se
erano fermi ai cantieri lunari per le riparazioni). Quello che non tornava
era il modo chi lo incrociava reagiva deviando il proprio cammino per
allontanarsi da lui non appena ne scorgeva il volto.

A Lon non importava quello che pensavano di lui, la sua mente era occupata
da altri pensieri. Più importanti, pressanti. Fondamentali. E fra questi
non rientrava occuparsi delle preoccupazioni del resto dell’equipaggio. Fu
per questo che la sua espressione si fece, se possibile, ancora più scura,
quando, svoltato l’angolo, vide il gruppetto radunato davanti all’ingresso
dell’ufficio.

*Ucciderò Rodriguez.*

Dodici paia di occhi si girarono a guardarlo e la sua mente, che
istintivamente aveva valutato l’umore generale delle persone in attesa, fu
invasa da una moltitudine di colori tutti venati da strisce di grigio scuro.

*Di sicuro lo ucciderò.*

Nel silenzio che seguì, mentre Lon si avvicinava lentamente al proprio
ufficio, gli sguardi lo seguirono, impietriti e, nello stesso tempo
speranzosi.

“Guardiamarina Mil”

“Signore!” Il boliano uscì dall’ufficio e si fermò accanto a Basta
spostando lo sguardo preoccupato dal gruppetto al capo della Sicurezza.

“Immagino ci sia una spiegazione”.

“Certo che c’è”, rispose pronto Mil, “sono qui per lei signore”, e poi,
come spesso era accaduto negli ultimi giorni, il boliano, che aveva
imparato a gestire l’umore di Basta, si zittì portando le mani dietro la
schiena e attese.

“Lo uccido di certo”, sibilò in tono appena udibile il betazoide serrando
la mascella. Mil, nel frattempo, aveva assunto l’espressione di chi, con
piena fiducia, attende la decisione del proprio superiore. “Porti questo
d-padd in infermeria direttamente alla dottoressa Grahan,” ordinò secco
Basta porgendogli l’oggetto prima di girarsi verso il gruppetto.

Aveva commesso l’errore di dire a Rodriguez che, dopo diversi tentativi,
era riuscito a capire come identificare la presenza dell’alieno ed il capo
operazioni aveva diffuso la voce. Ora tutti lo cercavano per ottenere
conferme e subito dopo dubitavano delle sue risposte.

Il silenzio si fece più pesante, ma il gruppetto persistette come un
battaglione pronto allo scontro, e alla fine fu lui a cedere. Si fece
circondare da tutte le tonalità dei colori, ognuna distintamente
caratteristica, ognuna unica, speciale. Tutte con qualcosa in comune: una
singola debole luce, appena percepibile, ma comunque lì.

“Si, c’è, no, non influenza i vostri pensieri e no, non vi controlla,”
disse fissandoli uno ad uno. “Si sono proprio io che parlo e non l’alieno.
No, non potete sapere se è vero, dovrete fidarvi delle mie parole e se non
lo fate, per i problemi di paranoia c’è il consigliere Caytlin.” Fece per
girarsi, ma interruppe il movimento tornando a guardarli: “Si anche lei ha
l’alieno e nemmeno in quel caso lui influenza il suo umore. Ora andatevene.”

Cogliendo la minaccia nelle ultime parole, il gruppetto si disperse, tranne
un’unica persona che fissò Basta a braccia conserte.

“Si lo ha anche lei, comandante, e no non influenza le sue decisioni.”

Xir arretrò appena le antenne prima di dire: “Ero solo curiosa di sapere
che ci facessero tutte queste persone qui fuori.”

Basta ebbe la decenza di arrossire imbarazzato prima sparire nel suo
ufficio.





*San Francisco, Quartier Generale della Flotta Stellare, Palestra
Ufficiali, 25/04/2397, ore 22:55*

Lon Basta picchiava il sacco cercando di tenere lontani  pensieri che si
rifiutavano di obbedirgli. Lo colpiva con ferocia, come se fosse un nemico
da abbattere evitando i suoi rimbalzi e andando nuovamente all’attacco. Era
solo da un po’ e gli stava bene. In quel periodo tutto gli dava fastidio e
non era certo di riuscire a mantenere il controllo se qualcun'altro gli
avesse fatto le congratulazioni per la medaglia.

Melanne non aveva risposto al dipadd. Menò un diretto con la mano destra
contro il sacco. Non aveva lasciato messaggi per dire che era troppo
impegnata per rispondere.

Pugno al fianco sinistro.

Non rispondeva a *nessuno* dei suoi messaggi.

Calcio frontale, diretto.

Era andata via con Luna.

Raffica di pugni contro il sacco.

*Con Luna.*

“Se fosse un sacco vero, a quest’ora chiederebbe pietà.”

*Non reagire, tu hai il controllo, non reagire. *Senza smettere di sferrare
colpi Lon rispose: “si, hai l’alieno, no non ti influenza.”

“Se mi influenzasse, avresti qualcuno cui dare la colpa.”

A quelle parole, il betazoide si fermò di colpo girandosi.* Non reagire,
non reagire! Tu hai il con….*

“No, non l’ho costretta, si è venuta di sua spontanea volontà ed è stato
bello.” Ribatté Luna.

Con un suono inarticolato Lon si lanciò verso di lei sollevandola di peso e
sbattendola contro il muro, Luna perse il fiato tutto d’un colpo e scivolò
a terra. Il betazoide si allontanò di scatto come se si aspettasse una
reazione. Che ci fu. Inaspettata. Luna rise.

“Sai come si eccitano le donne klingon?” Gli disse rialzandosi. “Il mio
sangue ribolle, Lon,” con un unico gesto la pilota si sfilò la giubba
dell’uniforme e la gettò a terra, “e se tu fossi del sesso giusto ora
saresti in guai seri.” Concluse lanciandosi verso di lui, il braccio destro
piegato indietro per colpirlo al volto. Basta alzò la mano per bloccarle il
polso, ma non fece in tempo a fermare il taglio della mano sinistra al
fianco. Con un grugnito di dolore si piegò e arretrò aumentando la distanza
dalla mezza-klingon.

“Cosa vedo,” sussurrò Luna ridacchiando mentre girava attorno a Basta,
“ecco qui un bel po’ di furia incontrollata che se ne stava nascosta dietro
la maschera di impassibilità del bel betazoide.”

Lon allungò la mano per afferrarla, ma lei lo schivò e rispose con un pugno
ben assestato alla mascella. Il betazoide accusò il colpo e si chinò di
scatto in avanti afferrandola per la vita, sollevandola di peso e
spingendola nuovamente contro il muro. Li, faccia a faccia si fissarono
entrambi furibondi.

“Dimentichi una cosa,” sibilò la pilota, “io non combatto lealmente,” e lo
morse sulla spalla. Con un grido Lon la lasciò di scatto e lei si allontanò
trionfante.

“Nemmeno io,” risposte il capo della sicurezza spingendo verso di lei il
sacco e, quando Luna si spostò per evitarlo era già su di lei, con tutto il
peso del corpo e la schiacciava a terra. Con un colpo di reni la
mezza-klingon gli strinse entrambe le gambe attorno al fianco e ribaltò le
loro posizioni. “Questa è la mia preferita,” annunciò leccandosi il labbro
inferiore mentre le braccia di entrambi erano un unico groviglio intricato
alla ricerca della supremazia. “Se vuoi ti dico qual è quella preferita di
Melanne…”

Di nuovo un ringhio, Lon la staccò a forza da se e la sbatté di fianco.
Luna atterrò con una smorfia di dolore.

Nel silenzio della sala ologrammi, per alcuni secondi, si sentirono solo i
loro respiri affannati.

“Sai qual è la cosa che mi da più fastidio?” gli disse alla fine la pilota.

Luna era un sole rosso fuoco che bruciava con tale forza da accecarlo.

“Cosa?” Chiese Lon rimproverandosi subito dopo per non essere stato zitto.

“Che sei così vigliacco da non andare da lei.“

Il betazoide serrò la mascella per impedirsi di urlare per la rabbia perché
Luna aveva ragione e gli bruciava. Si mise a sedere.

Luna lo guardò.

Lon si alzò in piedi e si diresse verso la porta.

“Vai a prenderla ragazzone!”

Per tutta risposta il betazoide le mostrò il dito.





*USS Hope – Ufficio dell’Ufficiale Medico Capo, 25/04/2397, ore 23:20*

Quando le porte del suo ufficio si aprirono e chiusero, Melanne Grahan non
sollevò nemmeno lo sguardo dalla console . Il verde della foresta era
venato di scuro pur mantenendosi brillante come al solito. “Lo so, me ne
sto andando, finisco solo di controllare questi dati,” disse distrattamente
la dottoressa.

Senza dire nulla, Lon si appoggiò alla parete a braccia conserte e attese
che lei sollevasse lo sguardo e mettesse a fuoco la sua figura. Il buio
aumentò attorno a loro quasi avvolgendolo, ma, essendo un uomo con un
obiettivo, il betazoide si fece coraggio e mantenne la posizione.

“Ti ho mandato un dipadd.”

“E hai dovuto lottare per venire fin qui a dirmelo?” Fu il commento
sarcastico di risposta. Unico segno che lei avesse notato il suo aspetto
malconcio.

“C’erano informazioni utili su come identificare l’alieno.” Insistette Lon.

“Ah!”

Basta ebbe un momento di smarrimento alla reazione, “ah?”

“Credi che non siamo in grado di fare il nostro lavoro?” Il tono dolce
della dottoressa era pericoloso come il morso di un serpente.

“No, ma…”

“Ah!”

Lon non conosceva questa Melanne che non si comportava come al solito e gli
rispondeva più del solito. Questa Melanne combattiva lo spiazzava.
Totalmente. Completamente.

“Volevo solo essere utile…”

“Come lo sei stato con il capitano?”

“Che c’entra il capitano?” Le chiese lui sempre più smarrito.

“Hai voluto salvargli la vita sostituendolo?”

“No!” Esclamò sulla difensiva, “cioè si, ma non in quel senso!”

“Ah!”

Il betazoide era sommerso dalla furia della tempesta che si abbatteva sulla
foresta, contro di lui. Contò fino a dieci prima di chiedere con cautela:
“C’è qualcosa che non va?”

Fu un grosso errore. A quella domanda la dottoressa di alzò di scatto,
aggirò la scrivania e vi si appoggiò imitando la sua posizione, a braccia
conserte. “Non lo so Lon, tu cosa pensi che ci sia che non vada? La tua
empatia che ti dice?”

*Che è meglio scappare,* pensò subito Lon, ma non sarebbe fuggito come un
codardo e farsi gridare addosso era sempre meglio del silenzio con cui lei
lo aveva punito. “Forse avrei dovuto dirtelo,” ammise in tono a mala pena
udibile, con difficoltà, “dirti quello che avevo intenzione di fare.”

“Forse?!” Lo scatto di Melanne lo colse totalmente di sorpresa, fece appena
in tempo a ripararsi il viso con le mani prima che il d-padd lo colpisse.
“Però lo hai detto a Rest,” un altro d-padd partì nella direzione del
betazoide, “e a Rodriguez! A Rodriguez!”

“Mi serviva il loro appoggio!” Cercò di difendersi Basta mentre i d-padd,
con un’impressionante precisione, che l’avrebbe reso orgoglioso in altre
circostanze, continuavano a colpirlo. Quando finalmente la scrivania fu
libera, Lon ne approfittò per raggiungerla. “Hai finito?”

“Tu…” Sibilò ancora furibonda la donna puntandogli l’indice contro il
petto, più volte, insistentemente, “non sei degno dell’amicizia che ci
lega.”

“Lo so,” ammise Basta e fece l’unica cosa possibile in quel momento. La
baciò.


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Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano
occupati. Bertolt Brecht
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