[Stml17] [Lon Basta - 11-01] Pesi e Misure

Silvia Brunati sbrunati a gmail.com
Lun 18 Giu 2018 15:36:01 CEST


Ciao,
seguendo la scia di Massimo, ho deciso di mantenere il tono riflessivo con
appena una punta di ironia. Spero vi piaccia.

Silvia Br.

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*USS Hope – Sala Ologrammi – 08/04/2397, ore 16:00*

Lon Basta era chino sull’ingegnere capo che stava armeggiando con il
pannello.

“Non accelero se mi sta con il fiato sul collo tenente.” Sbuffò spazientito
dopo un po' Doohan.

“Non le sto mettendo fretta, le sto dando supporto morale,” ribatté Basta
con aria innocente. Non era certo colpa sua se il terremoto che devastava
la pianura  che era la mente dell’ingegnere capo risvegliava il suo lato
peggiore. La mente di Doohan era un placido panorama campano quando era
solo, diventava terremoto quando si innervosiva e si faceva invece,
acquazzone quando era in compagnia di una donna. Questo suo continuo
cambiamento emotivo divertita Lon Basta normalmente, in quel momento,
invece, scatenava la sua voglia di punzecchiarlo.

“Dovrei essere in sala macchine a seguire le riparazioni invece che qui a
lavorare per lei.” Borbottò il capo ingegnere

Basta annuì, “lo so, per questo le sono grato del tempo che mi sta
dedicando capo,” lo ringraziò in tono fintamente gentile.

Doohan si girò a guardarlo con aria scettica. “È per mostrarmi la sua
gratitudine che mi sta così addosso?”

Continuando a sorridere Basta rispose secco. “Qualcuno è riuscito a salire
a bordo di questa nave, capo, superando i controlli di sicurezza, qualcuno
che ha ucciso una persona e rischiato di distruggere la Hope. Crede sia il
caso io vada altrove?”

Doohan deglutì sotto il suo sguardo e tornò a lavorare sul pannello. “No,
no, incomba pure su di me quanto vuole.”

“Allora ci siamo,” la voce di Rodriguez, dal tubo di jeffries aperto li
vicino, ruppe il silenzio carico di disagio che era seguito. Prima le sue
gambe, poi il suo corpo uscirono nel corridoio dove, il capo operazioni, si
prese qualche secondo per sfregarsi le mani come se le stesse pulendo dal
grasso, “il programma può essere riavviato e vedremo quello che è accaduto,
le registrazioni ci sono tutte. Come richiesto dal comandante Xyr, inoltre,
abbiamo i nostri tre geniali scienziati da mettere al lavoro per risolvere
il piccolo problema dello squarcio nello spazio. Come va qui?”

Doohan lanciò un’occhiata eloquente a  Rodriguez seguita  poi da una rapida
a Basta e tornò al lavoro con un sospiro. Il capo operazioni spostò lo
sguardo dall’uno all’altro, poi prese il betazoide per il braccio.
“Permette una parola? Riguarda il fantomatico Fronte della Liberazione
Bromiano.” A quelle parole Basta si girò a studiare, oltre all’espressione,
il fitto movimento delle fronde che erano i pensieri di Rodriguez. A
confronto con il nervosismo di Doohan il contrasto era destabilizzante.

“La ascolto,” rispose permettendo all’uomo di allontanarlo dall’ingegnere.

“Che cosa sappiamo di loro?”

“Nulla.”

“Esatto! E non le sembra strano che non se ne sappia nulla?”

Basta non disse nulla facendo cenno al capo operazioni di proseguire.

“Esatto!” Esclamò Rodriguez come se lui avesse risposto, “non è possibile
che un gruppo di questo tipo e con simili intenzioni non smuova nemmeno una
voce, un commento, una chiacchiera ancor prima di agire. Invece nessuno ne
sa niente,” Si girò verso Basta come se fosse indeciso come proseguire,  si
umettò le labbra e aggiunse abbassando la voce. “Quello che voglio dire è
che se avessi ipotetici amici di amici che hanno contatti con altri amici
di amici che puta caso fossero persone che amano informarsi, questi amici
di amici di amici di amici dovrebbero saperne qualcosa.”

“E invece?”

“Nada, niet, zero, nisba. Il Fronte della Liberazione Bromiano sembra
comparso all’improvviso dal nulla.” Commentò sconcertato Rodriguez
prendendo nuovamente Basta per il braccio, “e su Brom? Lei ha mai sentito
parlare di Brom?”

Basta scosse nuovamente la testa, “mentre controllavo che il programma,”
proseguì Rodriguez, “fosse intatto e funzionante, del resto c’è stata
un’esplosione, mi sono chiesto da dove venisse fuori questo popolo?
Pianeta? Popolazione?”

Fu la volta del betazoide di fermarsi, “niente?”

Rodriguez strinse le spalle, “esistono almeno un migliaio di pianeti che si
chiamano Brom, con un’altrettanta varietà di numeri romani aggiunti dopo o
per nulla. Di questi, duecento sono sparsi nei vari sistemi solari e il
restante è fuori dal territorio federale. Devo continuare?”

Lon si massaggiò la fronte, “lo farà lo stesso, anche se le dico di no.”

“Esatto!” Esclamò soddisfatto Rodriguez, “ora secondo me, lei tenente,
dovrebbe guardarsi le registrazioni di tutti i test avvenuti in sala
ologrammi per studiare il comportamento dei due assistenti alla ricerca di
qualche indizio, qualcosa che ci dica chi erano questi individui.”

“Era quello che avevo già intenzione di f..”

“Nel frattempo,” lo interruppe il capo operazioni, “io cercherò di capire
come hanno fatto a comunicare con i loro complici, perché in qualche modo
devono pur aver fatto, era un attacco troppo coordinato, i tempi erano
troppo precisi perché non ci fosse nemmeno un contatto prima.” Spiegò per
poi sorridere all’improvviso. “Bella conversazione tenente, ottime
decisioni, continui così”. Diede un paio di pacche sulle spalle al
betazoide e s ne andò.

Lon Basta rimase inebetito fermo nel corridoio fissando la schiena del capo
operazioni allontanarsi, dopo qualche istante strinse le labbra riducendole
ad una linea sottile e mormorò: “prima o poi lo ammazzo”.







*USS Hope – Bar di Prora – 08/04/2397, ore 16:30*

Luna sedeva al bancone con un mucchietto di arachidi che prendeva con due
dita per farle saltare verso un bicchiere vuoto. La maggior parte delle
volte centrava il bicchiere, solo un paio erano cadute fuori.

“Il problema è che per quanto io mi impegni, non è mai abbastanza per lei.”

*Ping! *Un’altra arachide compì un arco in direzione del bicchiere.

“L’altra sera le ho detto che se voleva potevamo fare qualcosa, uscire,
mangiare da qualche parte, prenderci del tempo per noi. E lei invece che
fa?”

*Ping! *L’arachide colpì il bordo del bicchiere per poi, con un perfetta
evoluzione cadere all’interno.

“Mi guarda con quel suo freddo cipiglio andoriano e mi dice: tenente Jones,
se non la finisce con questa farsa la faccio mettere agli arresti. Agli
arresti? Me? Sua moglie?”

“Ti diverti un sacco, non è vero?” Con un ghigno Bueller afferrò una delle
arachidi cadute e la masticò teatralmente.

“Immensamente,” risposte la pilota sogghignando a sua volta.

“Prima o poi Rodriguez riuscirà a trovare il modo di rendere la cerimonia
nulla.”

“Ma fino ad allora…” Luna fermò un’arachide con l’indice e le face seguire
un percorso a forma di cuore. Bueller sorrise, bevve un sorso dal suo
bicchiere e ne osservò il liquido all’interno.

“Che c’è?”

“Che c’è cosa?” Rispose lui guardandola accigliato.

“E’ appena entrata quella guardiamarina che ci siamo contesi per giorni e
non hai fatto una piega.”

“Dove?” Chiese subito il capitano guardandosi attorno. Luna gli posò una
mano sul braccio.

“Che c’è?”

Lui tornò a girarsi verso di lei sorridendo divertito.

“Nulla, che cosa ci deve essere?”

Per tutta risposta Luna gli diede un pugno sulla spalla.

“Ahi!”

“Cosa c’è?” Gli chiese quasi ringhiando.  “L’ammiraglio non ha gradito?”

“Non è colpa nostra,” rispose Bueller stringendo le spalle, poi studiò il
suo bicchiere quasi vuoto, “però…”

“Alla prossima esitazione Ferris, giuro che ti stendo, gradi o meno.”

Il capitano roteò gli occhi esasperato.

“E’ solo che  avrei davvero voluto che almeno per una volta non ci fossero
problemi.”

Alla risata incredula di Luna sollevò il capo sorpreso.

“Andiamo! Tu vivi per i guai, ci sguazzi dentro e se non ci sono, te li vai
a cercare Ferris! Ti annoi altrimenti.” Si fermò vedendo l’espressione di
Bueller, “E’ così no?”

“Certo,” rispose subito il capitano, “hai ragione tu, mi annoierei
altrimenti.” Finì la sua bevanda  tutta d’un sorso e posò il bicchiere sul
bancone. “Preferirei soltanto che i guai non venissero a cercarci
accompagnati da vittime”. Poi sorrise all’improvviso tornando lo stesso di
sempre, “alla prossima donna sposata.”





*USS Hope – Infermeria – 08/04/2397, ore 16:30*

Melanne Grahan digitò sul pannello per far rientrare la piattaforma sulla
quale era disteso il corpo del professor Grisd nel vano e si tolse la
cuffietta dai capelli con un gesto stanco.

“Non ho nulla da aggiungere a quanto già detto al primo esame, tenente”,
commentò senza girarsi.

Senza dire una parola Rest la seguì verso l’ufficio.

“Devo attendere i risultati di alcune analisi,” aggiunse la dottoressa
provando un’inspiegabile desiderio di giustificarsi.

L’ufficiale tattico attese che si sedesse prima di parlare. “Non sono qui
per il professore, conosco i tempi necessari a compiere un’autopsia
completa.” La sua espressione impassibile seguì i suoi gesti senza mostrare
alcuna emozione quando la vide alzarsi nuovamente per avvicinarsi al
replicatore. Scosse la testa quando lei fece un gesto per chiedergli se
volesse qualcosa da bere.

“Sa cosa mi da più fastidio?”

Educatamente Rest sollevò un sopracciglio come per invitarla a proseguire.

“La morte inutile, le vite sprecate senza motivo, per un caso, un
incidente, un errore che si poteva evitare. Crede che gli assalitori
avessero pianificato di uccidere il professore?”

“C’è un buon 65% di probabilità che in realtà volessero rapirlo, “ rispose
Rest.

La dottoressa annuì. “Quindi è stata davvero una morte inutile.”

“Nessuna morte è inutile,” rispose Rest, “ognuna ha un peso.“

Melanne fece un lievissimo cenno di assenso, poi bevve un sorso d’acqua e
posò con attenzione il bicchiere sulla scrivania. “Quando mi sono arruolata
sapevo quello cui sarei andata incontro, non ero e non sono spaventata da
quello che mi aspetta, altrimenti non avrei scelto questo percorso.”
Specificò come se temesse che lui dicesse il contrario. “Ci sono momenti
pero, in cui mi chiedo se tutto questo continuerà ad avere un senso. Lo
stesso che aveva all’inizio.” Non attese che Rest le rispondesse, “poi
accadono cose come questa, battaglie, scontri, feriti e momenti in cui non
hai il tempo per riflettere sul perché fai quello che fai, agisci e basta.
Solo dopo, quando sei sola, in quei momenti in cui il silenzio è il tuo
unico compagno, il peso di quello che ti è accaduto ti assale, e allora
capisci che fino a quando la strada che percorri ha senso per te, tutto il
resto non conta. Il mio percorso segue la giustizia, signor Rest, e vuole
che la morte del professore trovi giustizia. Non mi importa se si tratta di
fanatici o se la loro causa era giusta perché frutto di tante altre morti
prima di questa. Come ha detto lei, nessuna morte è inutile, non deve
esserlo la sua.”

Restarono in silenzio per un po’ dopo quelle parole, infine la dottoressa
trasse un profondo respiro. “Prima ha detto di non essere venuto per
l’autopsia, mi dica cosa posso fare per lei.”

“Volevo sapere se per caso avesse avuto modo di visitare gli assistenti del
professore o il professore stesso quando si sono imbarcati.”

Melanne Grahan lo fissò per un istante perplessa, poi si raddrizzò di
scatto dimenticando tutta la stanchezza. “No, ma uno degli assistenti
soffriva di una forma di deficienza vitaminica ed è venuto in infermeria a
chiedere una dose di farmaco”.

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Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano
occupati. Bertolt Brecht
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