[Stml17] R: [Lon Basta] Scelte

Vanessa Marchetti hazyel91 a gmail.com
Sab 20 Ott 2018 21:43:15 CEST


Bel pezzo anche x me.. mi domando solo una cosa.. sbaglio o da qualche parte avevamo scritto che l’unica nave federale a portata di tiro era la Ammard e le altre navi federali per chiudere lo squarcio o la traiettoria della nave nemica erano lontane? O ricordo male io? Se ricordo bene, dobbiamo togliere il riferimento alle altre due navi federali.. sennò va bene così XD

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Guardiamarina Caytlin
Consigliere
USS Hope NCC-25122
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Da: Silvia Brunati
Inviato: sabato 20 ottobre 2018 11:43
A: USS Hope
Oggetto: [Stml17] [Lon Basta] Scelte

Scusandomi per l'eccessivo ritardo ecco finalmente il mio pezzo.
Ho lasciato volontariamente alcune vicende in sospeso (altrimenti avrei ritardato ulteriormente), ma penso di aver coperto tutti punti.

Spero vi piaccia!

Silvia Br.

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USS Hope – Ufficio del Capo Operazioni - 11/04/2397, Ore 11:05
Lon Basta era arrabbiato per questo tutto attorno a lui era in gradazioni di grigio. 
Non era tanto il sapere che un alieno occupava una parte del suo corpo a farlo infuriare, né tanto meno che l’ammiragliato fosse stato costretto ad adottare una soluzione drastica ad un problema difficile. Era la menzogna che alimentava la sua rabbia e, soprattutto, la consapevolezza che le sue decisioni non fossero mai state veramente sue perché la flotta stellare gliele aveva tolte. 
Questa, fra tutte, era la cosa che lo faceva infuriare di più. 
Rendeva il suo controllo meno forte.
Privava la sua mente di ogni colore.
Per questo motivo, prima di entrare nell’ufficio del capo operazioni, si prese un momento per raccogliere le energie. Aveva bisogno di tempo per rafforzare il proprio autocontrollo, non sarebbe stato bello per nessuno se non ci fosse riuscito. 
“Era ora!” L’accolse Rodriguez bloccando la porta alle sue spalle non appena fu entrato. 
“Cinque minuti,” sottolineò Basta freddamente.
“Ragione per cui dobbiamo bere in fretta”, rispose determinato Rodriguez tirando fuori da sotto la scrivania due bicchierini ed una bottiglia. “Sì, è alcool e, si, ritengo che sia necessario berlo proprio ora,” commentò. “Non ho secondi fini!” Insistette oltraggiato all’occhiata sospettosa di Basta, “non quelli che pensa lei,” si corresse.
Glissando sull’ultimo commento, Basta prese il bicchiere e diede un’incerta annusata al contenuto. “Dobbiamo andare,” insistette subito dopo sbattendolo sulla scrivania con un rumore secco.
“Deve pur sfogare la pressione cui è stato sottoposto in sala ologrammi,” ribatté Rodriguez spingendo il bicchierino verso di lui. “Altrimenti va tutto in vacca.”
“Ho i miei metodi per sfogarmi,” ribatté Basta spingendolo nuovamente verso il capo operazioni.
“Ah sì? Quali?” Gli chiese l’altro portando il proprio bicchiere alle labbra.
“Il sesso.”
Rodriguez sparse liquore tutt’attorno e cominciò a tossire.  “Con…? Vuol dire che lei e…” Gli chiese con voce strozzata.
“No!” Esclamò oltraggiato il betazoide.
“Peccato,” commentò Rodriguez asciugandosi gli occhi e riempiendosi nuovamente il bicchiere, “alle occasioni perdute.” Brindò. Basta ignorò il brindisi incrociando le braccia sul petto. “Alle decisioni incoscienti?” Suggerì a quel punto Rodriguez.
“Perché lei non è arrabbiato?” Chiese alla fine con un sospiro il betazoide.
“Perché dovrei esserlo?” Rispose l’altro stupito.
All’occhiata eloquente dell’altro, il capo operazioni si umettò le labbra e le tirò in una smorfia. “Per come la vedo io, devo solo ringraziare l’alieno per avermi scelto,” rispose. “Quanto tempo pensa sarei rimasto sulla nave scuola prima, sulla Hope adesso e, in generale, nella flotta stellare se non fosse stato per lui? I voti alti non ti salvano se infrangi i regolamenti e la fortuna tende a guardare dall’altra parte quando meno te l’aspetti.” Concluse riempiendo nuovamente il proprio bicchiere, “per quel che mi riguarda, quindi, l’alieno può restare dentro di me finché vuole.” Brindò e bevve.
Basta studiò Rodriguez domandandosi sorpreso quando il grigio che l’aveva circondato come una nebbia fosse svanito.
“Ma torniamo a noi tenente, cosa stava dicendo sullo sfogarsi con il sesso?”
Per tutta risposta il betazoide afferrò il proprio bicchiere e lo svuotò tutto d’un fiato.
 
 
 
USS Hope – Hangar navette - 11/04/2397, Ore 11:10
Bueller e Xyr avevano quasi raggiunto l’hangar navette. Nella loro camminata c’era così tanta tensione che era facile intuire che il loro silenzio non era però quello di due persone che si fanno compagnia con il rispettivo non parlare, ma più una pausa per riprendere fiato prima di discutere nuovamente.
“Ribadisco la mia opposizione a questa missione suicida,” dichiarò l’andoriana rompendo la tregua temporanea. Nonostante il tono formale, l’espressione del suo viso era quella di chi avrebbe volentieri sbattuto la testa del capitano contro il muro.
L’esasperazione di Bueller si manifestò con un suono inarticolato che esprimeva tutta la frustrazione derivata da una discussione che non aveva mai fine. Si fermò in mezzo al corridoio e s i girò verso Xyr a braccia conserte. “Ha un’altra soluzione?” Le chiese esasperato.
“Il signor Tucci …”
“Ne troverà sicuramente un’altra, lo so, ne troverà migliaia,” la interruppe Bueller con uno scatto, “ma non abbiamo tempo.” Ribadì in tono secco, “fra pochi istanti saremmo fuori dalla curvatura e non possiamo permetterci di fare esperimenti.” Le ultime parole le sottolineò scandendole una per una come se le avesse ripetute un’infinità di volte e volesse assicurarsi che questa volta arrivassero a destinazione con chiarezza.
La risposta di Xyr fu il silenzio sottolineato da labbra serrate e sguardo carico di disapprovazione. Bueller aprì la bocca, la richiuse ripensandoci, inspirò a fondo, poi si passò una mano nei capelli come se stesse prendendo tempo per contare fino a dieci. “Non credi che se ci fosse una soluzione diversa da questa l’avrei considerata?” Le chiese sinceramente.
“No.” Fu la risposta secca alla quale Bueller rispose con uno sguardo offeso.
“Ok, speravo in un po' più di credito qui, ma ammetto di non averti dato molte dimostrazioni del contrario,” convenne. “Comunque sia,” tagliò corto, “ne ho ampiamente discusso con Tucci. Intercettare la bomba e condurla dall’altro capo dello squarcio è l’unica possibilità che abbiamo.” Al silenzio continuato di Xyr, Bueller insistette. “Non c’è tempo per altre.”
L’unica reazione dell’andoriana fu un leggero arretrare delle antenne al quale Bueller esclamò. “Me ne assumo la piena responsabilità Xyr! Puoi scrivere tranquillamente nel tuo rapporto che mentre tu cercavi una soluzione al problema, io ho agito alle tue spalle senza avvertirti!”
“È un suicidio,” sbottò finalmente il primo ufficiale tradendo per la prima volta la preoccupazione e l’impotenza.
“È l’unico modo,” ribadì nuovamente Bueller, “non c’è altra soluzione,” ripeté ancora.
“Se anche fosse l’unico modo…” Il suono del comunicatore la interruppe.
=^= Luna a Bueller, stiamo per uscire dalla curvatura=^=
“Bene, tenetevi pronti!” Scattò Bueller riprendendo a camminare verso l’Hangar per poi fermarsi appena prima di entrare. “Un bacio d’addio? Come porta fortuna?” Insistette. Xyr lo fissò a lungo prima di rispondere.
“Ferris…”
=^=In bocca al lupo Ferris! Riportami l’akesh intatto!=^=
“Farò del mio meglio!” Rispose il capitano. La sua espressione perse di colpo l’aria scanzonata di pochi istanti prima facendosi determinata, “sto per salire a bordo, preparatevi ad aprire i portelli.” Ordinò entrando nell’hangar.
=^=Sono già aperti, e se tu non sei a bordo, chi sta rubando il mio akesh? =^= Esclamò Luna sorpresa, ma Bueller non le rispose perché, immobile, pochi passi dopo l’ingresso dell’hangar, fissava il vuoto dello spazio. 
Rest e Rodriguez si girarono a guardarlo.
“O così o un altro pugno capitano.” Gli disse il capo operazioni in tono di scusa.
 
 
 
U.S.S. Hope – Plancia - 11/04/2397, Ore 11:13
Bueller entrò in plancia puntando direttamente alla poltrona di comando seguito da Xyr e Rest. Raramente il capitano della Hope aveva avuto una simile espressione rabbiosa, mai davanti ai suoi uomini. Per questo motivo nessuno osò dire nulla, a parte Tucci che ignaro di tutto continuò a fare i suoi calcoli sotto voce. Alle spalle del capitano, Xyr restò in piedi con le mani dietro la schiena e lo sguardo fisso sullo squarcio mentre Rest raggiungeva la sua postazione. Quali fossero i pensieri dell’andoriana in quel momento non era chiaro, sembrava combattuta fra la rabbia e la preoccupazione.
“Rapporto!” Abbaiò Bueller dopo qualche secondo con il mento appoggiato al pugno chiuso.
“Stanno aprendo i tubi di lancio della bomba,” rispose Luna dalla sua postazione, le mani sulla consolle che sembravano fremere per entrare in azione.
“Secondo i miei calcoli, se l’akesh riuscirà ad agganciarla come previsto, ci sarà tempo sufficiente a portarla oltre lo squarcio prima che esploda,” intervenne Tucci senza alzare lo sguardo dalla consolle, “in modo che l’esplosione lo chiuda definitivamente invece di aprirlo del tutto.” 
Diverse teste, in plancia si girarono a guardarlo con espressione sorpresa.
“Sbaglio o è stato chiaro quello che ha detto?” Chiese Luna al suo co-pilota.
“Trenta secondi allo sgancio della bomba.” Annunciò impassibile Rest dalla sua postazione.
“Che aspettate?” Sbottò Bueller, “dopo tutta la fatica che ha fatto per rubarmi il momento di gloria, non sarebbe sportivo rovinare tutto facendo saltare il piano restando immobili. Diamo a Basta un diversivo! Fuoco!”
 
 
Akesh - 11/04/2397, Ore 11:15
Mentre aspettava l’uscita della bomba nell’akesh occultato, Basta rimpiangeva soltanto di non aver visto l’espressione di Bueller quando l’aveva visto andar via, ma era certo che se fosse tornato, quando fosse tornato, si corresse, Rodriguez gli avrebbe raccontato tutto nei minimi dettagli. 
Convincere il capo operazioni ad aiutarlo non era stato difficile, lui e Paulo avevano stretto una strana amicizia, non insolita come quella con Tucci, ma comunque inconsueta, che si basava su una forma di rispetto reciproco che Lon doveva ancora capire.
Rest, invece, era stato tutto un altro discorso.
Basta aveva dovuto condensare in pochi minuti tutta la sua capacità logica per ottenere la sua collaborazione. Era stato stimolante, ma anche faticoso. Molto faticoso. E Lon non era del tutto sicuro che il vulcaniano si sarebbe lasciato convincere ad aiutarlo dai suoi ragionamenti se non fosse stato d’accordo con lui fin dall’inizio. Per ora però, si sarebbe goduto questa vittoria di logica come se fosse stata reale.
Attorno a lui la battaglia infuriava, la Hope stava cercando di dare più fastidio possibile alla nave nemica come se avesse veramente intenzione di fermarla. Poco distante le altre due navi della flotta stellare cercavano disperatamente di chiudere lo squarcio prima che fosse troppo tardi. Non che ci sarebbe riuscite pensò Basta vedendo la bomba uscire dall’hangar, non c’era sufficiente tempo.
Il tema del tempo effettivamente era la cosa che più lo preoccupava al momento.
I secondi gli sfuggivano dalle mani mentre si avvicinava all’ordigno ed era tutta una questione di intercettarla al momento giusto per spingerla oltre il punto in cui sarebbe dovuta esplodere. Oltre lo squarcio. Per chiuderlo definitivamente.
Aveva paura di sbagliare? Si. 
Era terrorizzato all’idea di non tornare? Si.
Avrebbe preferito lasciarlo fare a Bueller? Nemmeno per idea.
Quello era compito suo, non del capitano. E prima questi l’avesse capito, meglio sarebbe stato per tutti.
Rimpiangeva soltanto il non averglielo potuto dire in faccia. 
L’akesh era a poca distanza dalla bomba ormai, nessuno avrebbe sparato lì, sarebbe stato troppo rischioso. Con la coda dell’occhio vide la Hope posizionarsi fra lui e la nave nemica ed un sorriso gli comparve sul viso. Luna gli aveva perdonato il furto dell’akesh. Forse.
Dieci secondi all’attivazione del raggio traente. 
Secondo i calcoli di Tucci, che aveva raccontato a lui e Rest del piano del capitano, non appena la riunione con il comandante Xyr si era conclusa, l’akesh avrebbe dovuto trainare la bomba fin poco oltre lo squarcio e a quel punto tornare indietro. Il tutto pochi istanti prima che esplodesse.
Basta aveva silenziosamente detto all’alieno che se pensava che fosse troppo rischioso per una parte di lui sorpassare lo squarcio anche per soli istanti era meglio se facesse sentire subito, anche solo con un gesto minimo. Non c’era stata risposta.
Questo aveva deciso tutto.
Cinque secondi all’aggancio.
Aveva le mani sudate. 
La rabbia l’aveva sempre sostenuto, aveva guidato i suoi primi passi dopo il suo ritorno su Betazed, gli aveva impedito di impazzire prima.
Ora gli permetteva di affrontare quel piano folle e portarlo a termine.
Tre secondi all’attivazione del raggio.
Il conto alla rovescia ora scorreva davanti ai suoi occhi con una lentezza che faceva impressione. La bomba era quasi arrivata al punto di non ritorno, se avesse sbagliato questa non ci sarebbe stata speranza per nessuno e lui non l’avrebbe permesso.
La speranza era l’ultimo acquisto della sua brillante personalità. Era cresciuta come un chiarore praticamente inesistente nella sua aurea nera, facendosi più forte ogni giorno, senza che lui se ne accorgesse, diventando sempre più forte.
Non come la rabbia, mai come quella, ma sufficientemente da fargli attivare il raggio traente quando il conto dei secondi raggiunse lo zero e spingere l’akesh a tutta velocità verso lo squarcio.
 
 
U.S.S. Hope - Plancia - 11/04/2397, contemporaneamente
Mentre la battaglia infuriava, Bueller aveva silenziosamente attivato il monitoraggio del percorso della bomba. Nonostante fosse, giustamente, indignato per il gesto di Basta, era nello stesso tempo terrorizzato che fosse inutile. Perdere uomini non rientrava nei suoi piani, preferiva essere lui a sacrificarsi. 
Questo non l’avrebbe mai ammesso però con nessuno. Molto meglio continuare a fingersi arrabbiato e pronto a scuoiare vivo Basta quando fosse rientrato.
“Aggancio effettuato!” Grido anticipando Rest quando vide comparire l’akesh e i sensori registrarono lo spostamento della bomba. “Muoviamoci! Non devono riuscire a fermarlo!”
Ma Luna non aveva bisogno dei suoi ordini, non ne aveva mai avuto bisogno a dire il vero. Fin dai primi tempi in accademia non avevano mai avuto bisogno di parole per entrare in azione. Il timoniere aveva già posizionato la Hope davanti all’Akesh e stava cercando di ostacolare l’intervento della nave nemica.
Bueller continuò a tenere monitorato il movimento della bomba e di Basta mentre Xyr si era portata avanti, le antenne tese e la faccia indurita dalla tensione e ordinava il fuoco.
 “L’akesh è quasi allo squarcio,” disse Tucci. L’ufficiale scientifico era così concentrato sulla sua consolle da non rendersi conto di quello che accadeva attorno a lui. 
“Non riusciranno a fermarlo!” Esclamò Luna digrignando i denti, “devo avere indietro il mio akesh!”
In un improvviso momento di lucidità Bueller realizzò che nessun capitano aveva un equipaggio come il suo. Doveva ringraziare l’alieno per questo.
 
Akesh - 11/04/2397, Ore 11:18
Lo squarcio era davanti a lui e i sensori stavano esplodendo. Basta era consapevole che se anche un solo colpo fosse arrivato all’Akesh con sufficiente forza da farlo deviare, sarebbero stati secondi che non avrebbe potuto sfruttare per il ritorno, ma sapeva che la Hope non avrebbe permesso che accadesse.
Un sorriso tirato, da folle, gli comparve sul viso mentre si avvicinava inesorabilmente allo squarcio. Di tutti i pensieri che l’avevano tormentato in quegli ultimi minuti solo due restarono con lui e di quelli sono uno quando l’Akesh superò lo squarcio.
Uno cui si aggrappò con tutte le sue forze.
Doveva tornare, aveva un motivo per tornare.
Sganciò la bomba.
 
U.S.S. Hope - Plancia - 11/04/2397, contemporaneamente
Un colpo della nave nemica superò la Hope andando dritto verso l’akesh. I sensori non riuscirono a penetrare lo squarcio per cui nessuno, per i pochi istanti prima che la bomba esplodesse, seppe se Basta fosse riuscito a superarlo o se fosse stato colpito prima.
Pochi istanti che sembrarono ore a Bueller.
Annni alla dottoressa Grahan in infermeria.
I secondi che dovevano essere a Tucci che continuava a fare i suoi calcoli.
Poi la bomba esplose e la sua potenza fu tale da accecare tutti i sensori, far tremare la Hope, saltare diverse consolle.
Poi scese il silenzio.
“Signor Tucci?” Chiese Bueller.
Tucci non rispose attendendo una reazione dalla sua consolle.
“Signor Tucci?” 
L’ufficiale scientifico rispose con dei gesti della mano come per dire di non disturbarlo.
“L’esplosione ha investito la nave nemica,” disse finalmente dopo qualche secondo, “distruggendola.”
“E…”
“Lo squarcio è chiuso!” Esclamò trionfante l’ufficiale, “sapevo di aver ragione.”
“E…?” chiese ancora Bueller trattenendo con evidente sforzo la tensione.
“Non si riaprirà, secondo i miei calcoli la potenza della bomba è stata tale da eliminare ogni possibilità che ciò accada.”
Caytlin posò una mano sulla spalla di Bueller prima che questi si alzasse di scatto.
“I sensori stanno scansionando la zona dell’esplosione dove si trovava lo squarcio,” commentò Rest intervenendo. “Rilevano l’akesh.”
“Segnali di vita?”
“Deboli.”
Il sollievo, come un’ondata d’aria fresca, si diffuse in tutta la plancia, per essere interrotto dall’esclamazione indignata di Luna.
“Come ha ridotto la mia nave!!!?”
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Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati. Bertolt Brecht
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