[Stml9] 6.11 - Suri - Interpretazioni
Monica Miodini
hannadegliiapigi a hotmail.it
Dom 21 Ago 2016 12:12:56 CEST
Meraviglioso Elena , era ora di passare al contrattacco !
Ottieni Outlook per Android<https://aka.ms/ghei36>
On Sun, Aug 21, 2016 at 12:26 AM +0200, "Elena Fuccelli" <mf9115 a mclink.it<mailto:mf9115 a mclink.it>> wrote:
Sapete tutti quanto sono in ritardo... Va beh, prima o poi mi
manderete definitivamente a quel paese se già non lo avete fatto.
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INIZIO TRASMISSIONE
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Baffin – Sala riunioni 1 - ore 20,10
“TaH pagh taHbe” - disse Enizia, nel suo miglior klingon.
“E questo sarebbe? - domandò il capitano Norton, incuriosito – Cos'è,
un poema klingon?”
La sala riunioni uno era stata riarredata per l'occasione. Il tavolo
da riunioni era stato ricoperto da una tovaglia candida, appena
replicata. Piatti e bicchieri erano stati lucidati con cura ed il
menu studiato con attenzione. Anche le sedie erano state coperte in
modo da far assomigliare l'ambiente al tavolo del capitano di una nave
da crociera – un dispendio di energia che in un altro momento Enizia
avrebbe giudicato inutile e dannoso, ma che questa volta perfino Suri
aveva approvato. Bisognava impressionare gli ospiti.
*Peccato che non siano realmente ospiti * - pensò Enizia, cercando di
mantenere in faccia il sorriso che si era imposta dall'inizio della
serata. Sembrava uno di quegli olodrammi in costume che erano andati
di moda sulla terra negli anni in cui era all'Accademia, rifletté
guardando il proprio volto nel rovescio di un cucchiaio. Gli ufficiali
di una nave terrestre del diciassettesimo secolo che invitavano al
tavolo del capitano il romantico corsaro nemico che aveva catturato la
nave. Peccato che l'uomo che le era seduto accanto in quel momento non
avesse proprio nulla di romantico. Anzi...
“In realtà, è la traduzione di un dramma umano – disse Enizia, e alzò
il bicchiere per sorbire distrattamente un sorso di birra romulana
sintetizzata. Tutte le riserve più o meno clandestine di autentica
birra romulana erano state sacrificate tempo prima. A meno che Volkoff
non avesse più niente di nascosto nel proprio alloggio. Le sarebbe
piaciuto approfittare dell'opportunità per mandare qualcuno a dare
un'occhiata, visto che insieme a Samak e a Pierce, il russo era stato
spedito in ostaggio sulla Cepheus. Alzò lo sguardo verso l'altro capo
del tavolo, dove era seduta Suri. No, tutto sommato non sarebbe stata
una buona idea. Quei due avrebbero finito con l'accorgersi sarebbero
accorti che l'altro capitano non subiva effetti dall'alcool.
Non dovevano capire che Suri era un ologramma.
“E' la traduzione in klingon della prima frase del monologo di Amleto.
Essere o non essere.” - continuò.
“E' stato tradotto in klingon?” - si stupì Norton.
“Oh, si – confermò Enizia – In effetti, l'ho anche visto recitare in
lingua klingon”
“Le nostre banche dati non contengono molto della lingua o della
cultura klingon – disse Peter David - So solo che all'epoca erano
nemici, che ci sono state guerre e morti... Molti morti”
“Le cose cambiano – intervenne Luz Fuentes – Non abbiamo più
combattuto con i Klingon dai tempi degli accordi di Khitomer, nel
2293”
Lo sguardo di Norton si incupì:
“Mio nonno è sfuggito a quella guerra solo per avere a che fare con
una guerra ancora peggiore. Che anno ha detto? 2293? In quel periodo,
i naufraghi della Cepheus stavano combattendo per sopravvivere in
questo ambiente, questo Quadrante Delta che è stato la nostra
prigione. La nave non era preparata ad un viaggio del genere.
L'equipaggio non era preparato ad un viaggio del genere.”
“Avrebbero dovuto fare solo un esperimento, e poi tornare a casa –
rimarcò David – Non erano esploratori e non erano militari. La Cepheus
non aveva neanche dei siluri fotonici a bordo.”
“So che l'equipaggio della nave era in gran parte composto da
ricercatori civili” - disse Timeran Bhreel.
Il più giovane sembrò decidere di prendere l'iniziativa. Appoggiò le
posate sul tavolo e guardò dritto verso la trill, seduta di fronte a
lui:
“In effetti è così – disse - Lei sembra sapere della Cepheus più di
tutto il resto dell'equipaggio della nave, capitano compreso”
“Voi sapete già perché conosco quella storia – rispose la consigliera
– Sappiamo che avete controllato le nostre banche dati. Anche quella
sui trill”
“Nemmeno sui trill i nostri antenati sapevano molto... - disse Norton
– Non mi dispiacerebbe sapere che cosa faceva un giornalista trill
sulla Terra nel 2278, ma lasciamo andare... Che cosa sa sulla Cepheus?
Che cosa le dicono i suoi ricordi delle persone che ci sacrificarono
in quella missione?”
La trill abbassò gli occhi e scelse con cura le parole:
“Non ho mai creduto nelle cospirazioni. Ma credo che il precedente
ospite del mio simbionte sia morto per aver cercato di approfondire il
caso della scomparsa della Cepheus”
Cepheus – Luogo imprecisato - ore 20,10
Zac non avvertì subito quello che stava succedendo. Lì per lì,
sembrava solo un altro codice, non abbastanza diverso dagli altri da
attirare la sua attenzione, ma poi si rese conto – se rendersi conto
è la definizione – che era isolato dagli altri. Non era legato a nulla
e sembrava non avere alcuna funzione, eccetto quella di navigare tra i
sistemi informatici della nave, fermandosi solo quando incontrava
qualche sistema incompatibile – un problema che aveva avuto anche lui,
inizialmente. I sistemi di quella nave provenivano erano stati creati
da molte razze differenti. Chi li aveva inglobati non si era
preoccupato di integrarli nella maniera migliore o più compatibile;
piuttosto aveva provveduto a sovrapporli gli uni agli altri in maniera
da farli in qualche modo funzionare.
Cercò di assorbire il codice per poterlo conservare e studiare con
comodo all'interno di una delle sue molte subroutines, ma il codice
gli sfuggì, letteralmente, imboccando una consolle e poi passando
subito attraverso le reti che gestivano le comunicazioni interne. Zac
lo seguì e riprovò ad inglobarlo. Di nuovo il codice gli sfuggì,
scivolando tra le reti, giù verso il sistema che gestiva la sicurezza
della nave. In un anfratto del suo programma, si chiese se non fosse
stato scoperto, se non fosse lì per lui, se il codice non fosse che un
modo della nave per attirarlo dove non avrebbe potuto uscire. Doveva
preoccuparsi della bambina, quella bimba così sola e che in breve
tempo aveva inciso tanto profondamente nelle sue subroutines. Esitò,
ma la sua programmazione primaria lo portava ad indagare e quindi finì
con il continuare a seguire il codice straniero, intrigato dal mistero
e nello stesso tempo diffidente.
Baffin – Hangar navette - ore 20,10
Steve Payton finì di agganciare il casco alla tuta extraveicolare,
quindi accennò alle sue spalle che aveva completato il controllo dei
sistemi. Il capitano della Curie, dietro di lui, chiuse il portellone
della camera di compensazione, quindi gli fece segno mostrò che per
depressurizzare la cella. L'uomo accennò di sì un'altra volta. Da
dentro la tuta non era in grado di avvertire il sibilo dell'aria che
usciva rapidamente dalla camera di compensazione, né il freddo dello
spazio esterno, ma quando il portellone si aprì non poté fare a meno
di provare un brivido.
Si mise in posizione. Suri si chinò accanto a lui, mettendosi a sua
volta in posizione.
“Sono pronto” - disse nella radio.
=^= Dalla partenza, dovremo osservare completo silenzio radio - lo
avvisò Suri – Dalla Curie ci terranno d'occhio, ma non potranno
teletrasportarci indietro se qualcosa andasse storto”
Nel suo dizionario personale, quello voleva dire che erano da soli e
che solo le loro pelli sarebbero state a rischio, in quella missione.
“Affermativo” - era l'unica cosa che potesse dire in quel momento,
pensò.
=^= Tre. Due. Uno. Lancio! =^=
Partì. La pressione gli fece incassare il capo tra le spalle. Avvertì
alla bocca dello stomaco la differenza di gravità, ma per precauzione
era stato attento a non mangiare nulla nella giornata – da quando il
capitano Enizia gli aveva ordinato quel lancio extraveicolare. Dai
comandi sul braccio destro, riusciva a regolare facilmente la spinta
data dai razzi. Il casco non gli permetteva di girare la testa più di
tanto, ma con la coda dell'occhio riusciva a cogliere la linea tenuta
dal capitano della Curie, a poca distanza da lui.
Una navetta non sarebbe stata in grado di uscire senza che i
discendenti della Cepheus se ne accorgessero. Invece, un corpo non è
distinguibile da un qualunque meteorite metallico di passaggio e
quindi è difficilissimo da individuare anche con sensori molto
sofisticati. A meno di non aspettarselo. A meno di non cercarlo
apposta. A meno di una botta di sfortuna tale da bastarti per il resto
della vita...
Il bracciale gli mostrò un lieve sbandamento e con un colpetto ai
razzi corresse la rotta. Non avevano punti di riferimento in quello
spazio totale, nero e profondo. Solo la nave alle sue spalle e
l'ammasso oscuro della sua destinazione. Controllò di nuovo. Rendez
vous meno 14 secondi. Dodici. Undici. Dieci...
Cepheus – Hangar navette - ore 20,10
Gli uomini che li sorvegliavano si stavano annoiando. Bene. Un uomo o
una donna che si annoiano tendono a distrarsi, pensò Volkoff.
Per conto suo, aveva troppo da pensare alla missione per annoiarsi. Se
aveva calcolato bene, il timoniere della sua nave ed il capitano della
Curie in quel momento stavano arrivando all'esterno della Cepheus ed
un'occhiata a Samak gli fece capire che anche lei aveva fatto il
medesimo calcolo. Pierce, dal canto suo, aveva già provveduto a
effettuare la sua parte. Lo aveva visto appoggiarsi casualmente alla
consolle del teletrasporto all'arrivo a bordo di quella nave. Volkoff
non avrebbe saputo fino al loro ritorno a bordo della Baffin se il
programma aveva funzionato o no. Sempre che fossero ritornati.
Li avevano riaccompagnati nella medesima cella dove li avevano tenuti
la prima volta. A sorvegliarli in quel momento erano in tre, gli
stessi uomini e la donna dal volto angoloso che li avevano accolti
alla pedana del teletrasporto al loro primo arrivo. Mancava solo
David, che in quel momento stava cenando al tavolo del capitano sulla
Baffin.
Le braccia munite di armi borg erano abbassate. Non si aspettavano da
loro una ribellione. Del resto, non avevano nessuna intenzione di
ribellarsi. Avrebbero fatto la loro parte di ostaggi fino in fondo.
Volkoff sorrise tra sé.
Quasi, fino in fondo.
Cepheus – Luogo imprecisato - ore 20,28
Zac non aveva ancora raggiunto quel codice così elusivo. Continuando a
seguirlo, aveva raggiunto i sistemi di sicurezza della nave. Non erano
i migliori che avesse mai visto. I sensori avrebbero avuto bisogno di
riallineamento. Le armoniche erano sfasate di almeno due millimetri,
un difetto che – comprese – risaliva ad una antica riparazione.
Probabilmente, negli anni qualcuno aveva improvvisato una giuntura tra
due sistemi ed aveva ringraziato qualunque entità pregasse perché
l'unione sembrava funzionare. L'inquinamento da naniti borg era
ancora più pesante di quello presente in altri sistemi, ma Zac era una
entità singola ed i naniti lo ignoravano, rimanendo inattivi al suo
passaggio. Il codice, dal canto suo, sembrava essersi fermato
all'interno del sistema di sicurezza della nave, come se avesse
raggiunto la sua destinazione finale. Zac lo sondò, delicatamente,
appena sulla superficie. Si rese conto che – nonostante la sua
apparente estraneità, possedeva in realtà uno schema molto simile al
suo.
D'improvviso, si rese conto che il codice si stava espandendo.
Duplicava le sue righe aggiungendole a sé, moltiplicandosi, invadendo
lo spazio di quella rete.
Un virus! pensò Zac. Eppure, il codice non attaccava le reti,
continuando ad operare in perfetto isolamento. Si limitava a crescere
ed espandersi, senza fretta, ma con evidente determinazione. Presto
gli operatori alle consolle si sarebbero accorti di un rallentamento
nell’operatività dei sistemi della sicurezza della nave ed avrebbero
dovuto lanciare una diagnostica. Avrebbero scoperto il virus… E peggio
ancora, avrebbero scoperto lui.
Cepheus – Luogo imprecisato - ore 20,28
Steve Payton regolò i comandi della sua tuta per rallentare la sua
corsa. Stavano arrivando a destinazione. Sotto di lui, c’era la sagoma
oscura della Cepheus… Un nome di comodo, visto che solo una parte di
essa era uscita dai cantieri della Flotta Stellare. Tante parti erano
state ricavate da relitti di altre navi. Si chiese che velocità di
curvatura sarebbe stata in grado di raggiungere. Non elevata, ne era
sicuro. Anche la sua capacità di manovra doveva essere limitata...
Il capitano della Curie attirò la sua attenzione e puntò il dito verso
un punto della struttura. Gli uomini della Cepheus non avevano
sottratto al loro equipaggio gli strumenti. Non avevano nemmeno
provato a cancellare i dati che gli uomini stavano riportando a bordo
delle loro navi. Eppure, avrebbero dovuto sapere che la loro nave era
protetta dai sensori esterni, ma non da una rilevazione che procedesse
dall' interno... E la dottoressa Fuentes aveva trovato le tracce degli
esseri senzienti, con tutte le loro posizioni. Non era stato difficile
ricavarne un tracciato, per quanto sommario.
Suri estrasse dalla tuta quattro piccoli apparecchi, che appoggiò alla
superficie in duranio, formando un quadrato. Li magnetizzò, quindi
tirò fuori un piccolo faser a luce sottile ed iniziò a perforare lo
scafo esterno al centro del quadrato. Steve la imitò, partendo
dall'altro lato, stando attento a non superare mai il margine
inquadrato dai quattro apparecchi. Il capo ingegnere, Brown, gli aveva
detto che da quella distanza sarebbero bastati pochi minuti a
praticare un buco abbastanza grande per farli passare, ed in effetti
dopo pochi minuti Steve si appoggiò al quadrato delimitato con tutta
la forza dei retrorazzi della sua tuta. Lo sentì cedere. Entrò.
Avvertì immediatamente il peso della gravità artificiale che tornava a
gravare sulle sue gambe.
Pochi istanti dopo, Suri lo seguì all'interno. Fino a quel punto,
tutto bene.
Si guardò intorno. Si trovavano, come previsto, in un angolo di un
vecchio hangar navette. Doveva essere stato usato come deposito di
materiali per la quantità di ciarpame che si vedeva in giro. Comunque,
non c'era nessuno e a lui andava bene così. Sganciò il casco e con
qualche difficoltà si sfilò la tuta extraveicolare. La temperatura era
piuttosto bassa. Sopra di lui, si vedeva il cielo nero e privo di
stelle attraverso il buco che avevano appena attraversato.
“I connettori che abbiamo piazzato all'esterno faranno credere ai
sensori della nave che non c'è niente di strano e manterranno la
pressione interna con il loro campo di forze, quindi non dovremmo
avere problemi da quel lato. Tutto bene?” - gli chiese il capitano. La
donna si stava finendo di sfilare a sua volta la tuta EVA.
“Tutto OK. Ma da qui, dove andiamo esattamente?” - domandò Steve.
“C'è una zona abitativa, a tre ponti da qui. E' lì che si trovano i
vulcaniani che ci hanno contattato”
“Tre ponti! - esclamò il timoniere – Come facciamo ad arrivare là
senza che la sicurezza si accorga di noi?”
“Pierce invece di richiamare Zac, attraverso la sua connessione Borg
ha trasmesso un virus che in questo momento sta infettando i terminali
della sicurezza. Questo significa che prima di tutto, dobbiamo trovare
un terminale aperto... Devo recuperare Zac. Lui, e tutte le
informazioni che nel frattempo è riuscito a raccogliere. E' pronto,
tenente?”
“Perché, ne dubita? Andiamo!”
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FINE TRASMISSIONE
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Per chi non lo avesse ancora visto...
https://youtu.be/CiRMGYQfXrs
Ciao! ;-D
Elena
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Capitano Suri
USS Curie
Progetto Pytheas - Delta Quadrant
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ICQ 33856678
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