[Stml9] [06.09 Brown - Giustizia e verità]
Luigi Fantin
alan.brown.pytheas a gmail.com
Gio 30 Giu 2016 12:05:18 CEST
Magari avevano una nave ospedale. Ho visto che non usavano il teletrasporto
ai tempi, per nascondere l'unione.
Probabilmente non si facevano nemmeno curare.
GG
Il giorno 30 giugno 2016 11:46, Maddalena <vampitrill a gmail.com> ha scritto:
> Premetto che il brano mi è piaciuto moltissimo, compresa la parte che
> descrive Keval e la sua morte. Anche l'evoluzione di Zac mi è piaciuta
> molto, sia come descrizione che come spunto per il futuro. Bello.
>
> C'è solo una cosa che riguarda le datazioni.
> La storia della Cepheus parte nel 2278, quindi circa epoca di Kirk. I
> Trill sono conosciuti, perchè Dax dice che un suo precedente ospite è
> andato sulla Terra nello stesso periodo e ha avuto un intrallazzo con
> Mccoy. Quindi anche i tizi della Cepheus dovrebbero conoscere la razza
> (brano precedente, ma mi è venuto in mente ora). Però sembra che
> l'esistenza dei simbionti non sia nota fino all'epoca di Picard (dovrebbe
> essere scoperto nell'episodio "l'Ospite" della quarta stagione di TNG). Ma
> se così è, non possono salvare il simbionte in ospedale. Però,
> probabilmente c'è una qualche misura di sicurezza in caso di morte se i
> trill se ne vanno a spasso sulla Terra. Che ne dite?
>
>
> Il 29/06/2016 23:47, Luigi Fantin ha scritto:
>
> eccomi!
> sempre in ritardo e come al solito è un periodaccio.
> Mi sono dovuto preparare per una delle più belle corse della stagione e un
> paio di progetti hanno assorbito la mia già fragile mente.
>
> un saluto a tutti
>
> ===================
> USS Cepheus – luogo e tempo irrilevanti
> Zac stava sospeso ad osservare il flusso del codice. Lo faceva spesso
> perché gli era stato insegnato così dai suoi creatori. “Si impara sempre
> qualcosa di nuovo osservando il codice degli altri.” diceva il vecchio
> Brown. Ed in effetti aveva ragione, Zac aveva imparato un sacco di cose da
> quando era stato creato. Aveva visto e assimilato codice proveniente da
> tantissime razze dei diversi quadranti. Esisteva codice lineare,
> estremamente performante, oppure elaborato e pieno di fronzoli ma geniale
> nella sua eleganza. C’era codice oscuro: scritto in modo talmente difficile
> da interpretare, da risultare praticamente inutile, funzionava solo per
> confondere gli inesperti alle prime armi . C’era perfino del codice che non
> era riuscito a capire cosa facesse. Proveniva da una di quelle razze strane
> a cavallo tra due dimensioni. Neanche gli umani lo avevano capito. Era
> comunque lì, ogni tanto lo faceva girare e lo guardava, per imparare.
> Li aveva integrati tutti, qualcuno di più, altri meno, ma ognuno aveva
> dato il suo contributo. Oh, si, anche i Borg. Ma il contributo dei Borg in
> Zac non era dato dal loro codice, gli era stato dato da un’idea del giovane
> Brown che poi aveva rielaborato lui stesso. Come l’aveva definita Brown?
> “a la Zac”. Modificava il codice di continuo e lo adattava alle situazioni.
> Polimorfismo adattativo, lo chiamava lui. In effetti da quella volta aveva
> rielaborato il proprio codice in funzione di quell’idea ed era piano piano
> cresciuto, si potrebbe anche dire evoluto. Senza prendere la parola troppo
> sul serio. Però era cambiato, lo sapeva. E lo sapeva anche Brown. Prima o
> poi avrebbero dovuto parlarne.
> “Ecco quel frammento.” Zac lo seguì. Mutò rapidamente e Zac fece lo
> stesso. Non c’era una vera e propria firma o un seme a cui agganciarsi per
> la ricerca, ma Zac lo riconosceva dal modo in cui cambiava era uguale a
> come faceva lui. Era un segnale, probabilmente una sorta di feedback. Un
> richiamo che lo porto giù, nel cuore del sistema. Dentro la parte più
> nascosta di se stesso.
>
> Flashback - San Francisco, Terra - 15 agosto 2278 - ore 20.55
> La luce lo investì improvvisamente, abbagliandolo. Kevel si abbassò lo
> sguardo proteggendosi gli occhi con una mano. Quando uscivi dal Daily
> Quadrant Building capitava spesso che qualche altro grattacielo ti
> riflettesse i raggi del sole al tramonto dritto in faccia. J J Jameson, il
> capo, diceva che era la luce della verità che solo il Daily Quadrant ti
> poteva dare. Quella stessa luce che si era spenta proprio quel giorno
> quando gli avevano rifiutato l’ultimo articolo che aveva preparato sul caso
> Cepheus. Era ancora nel Dpad che teneva in mano e da li non sarebbe mai
> uscito.
> “Ragazzo, questa roba ormai è vecchia. Non interessa più a nessuno. I
> lettori vogliono notizie fresche!” aveva cominciato il capo redattore.
> “Ma, signor Jameson, la gente deve sapere le cose come stanno. Qualcuno
> sta cercando di nascondere la verità a tutti i costi.”
> “Non hai prove. Hai solo quel pad con su tutta quella roba che chissà da
> dove viene.”
> “Molte informazioni sono state confermate anche dai fatti.” Aveva
> insistito Kevel.
> “A me sono sembrate coincidenze. Andiamo ragazzo, esseri alieni
> sconosciuti che ci lasciano una tecnologia senza il libretto di istruzioni?
> Sembra la trama di un telefilm di qualche secolo fa.”
> “La Federazione ha dovuto fare anche marcia indietro sulla questione degli
> scudi adattativi.”
> “Basta! Non c’è stata una smentita ufficiale. L’unica cosa di ufficiale è
> stata la denuncia al Daily e la diffida al pubblicare altri articoli
> diffamatori. Il caso è chiuso!” E con questo lo aveva rispedito nel suo
> ufficio. Non era da Jameson comportarsi così. C’era qualcosa sotto.
> Possibile che il Daily avesse subito delle pressioni dall’alto per far
> tacere la notizia?
> Per tutto il giorno non era riuscito a pensare ad altro e anche adesso
> che stava tornando a casa faceva fatica a pensare ad altro.
>
> USS Cepheus – luogo e tempo irrilevanti
> Adesso era in piedi al centro della stanza. Si guardava in torno cercando
> un solo particolare che fosse fuori posto o diverso da come ricordava quel
> luogo. Le pareti erano coperte di scaffali di legno scuro in cui erano
> stipati libri e altri oggetti. Qualche vecchio computer, ormai pezzo da
> museo, faceva bella figura nei ripiani più alti. C’erano piccoli schermi
> tra un libro e l’altro che mostravano vecchie foto di famiglia. Tutto era
> ben ordinato e non c'era traccia di polvere. La finestra dietro la grande
> scrivania proiettava un fascio di luce all’interno della stanza e la figura
> in piedi risultava nera in controluce.
> Chiaramente era tutto finto. Una ricostruzione perfetta di quel vecchio
> studio che aveva visto così tante volte.
> “Caro Zac, ti stai comportando molto bene. Sono fiero di te. Come posso
> darti una mano?”
> “Signore?” Era il modo in cui Zac si riferiva al suo vecchio sviluppatore.
> “Se sei venuto fin qua giù sarà per un motivo, immagino. E’ per via della
> bambina?”
> “Precisamente Signore. E’ sicuramente in pericolo sulla Cepheus e questa
> situazione ha attivato qualche subroutine che mi obbliga a salvarla. D’alto
> canto il signorino mi ha dato il compito di introdurmi nei sistemi della
> nave ostile per trovare il modo di salvare le nostre navi e il loro
> equipaggio.”
> “Mi sembra confuso…”
> “No Signore”
> “A chi hai dato la priorità?”
> “Alla bambina, Signore.”
> “E lo sai il perché?”
> “Stavo seguendo la traccia di codice che partiva dalla subroutine che si è
> attivata. La funzione di annotazione del codice indicava lei come autore
> del codice. Erano parecchi anni che non vedevo quello stile, Signore,
> ancora mi stupisco di come…”
> “Zac…”
> “Mi sono permesso di seguire le definizioni fino giù in profondità ma ad
> un certo punto... Forse un puntatore a funzione indirizzato male. O un
> deterioramento dei cristalli ha provocato la riallocazione delle strutture
> in memoria...”
> “Non è da te perdersi, Zac.”
> “Ha ragione Signore. Ma qui in profondità non sono mai arrivato è ho un
> po’ di… timore potrei dire. Non sapevo bene cosa aspettarmi.”
> “Ti capisco benissimo. Per noi umani è la stessa cosa. Non si può mai
> sapere cosa può esserci nel profondo del nostro io. Ma tu Zac sei già
> diventato umano?”
> “Per la verità, Signore, sapevo che da qualche parte c’era lei. Come so
> che da qualche parte c’è anche il Signorino Alan, anche se non l’ho ancora
> trovato. Ho visto che questo processo girava in ring 0 con privilegi
> elevati e così ho deciso di dare un’occhiata. Questa stanza è esattamente
> come la ricordavo. A questo punto deduco che la priorità alla bambina
> l’abbia data lei Signore.”
> “No Zac, l’hai data tu. Io avevo messo quella funzione di callback come
> sicurezza. Per darti un rinforzo nel caso non tu non avessi dato il giusto
> peso ad una situazione come questa. Ma vedo con piacere che è codice
> vecchio e non serve più, puoi commentarlo. E poi io qui non sono nemmeno
> reale: sono codice. Sei tu che mi stai facendo girare.”
> “Lei Signore mi ha sempre insegnato che nessuna vita è più importante di
> un’altra. E per me sono tutte importanti. Ma ho pensato che quella bambina
> la sua vita non l’ha ancora vissuta. E’ molto giovane, tutte le altre
> persone hanno già fatto molte scelte e vissuto le loro esperienze molto più
> a lungo. Credo di aver deciso che quella bambina abbia il diritto di vivere
> anche lei la sua vita. Un privilegio così non va sprecato.”
> “Ah! e poi ti chiamano ologramma…”
>
> Flashback - San Francisco, Terra - 15 agosto 2278 - ore 21.15
> Il primo uomo si staccò dal lampione su cui era appoggiato appena Kevel lo
> superò, ma nessuno ci fece caso.
> “Devo trovare un modo per pubblicare almeno questa ultima notizia.” pensò
> Kevel mentre si dirigeva alla fermata della sopraelevata. “La Federazione
> non aveva tenuto tutti allo scuro.”
> L’ora di punta era passata da poco e in giro c’era ancora tanta gente. Ma
> Kevel aveva la netta sensazione di essere seguito. Sicuramente tenevano
> sotto controllo le sue attività da settimane ormai. Il comunicatore
> personale e il suo computer sospettava che fossero stati manomessi, ma non
> ne era sicuro.
> Cambiò improvvisamente direzione per vedere se qualcuno lo seguiva e si
> infilò in uno di quei passaggi utilizzati dalla manutenzione. Un’ombra lo
> seguì.
> Velocemente percorse il vicolo e uscì rimettendosi in uno dei marciapiedi
> principali. Si infilò in uno dei locali sulla via e aspettò qualche minuto.
> Uscì dal locale per un’altra porta e si diresse di nuovo alla sopra
> elevata. Si guardava in torno con circospezione e paura ma non si accorse
> del secondo uomo che lo stava aspettando davanti all’entrata della
> stazione: aveva l’uniforme di un cadetto della Flotta Stellare.
> Ancora prima di entrare in stazione Kevel avvertì un’improvvisa sensazione
> di pericolo. Appena un attimo prima…
> “KEVEL!”
> Lui si girò di scatto e vide Bill Reynolds che lo chiamava da un’auto
> ferma a bordo strada.
> Non sapendo nemmeno bene il perché Kevel si allontanò dalla stazione e si
> diresse di corsa verso il suo amico.
> “Vieni ti do un passaggio all’albergo.” Propose Reynolds.
> “Grazie Bill, capiti giusto in tempo. Non avevo molta voglia di prendere
> il treno questa sera.”
> “Allora, il tuo pezzo verrà pubblicato?” cominciò Reynolds mentre si
> immetteva nel traffico serale.
> “No. Jameson è convinto che alla gente non interessi più di chi sia la
> responsabilità della scomparsa della Cepheus.”
> “Ma dopo l’articolo dell’altra, volta dove provi il coinvolgimento di
> alcuni membri della Flotta Stellare, hai scoperto che c’è di mezzo qualcun
> altro?”
> “Ho scoperto che c’erano altre persone a conoscenza del problema degli
> scudi.”
> “Altri membri della Flotta Stellare?”
> “Si, l’equipaggio della Cepheus. Sicuramente il Capitano e il primo
> ufficiale erano stati informati della pericolosità della tecnologia, ma
> preferirono non informare nessuno. E’ tutto scritto in questo dpad il
> problema è che non so come dimostrarlo.”
> Sul bordo del marciapiede i due agenti federali guardarono la macchina su
> cui era salito il giornalista che avrebbero dovuto proteggere e
> comunicarono i dati in centrale. Fu l’ultima volta che videro quell’uomo.
> Le dinamiche dell’incidente non furono mai accertate completamente. Il
> grosso veicolo autonomo da trasporto sbandò all’improvviso e travolse la
> macchina di Bill Reynolds, il quale all’ultimo momento virò e finì fuori
> strada cappottandosi. Quando arrivarono i soccorsi, trovarono Bill Reynolds
> che tentava manovre di rianimazione sul corpo di Kevel Bhreel, inutilmente.
> Fortunatamente arrivati in ospedale si riuscì a mettere il simbionte Bhreel
> in stasi e successivamente a trasferirlo in un altro ospite.
> Nessuno si interessò più del caso Cepheus e di come Kevel fosse riuscito a
> ottenere le informazioni. Tra i rottami della vettura non fu nemmeno
> cercato il dpad di Kevel, ma anche se qualcuno lo avesse cercato non lo
> avrebbe trovato.
>
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