[Stml9] [07.05] Suri – Piccole scoperte
Elena Fuccelli
mf9115 a mclink.it
Sab 24 Giu 2017 13:20:44 CEST
Ecco il mio pezzo. Spero di non annoiarvi.
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INIZIO TRASMISSIONE
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Nave stellare Kirrirrs – plancia - 17/11/2396 12:32
Le luminarie erano appena state assorbite dal nero dello spazio
profondo, congelando per diventare inutili scorie proiettate nel campo
di asteroidi. Il capitano Larring abbassò la mano con la quale
istintivamente si era protetto dal bagliore dell'esplosione della
Feront. Aveva gli occhi umidi, ma non gli importava che gli uomini in
plancia se ne accorgessero o meno.
Il capitano della Feront doveva fare in modo che il dispositivo non
finisse in mano al nemico. Tutto giusto, tutto corretto, tutto secondo
le regole. Fuori carattere per un uomo come Siaminar, che aveva sempre
guardato alle regole con ironia e distacco. Alla fine, però, le aveva
rispettate. Proprio alla fine.
Larring si alzò in piedi, con lentezza e determinazione, irrigidendosi
in un saluto allo schermo centrale che inquadrava le navi nemiche al di
là della nube di gas e detriti che era stata la Gemma di Kerent. Lanciò
uno sguardo severo all'intorno, e con un momento di troppo di ritardo
gli uomini di turno in plancia si alzarono a loro volta dalle loro
postazioni, per salutare il sacrificio del capitano Siaminar.
“Eri un giocatore, Siaminar – scandì a voce alta, con le mani tese verso
lo schermo – Sapevi che la vita a volte serve pessime carte, con le
quali dobbiamo fare i conti. Non meritavi di finire così, né tu né
quelli dei tuoi uomini che ti sono stati accanto negli ultimi istanti,
ma hai fatto il tuo dovere fino all'ultimo. Kereven te ne sarà grata.”
Lasciò che le parole galleggiassero per qualche istante nell'atmosfera
della plancia prima di abbassare le mani e tornare a sedersi. Gli uomini
ripresero le loro postazioni con un sospiro che a lui parve di sollievo.
Erano così contenti che fosse toccato alla Feront e non a loro?
Alzò di nuovo lo sguardo verso lo schermo centrale, sentendo montare
dentro di sé una rabbia sorda. Le sagome delle navi aliene spiccavano
sul nero del cielo. Era colpa loro se Siaminar era dovuto morire. Chi
erano? Da dove venivano? Perché si erano messi di mezzo? Era stato un
grave errore ingaggiare combattimento senza sapere esattamente con chi
avevano a che fare, e non dubitava affatto che al Comando Centrale di
Kereven questo errore sarebbe stato fatto pesare su di lui.
“Signore?” - la voce esitante del timoniere ruppe il silenzio.
“Cosa?” - ringhiò.
Il timoniere deglutì:
“Io-io volevo solo chiedere... Devo calcolare la rotta per Kereven,
capitano?”
Quello che era installato sulla sua nave era ormai l'ultimo prototipo
del congegno strategico stealth. Quindi, la migliore rotta da seguire
sarebbe stata quella di Kereven per mettere al sicuro il dispositivo,
pensò Larring. Nello stesso tempo, era quella che più gli ripugnava.
Mezzo ciclo fa, avrebbe potuto farlo. Se la sua nave avesse ripreso la
rotta anche solo mezzo ciclo prima, sarebbe stato accolto alla capitale
del suo pianeta come il capitano che era intervenuto a proteggere la
loro base spia e aveva distrutto un mercantile nemico. Adesso, era il
capitano uscito sconfitto da uno scontro. Sentiva di non poter
riprendere la rotta per Kereven, così, con Siaminar morto e la Feront
distrutta.
“No! - esclamò. Era come se qualcosa gli fosse esploso dentro – Il
nostro dovere adesso è scoprire chi sono i nuovi alleati della
Congregazione di Natvel. Se sono così forti, se hanno a disposizione
tecnologie così avanzate, Kereven deve saperlo... Dobbiamo sapere con
chi abbiamo a che fare!”
Nave stellare Gallintius – hangar navette - 17/11/2396 16:02
I feriti ed i prigionieri provenienti dalla Feront erano stati raccolti
in un hangar navette della Galintius, trasformato provvisoriamente in
area ospedale. L'hangar era stato diviso da un campo di forze – se ne
vedeva lo scintillio che lo tradiva. Da una parte all'altra, Enizia
poteva sentire grida, voci, proteste o lamenti in lingue che il
traduttore universale non riusciva a interpretare. Da un lato del campo
di forze erano stati confinati i Kereven giudicati abbastanza sani da
poter essere un problema, sorvegliati da guardie armate. Due guardie
armate seguivano anche lei, sia pure con il blando pretesto di
accompagnarla nella nave da guerra. Bellamonte era stato chiaro: non
doveva interrogare i prigionieri.
Da quello che poteva vedere, i Kereven erano mediamente più bassi dei
Natvel. Si trattava di bipedi dalla pelle granulosa, grandi occhi posti
ai lati della testa ed una antenna cornea che seguiva la curvatura del
capo. Due arti superiori muniti di tre dita prensili. Più di uno si
avvicinò alla barriera per guardarla passare, con occhi sbarrati dallo
stupore o con uno sguardo carico di odio.
I Kereven feriti erano invece stati distesi su brande da campo, accuditi
da membri dell'equipaggio intervallati da guardie della sicurezza
armate. In mezzo a loro, Enizia identificò Luz Fuentes e due assistenti
medici dell'equipaggio della Curie. Appel era più distante, in fondo
all'hangar, apparentemente impegnato a trasportare dei feriti verso
un'area allestita per operazioni. Per fortuna il capitano Bellamonte
aveva accettato la loro offerta di cure mediche.
I tre stavano medicando una Kereven con una larga ferita alla testa,
dalla quale continuava ad uscire un denso umore verdastro, simile al
sangue dei vulcaniani. Più in là, Enizia vide passare tra le barelle
Volkoff, accompagnato da un comandante Tynan con una espressione di
intensa sofferenza in volto.
Enizia attese che la dottoressa finisse di suturare la ferita prima di
avvicinarsi:
“Come procede?”
La dottoressa accennò alla sala:
“Potrebbe andare peggio. Molte ferite lacero contuse, molte fratture, ma
non ho ancora visto feriti di cui dover riservare la prognosi.”
“E il capitano Bellamonte?”
“Gli ho ricucito la ferita prima di scendere qui ad occuparmi dei
prigionieri, capitano – rispose Luz – L'ho dovuto medicare in plancia.
Non voleva sentirne parlare di andare in infermeria. Non con una nave
occultata ancora in giro in zona.”
La Kereven appena medicata ebbe un sussulto. Enizia sogghignò:
“Si, la stiamo monitorando. In questo momento il capitano dell'altra
nave non sembra far niente a parte starsene acquattato tra le rocce di
quel campo di asteroidi.”
“Non è possibile! - esclamò la donna – Il campo di smorzamento è totale!”
“Chi è lei? Come si chiama?” - domandò Luz
“Antarr. Primo ingegnere tecnico a bordo della Scopuli”
Enizia drizzò le antenne:
“La nave occultata che abbiamo colpito era la Feront. Dunque lei
apparteneva all'altra nave, quella che era stata parzialmente camuffata
da asteroide”
La donna serrò le labbra. Enizia resistette alla tentazione di chiamare
Tynan, ma l'ufficiale scientifico si era già avvicinato, a guardare con
intensità la donna distesa sulla barella. Dietro di loro, le guardie
della sicurezza Natvel si stavano già agitando ed Enizia comprese che la
sua permanenza a bordo non sarebbe durata ancora a lungo. Per distrarli,
si avviò docilmente in direzione dell'uscita dell'hangar.
“Non siamo suoi nemici, Antarr – sentì dire la dottoressa Fuentes alle
sue spalle e si girò – Siamo esploratori provenienti da un altro
Quadrante. Non siamo qui per combattere guerre”
Enizia vide Antarr alzare uno sguardo gelido verso l'umana:
“Avete combattuto insieme ai Natvel. Questo vi qualifica come nemici,
qualunque cosa diciate ora per discolparvi”
U.S.S. Curie – sala riunioni 1 - 17/11/2396 17:40
“Discolparvi? Ha detto così? - domandò Suri – La nostra è una missione
esplorativa. Il nostro principale compito è quello di instaurare
relazioni diplomatiche, di amicizia con altri pianeti. L'ultima cosa che
possiamo fare è quella di trascinare la Federazione dei Pianeti Uniti in
un conflitto locale nel profondo del Quadrante Delta”
Enizia sospirò:
“Ne sono consapevole. E continuo a chiedermi se nelle circostanze in cui
ci siamo trovate, avremmo potuto fare qualcosa di diverso.”
C'erano delle poltrone vuote nella sala riunioni uno. Il personale
medico spedito a bordo della Galintius non era ancora tornato a bordo
delle rispettive navi, mentre il navigatore Payton ed l'ingegnere Brown
erano impegnati a non perdere di vista le tracce della nave occultata
superstite.
“Mi scusi, capitano – replicò Nurell – Avremmo dovuto lasciare che le
due navi occultate colpissero la Galintius? Il conto delle vittime dei
Kereven è già abbastanza alto con la distruzione di quel mercantile!”
“Non possiamo neanche entrare brutalmente nel conflitto – disse Timeran
Breel - Con la nostra tecnologia, scateneremmo uno squilibrio a favore
dei Natvel. Inoltre, non conosciamo la storia di queste popolazioni...
Anche se in effetti mi piacerebbe molto approfondirla”
Suri comprese:
“Soprattutto per quanto riguarda una certa minoranza, nativa dal nostro
Quadrante?”
Timmy assentì:
“Col suo permesso, vorrei chiedere al capitano della Galintius
l'autorizzazione ad accedere al loro database storico e culturale”
Suri fece per replicare, ma fu interrotta dal suono della porta che si
apriva alle sue spalle:
“Comandante Tynan a rapporto, signore” - disse l'ufficiale scientifico
della Curie. Dietro di lui, comparve la massa imponente del russo Volkoff.
“Che cosa siete riusciti a scoprire?” - domandò Suri, accennando ai due
di sedersi al tavolo da riunioni. Il trill appariva provato. Timeran lo
fissò preoccupata. Più che sedersi, parve crollare sulla poltrona a lato
del capitano.
“Antarr, la donna con cui ha parlato anche lei, capitano – disse Tynan
rivolgendosi ad Enizia - è la scopritrice locale dell'occultamento. Lo
ha perfezionato mentre stava lavorando su quella nave spia, la Scopuli,
ed ha prodotto alcuni esemplari, due dei quali sono stati installati in
via sperimentale su due navi militari Kereven.”
“Molto bene...”
“Che cosa sia successo poi, non sono in grado di dirlo con precisione –
continuò Tynan -C'è stato un incidente, questo è sicuro... Ma non so di
che tipo. Antarr, e tutti quelli che avevano presente la cosa nelle loro
menti, pensavano ad un sabotaggio. Questo ha indotto il capitano della
Feront e dell'altra nave a decidere prima l'evacuazione, quindi una
sorta di trappola per cercare di stanare gli eventuali complici dei
sabotatori”
“Inutile dire che la trappola invece si è chiusa sulla Sulaco e sul suo
sventurato equipaggio” - aggiunse Volkoff, quindi il suo sguardo passò
dall'una all'altra dei due capitani:
“Quanto di questo possiamo condividere con i Natvel?”
U.S.S. Baffin – Area alloggi
17/11/2396 17:40
Quella nave sembrava sterminata. Era scioccante ricordare gli eterni
problemi della Sulaco, i suoi spazi angusti, e confrontarla con quella
meraviglia lucida e perfetta. Aveva fatto il giro per tutto il
corridoio, senza avvertire una sola variazione nella gravità
artificiale. Fece istintivamente una smorfia, pensando alla gravità che
veniva tenuta nel suo quartiere a Ceres.
Lex si appoggiò alla balaustra, godendosi la vista dello spazio dagli
ampi oblò. Alzò un dito, andando a sfiorare il campo di forze. Chissà
che tipo di comandi azionavano il timone. Avrebbe potuto scommettere che
lì i carrelli portaghiaccio non avevano bisogno delle spinte per
funzionare... Quanto sarebbe piaciuta a Boone quella nave!
E io che non volevo neanche fare parte della spedizione, pensò Lex.
Si staccò dalla balaustra, tornando verso l'alloggio che gli era stato
assegnato. Aprì la porta, e fu sorpreso di vedere Nyomi ed il dottore
che lo stavano aspettando.
“Ma dov'eri? Dobbiamo parlare!” - disse Sim.
Nyomi si era appoggiata su una poltrona, con le lunghe gambe ripiegate.
Guardava le stelle attraverso l'oblò, come lui aveva fatto poco prima.
Non si era girata quando lui era entrato.
“E di che cosa? Qui siamo prigionieri, anche se ci hanno trattato con
tutti i riguardi - domandò Lex – Vuoi fare una sessione di preghiera per
i nostri compagni defunti? Perché questo è più o meno il nostro spazio
di manovra, finché siamo a bordo di questa nave.”
“Sarebbe una buona idea – disse Nyomi, senza voltarsi o muovere un
muscolo – Pregare... Ma non per loro. Per noi, perché anche noi siamo morti”
Sim la fissò sorpreso:
“Ma di che stai parlando? - domandò – Sono io quello che compila gli
atti di morte, ed il tuo non ricordo di averlo compilato. ”
“Ed io credo di essere molto vivo” - aggiunse Lex, avanzando per andarsi
a sedere sul bordo del letto. Prima di sedersi, sfiorò con un dito lo
schienale metallico della poltroncina di Nyomi.
“Credi... E' la parola giusta” - replicò la donna.
“Ma che ti prende?”
Nyomi si girò, lentamente, a guardare Sim. Gli occhi della donna
impressionarono Lex. Sembravano più grandi, profondi e neri di quanto
fossero mai stati:
“Il teletrasporto. Quella cosa che ci ha portato via dalla navetta C1 e
ci ha fatto conoscere questa bella nave. Quando ci hanno consentito di
uscire dai nostri alloggi, sono andata a guardare la piattaforma sulla
quale ci siamo materializzati. Perché è questo che fa, quella
piattaforma: smaterializza e rimaterializza.”
“E allora?” - domandò Lex.
“Per tutti gli dei di Ceres, come fate a non capire? Non si possono
spedire esseri viventi nello spazio. Si trasmettono informazioni! Solo
informazioni... Quindi l'unica spiegazione è che quel raggio ci abbia
smaterializzati analizzandoci fino al livello molecolare, e quindi ci
abbia ricostruito su quella piattaforma. Non siamo Lex o Nyomi. Siamo i
cloni di Amos, Kariin, Lex, Sim e Nyomi. Ma i nostri veri noi stessi,
sono morti. Sono stati distrutti da quel raggio.”
Sim la fissò sbalordito:
“E secondo te, la gente di questa nave... Perché loro usano il
teletrasporto anche per loro stessi, li ho visti io... Userebbe
abitualmente una macchina che li uccide e ricostruisce?”
A Nyomi venne da ridere:
“Che ne sappiamo noi, di questa gente? Magari credono in un dio che li
riporta in vita. Magari non gli importa”
“E' assurdo!” - esclamò Lex.
Sim scrollò la testa:
“Forse è così. - disse Sim – Anche se fosse? Io sono io, con tutti i
miei ricordi. Mia madre mi riconoscerà. La mia ex compagna non smetterà
di darmi il tormento solo perché sono un clone. ”
“Io non sono un clone! - protestò Lex. Alzò la parte alta della tuta -
“Guarda, Nyomi, vedi qui?”
Nyomi si girò, lentamente. I suoi occhi sembravano pozze oscure. Lex le
prese la mano, la costrinse a passarla sul torace:
“Qui c'è la cicatrice che mi sono fatto durante il servizio militare,
quando mi scoppiarono i comandi di navigazione della ferraglia che mi
facevano pilotare. Nessun clone potrebbe essere costruito in maniera
così precisa!”
Sim sbatté la mano sul tavolo, facendolo sobbalzare:
“Non me ne importa niente! Non vi ho cercati per discutere se siamo
cloni o no! Se volessi una discussione di filosofia, chiamerei scuola e
mi farei passare il mio vecchio professore!”
Nyomi fece un gesto con la mano, come a dire: allora, accomodati.
Il dottore si spostò verso la parete dell'alloggio, dove si apriva la
bocca di un macchinario che per precauzione Lex non aveva osato toccare.
Premette un pulsante e ordinò:
“Acqua. Un bicchiere”
Sulla parte inferiore, comparve un bicchiere azzurro. Sim lo prese, lo
sollevò, quindi con un gesto calcolato lo rovesciò per terra. Lex balzò
in piedi:
“Ma che fai, sei pazzo? Lo dovremo ripagare!”
Sim rise. Premette di nuovo il pulsante, quindi ordinò:
“Acqua. Una brocca!”
Stavolta comparve un recipiente più grande. Sim lo prese, e glielo
porse. Era acqua, senza dubbio, in una dose sufficiente per la giornata
di un paio di lavoratori. Lex lo guardò con gli occhi sbarrati, quindi
guardò Nyomi, che sembrava essere stata scossa dalla sua apatia. Nyomi
si chinò a bagnare le punte delle dita nell'acqua caduta per terra, le
portò alle labbra, quindi si alzò e guardò l'apparecchio.
“C'è una cosa identica a questa anche nell'alloggio che hanno assegnato
a me, ma non avevo idea di che cosa fosse... Questa gente ha un
erogatore in ogni singolo alloggio? Come fanno a trasportare tutta
quest'acqua?”
Sim sorrise:
“Non è un erogatore, Nyomi. Ho chiesto a uno dei membri dell'equipaggio
che cosa fosse quell'apparecchio e lui me lo ha mostrato. Non so come
funzioni, ma crea acqua e cibo. Capite? C'è acqua a sufficienza per bere
fino a scoppiare!”
“Per tutti i...” - Lex fischiò tra i denti.
“Vi rendete conto di quello che vuol dire? - continuò Sim – Se
riuscissimo a scoprire come funziona, ad adattarla alla nostra
tecnologia, vorrebbe dire niente più buoni per l'acqua. Vorrebbe dire
niente più razionamenti, navi portaghiaccio, filtri per i liquami che
non filtrano mai a sufficienza... Ceres avrebbe finito la sua lunga
sete. E anche la fame, visto che potrebbe produrre acqua anche per le
serre idroponiche.”
“...E ci renderebbe ricchissimi” - mormorò Lex. Sim lo fissò:
“Veramente io pensavo al bene di Ceres...”
“Ma certo, è per il bene di Ceres! Ma noi diventeremmo ricchissimi
facendo il bene di Ceres!” - rise Lex.
“Non per spegnere gli entusiasmi – intervenne Nyomi – Ma come facciamo a
portarci su Ceres uno di questi apparecchi? Non credo che ce li
cederanno volentieri”
“E allora? Vorrà dire che li ruberemo!” - rispose Sim.
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FINE TRASMISSIONE
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