[Stml17] [12.00 - Graahn - La Grande Rivelazione]

Silvia Bianchini ltcomm.sibi a gmail.com
Lun 29 Ott 2018 21:05:33 CET


Ottimo Maddalena!

Un solo appunto... Luna non lascerà Basta impunito... Che la dottoressa ci
abbia già pensato non conta perché era per quello che ha fatto a lei...

Credo che il mio pezzo girerà intorno a queste, le cinque fasi
dell'accettazione, grazie Maddalena per aver già messo in scena il primo
punto eheheh...


   1. Negazione/Rifiuto (in principio si nega il lutto come naturale
   meccanismo di difesa);
   2. Rabbia (quando si realizza la perdita, subentra un enorme carico di
   dolore che provoca una grande rabbia alle volte rivolta verso se stessi o
   persone vicine o, in molti casi, verso la stessa persona defunta);
   3. Negoziazione (si tenta di reagire all’impotenza cercando delle
   risposte o trovando soluzioni per spiegare o analizzare l’accaduto);
   4. Depressione (ci si arrende alla situazione razionalmente ed
   emotivamente);
   5. Accettazione (si accetta l’accaduto, riappacificandosi con esso,
   spesso sperimentando fasi di depressione e rabbia di natura moderata, volte
   a riconciliarsi definitivamente con la realtà).


Davvero molto bello, brava!!!

Si.Bi.
=========================
Tenente JG Catalunya 'Luna' Jones della Casata di 'Klaa
Flight Control Office (CONN)
USS Hope - NCC-25122-A
=========================
"Se hai tutto sotto controllo vuol dire che non stai andando abbastanza
veloce"
______________________________
Private comunicator:  ltcomm.sibi a gmail.com




Il lun 29 ott 2018, 20:20 Maddalena <bryn.lwellelyn a gmail.com> ha scritto:

> Dunque, un paio di precisazioni.
>
> Anche se nelle nuove missioni normalmente si inserisce la data odierna, ne
> ho tenuto una di qualche giorno successiva a quella dell'ultima missione.
> In pratica stiamo tornando sulla terra come da conclusione del brano
> precedente.
> Visto che ho avuto carta bianca, non volevo fare una cosa tipo imbarchi ma
> ho comunque colto l'occasione per spiegare la reazione del personaggo alla
> Grande Rivelazione. Ha iniziato SIlvia e immagino che altri lo faranno,
> anche perchè pu avendone parlato qui brevemente mi sembra una cosa
> abbastanza importante. Ho accennato brevissimamente alle reazioni di altri
> personaggi ma non ho approfondito, non sapendo di preciso cosa si vuol
> inserire. Se non andasse bene, lo sistemo.
> Ho anhe inserito un altro spunto che nella mia idea potrebbe essere
> l'inizio di un'avventura a sè ma che volendo si può anche ricondurre a quel
> che sta succedendo o lasciar cadere, a seconda di come progredisce la
> faccenda.
> Ho fatto un po' fatica a scrivere, non sapevo bene come metterla giù.
> Spero vi piaccia.
>
> ----------------------------------------------------------
>
> *USS Hope  - 14 aprile 2398, Ore 01.14*
>
>
>
> Nel sogno Rest stava ballando il valzer e a a Caytlin la cosa sembrava
> assolutamente naturale.
>
> Più tardi, a mente sveglia, si sarebbe detta che effettivamente la cosa
> non avrebbe dovuto stupirla più di tanto. Non che Rest le sembrasse il tipo
> di persona che frequenti abitualmente le sale da ballo ma, nelle giuste
> condizioni, perché mai non avrebbe dovuto danzare?
>
> Certamente possedeva l’abilità e la coordinazione per farlo e se gli fosse
> stato ordinato con una buona ragione o la situazione lo avesse richiesto –
> ad esempio ad un incontro diplomatico ufficiale – certamente lo avrebbe
> fatto.
>
> Nel sogno, tuttavia, si stupì della sua mancanza di stupore.
>
> Sapeva che si trattava di un sogno e, in un certo senso, temeva quello che
> sarebbe potuto accadere in quello strano modo in cui si teme a cosa si
> potrebbe assistere quando si è consapevoli che è la propria mente a
> determinare la realtà intorno a noi.
>
> Per il momento, comunque, a parte il valzer, non stava accadendo nulla.
>
>
>
> La stanza in cui si trovavano era circolare e ampia, soffusa di una luce
> tenue appena sufficiente a vedere il contorno dei mobili e completamente
> deserta, a parte loro due.
>
> La musica sembrava provenire da ogni direzione e da nessuna in
> particolare. L’ambiente era piacevole e, a parte quello strano senso di
> timore generato dalla consapevolezza di stare sognando, Caytlin stava
> piuttosto bene.
>
>
>
> Rest la superava in altezza di un buon venti centimetri, eppure i loro
> movimenti risultavano straordinariamente aggraziati. Lui la allontanò
> leggermente da sé, tenendole la mano per farla piroettare e Caytlin sollevò
> appena l’orlo dell’abito lungo e setoso, di un morbido blu notte, che
> indossava eseguendo passi che non sapeva di conoscere.
>
>
>
> “Tutto questo è alquanto… insolito,” commentò Rest, nel suo elegante
> smoking, con l’assoluta mancanza di inflessione che solo i vulcaniani sanno
> mettere nelle loro affermazioni, qualunque sia l’argomento in discussione,
> dalla geometria dei campo di curvatura alle abitudini di accoppiamento di
> Bueller.
>
> “Non è reale,” rispose lei, mentre tornavano a danzare allacciati.
>
> “No, non lo è. Si tratta di un sogno.”
>
>
>
> Tornò il silenzio, l’unico rumore, oltre alla musica, era costituito dai
> loro passi sul pavimento lucido.
>
> Non è che la conversazione spumeggiante fosse il punto forte di Rest,
> nemmeno durante le loro ore di veglia. In qualche modo, però, Caytlin si
> aspettava che la versione di lui proiettata dal suo inconscio sarebbe stata
> più incline alle chiacchiere.
>
> Non lo era.
>
> La musica scemò lentamente e tacque. Loro conclusero la figura e si
> fermarono. Rest le fece un mezzo inchino, ma non si sbilanciò fino ad
> arrivare ad un baciamano.
>
> Caytlin non sapeva se congratularsi con se stessa perché anche il proprio
> inconscio aveva inquadrato con esattezza il carattere di Rest o essere
> delusa.
>
> Rimasero in piedi per qualche istante, l’uno di fronte all’altra. Rest
> inarcò leggermente un sopracciglio.
>
>
>
> “Stiamo attendendo qualcosa?”
>
> “Di svegliarmi,” rispose lei con la vaga impressione che ci fosse
> dell’altro.
>
> Poi la luce si spense.
>
>
>
> *USS Hope – Ufficio Tenente Rodriguez – 14 aprile 2398, ore 8.15*
>
>
>
> “Del cioccolato? Perché non lo replica?”
>
>
>
> Per un folle attimo, Paulo pensò che la Graahn stesse usando un qualche
> gergo segreto che lui non conosceva per chiedergli di rimediarle un carico
> di droga. Non che lui, nel caso, non avrebbe saputo dove mettere le mani,
> ma il fatto che fosse proprio la trill a chiederglielo gli faceva un po’
> impressione. Senza contare che Basta l’avrebbe ammazzato.
>
>
>
> “Se volessi del cioccolato normale lo replicherei,” spiegò lei come se
> fosse ovvio. “Ma vorrei del cioccolato aldebarano e quello non si può
> replicare.”
>
>
>
> Effettivamente il cioccolato aldebarano non si poteva replicare ed era
> anche piuttosto raro. E perfettamente legale, motivo per cui Paulo non se
> ne era mai interessato più di tanto. Non pensava che sarebbe stato
> difficile reperirlo, era solo che la Graahn, sempre così ligia alle regole,
> non era mai venuta da lui a chiedere niente prima di quel momento.
>
>
>
> “Non per impicciarmi, ma perché non se lo compra alla prima occasione?”
>
> “Diciamo che è il mio modo per sfogare lo stress. E sono stressata
> adesso,” aggiunse a mo’ di ulteriore spiegazione.
>
> “Beh, a ognuno il suo. Qualcuno il cioccolato, qualcuno l’alcol, qualcuno…
> beh.” Tossicchiò ripensando alla conversazione con Basta. “Nessun problema,
> dottoressa. Però avrà il suo costo.”
>
> Melanne si sporse leggermente in avanti, verso l’altro. Fu un movimento a
> scatti, come se tentansse di essere minacciosa ma non avesse bene idea di
> come riuscirci. E non ci riuscì, così parve rinunciare e tornò ad
> appoggiarsi allo schienale. “Si ricorda quel discorso che abbiamo fatto sul
> non farsi visitare quando si ha qualcosa da nascondere?”
>
> Paulo sbuffò. “Non vedo cosa dovrei nascondere… o meglio, cosa dovrei
> nascondere che una visita di routine possa rilevare,” aggiunse dopo un
> istante, poi parve ripensarci di nuovo. “No, ok. Mi ha convinto. Un mese.”
>
> “Due settimane. La metto in fondo alla lista, è il massimo che posso fare.”
>
> “Andata.”
>
>
>
> *USS Hope, Hangar navette – 14 aprile 2398, Ore 09.22*
>
>
>
> “Glielo faccio sistemare a mano, poi lo ammazzo,” borbottò Luna. “Anzi,
> prima lo ammazzo e *poi* glielo faccio sistemare.”
>
> “Non è messo tanto male,” tentò Ferris in tono incoraggiante.
>
> “Insomma…” commentò Paulo con occhio critico.
>
>
>
> L’Akesh effettivamente non aveva un bell’aspetto. Ricordava più una
> lattina schiacciata che il vascello scattante e veloce che era stato prima
> di essere rubato. Sistemarlo a mano non sarebbe stato possibile nemmeno
> volendo, vivo o morto che fosse Basta durante i lavori, qualunque fossero i
> pezzi che Paulo sarebbe stato in grado di recuperare.
>
> Ferris non aveva il cuore di dirlo.
>
> Luna lo sapeva ma in quel momento, nonostante tutta la sua tempra,
> ammetterlo faceva troppo male.
>
> Fu Paulo a calare la scure.
>
>
>
> “Se ti interessa conosco un tizio che conosce un tizio che conosce un
> altro tizio il cui fratello potrebbe procurartene uno nuovo praticamente
> uguale.”
>
> Gli altri due si voltarono ad osservarlo.
>
> “E’ stato un regalo di mio nonno.”
>
> “Non è detto che anche quello nuovo non appartenesse a tuo nonno in
> precedenza,” commentò Paulo con nonchalance.
>
> Ferris tossicchiò prima che la scena sfociasse in massacro. “Visto che
> torniamo sulla Terra, potresti portarlo in un cantiere. Sono sicuro che te
> lo rimetteranno a nuovo.”
>
> “Vedi, se fossi stato tu a ridurlo così,” riprese Luna, gli occhi sempre
> fissi sulla sua nave martoriata, ignorando completamente il suggerimento,
> “avrei anche potuto accettarlo. Ti avrei portato sul ponte ologrammi e ti
> avrei sbattuto come un tappeto. E tu non te la saresti nemmeno presa.”
>
> “Ah, no?”
>
> “Invece non posso picchiare Basta.”
>
> “Perché no?”
>
> “Basta ha già i suoi problemi,” si inserì Rodriguez.
>
> “La dottoressa Graahn?”
>
> “Credo l’abbia già picchiato lei.”
>
> “Presa male, eh?”
>
> “A proposito di prenderla male, la Lennox cosa ha detto del fatto che
> stiamo tornando sulla Terra?”
>
> “Non saprei, le ho chiuso la comunicazione in faccia.”
>
>
>
> Sia Luna che Rpdriguez si voltarono a guardarlo.
>
> “Xyr lo sa?” chiese lei dopo un istante.
>
> “Aspetto il momento giusto per dirglielo.”
>
> “Com’è quel detto? Nessun inferno sarà mai come una donna infuriata?”
>
> Paulo fece spallucce. “Ci sarà da divertirsi.”
>
>
>
> *USS Hope, alloggio consigliere Caytlin, Contemporaneamente*
>
>
>
> Cytlin finì di sistemarsi i capelli e controllò gli appuntamenti della
> giornata con un leggero sbuffo di depressione. Dalla Grande Rivelazione in
> avanti, fuori dal suo studio c’era letteralmente la fila. Non si poteva
> dire che l’equipaggio non la ritenesse utile, tutti o quasi parevano volere
> il suo consiglio, il suo parere, parlarle dei propri sentimenti.
>
> Tuttavia, l’intera faccenda le risultava snervante.
>
> Probabilmente era questo il motivo dei suoi stupidi sogni. Normalmente non
> l’avrebbero turbata, non ci avrebbe perso più di un minuto, ma in quel caso
> sentiva una strana inquietudine al riguardo. E, dal momento che non si
> trattava d sogni particolarmente spiacevoli, non si spiegava il perché. Si
> morse lievemente il labbro inferiore davanti allo specchio, poi scosse la
> testa e scacciò il pensiero. Il suo inconscio le presentava immagini
> distorte dell’equipaggio e del loro comportamento, specialmente di coloro
> per cui era più preoccupata. Coloro che potenzialmente avrebbero potuto
> prendere peggio la presenza, finora segreta, di un alieno interdimensionale
> nella propria mente e che difficilmente avrebbero chiesto il suoi aiuto.
> Ecco tutto. La situazione non si preannunciava facile e non era sicura che
> tornare sulla Terra avrebbe migliorato le cose.
>
> Non vedeva cosa l’ammiraglio Lennox avrebbe potuto dire loro più di quello
> che già sapevano.
>
> Qualunque sarebbe stato lo sviluppo, tuttavia, lei avrebbe dovuto essere
> pronta.
>
>
>
> *USS Hope, ufficio Ufficiale Medico Capo, Contemporaneamente*
>
>
>
> Melanne tamburellava distrattamente con le dita sul piano della sua
> scrivania, nel mentre fissava i dati che scorrevano sul display.
>
> Aggrottò leggermente le sopracciglia, si ficcò in bocca il quinto
> cioccolatino replicato dell’ultima mezz’ora e ricontrollò ancora una volta
> le sue analisi.
>
> La trill si appoggiò allo schienale della poltroncina, sollevò le gambe e
> incrociò le caviglie sul piano del tavolo.
>
> Quei dati non avevano minimamente senso. Ovviamente avrebbe dovuto fare
> delle analisi più approfondite ma non aveva idea di cosa cercare davvero.
> Eppure se l’alieno di cui aveva parlato la Lennox aveva e stava tuttora
> operando fisicamente su di loro, se erano in grado di sentire parzialmente
> le sue emozioni o di evocarlo, per così dire, qualche segnale avrebbe
> dovuto esserci. Qualcosa nelle onde cerebrali, qualche anomalia nelle
> risposte neuronali. Qualsiasi cosa.
>
> Eppure lei non vedeva nulla in quei dati. E non si poteva dire che non ci
> si fosse impegnata.
>
>
>
> Dopo la Grande Rivelazione, non aveva avuto molto tempo per pensare a
> quello che avevano scoperto. Non che l’idea di avere un alieno
> interdimensionale nella testa, che in precedenza li aveva quasi uccisi, le
> piacesse ma lei aveva presentato domanda per la commissione simbiosi. Avere
> una seconda voce nella mente non le faceva tanta impressione come agli
> altri.
>
> Era arrabbiata per la menzogna, questo sì, ma era anche curiosa di capire
> come non se ne fosse accorta prima – specialmente con gli esami cui si era
> sottoposta dopo essere stata posseduta da quel mutaforma - e preoccupata
> per come avrebbe potuto prenderla Lon, visti i suoi precedenti, così aveva
> ricacciato indietro il primo sentimento. Non aveva tempo di arrabbiarsi,
> aveva un lavoro da fare, delle aspettative da soddisfare, domande a cui
> rispondere.
>
> Subito dopo Basta, in un’improvvisa esplosione d’ira e testosterone, aveva
> conteso a Bueller il discutibile privilegio di rubare una nave e rischiare
> di farsi ammazzare. Anche questo l’aveva fatta arrabbiare, soprattutto
> perché se n’era andato senza dirle niente. Ma capiva che tecnicamente non
> avrebbe avuto motivo di informarla – anche se lei l’avrebbe fatto, a parti
> invertite - e, ancora una volta, aveva l’infermeria piena di feriti di cui
> occuparsi. Non aveva tempo di arrabbiarsi.
>
> Il lato positivo era che Lon non si era fatto ammazzare e nel contempo
> avevano probabilmente salvato l’universo e tutto quello che conteneva. Lui
> sembrava uno gettato da una navetta in volo, ma tutto sommato non se la
> passava troppo male. Probabilmente si era aspettato la sua filippica di
> rito e l’aveva ascoltata con la giusta espressione contrita in volto.
> Tuttavia, non l’aveva presa molto sul serio e forse era stato questo a
> farla scoppiare.
>
> Per la prima volta aveva dovuto impegnarsi per reprimere l’istinto di
> mollargli un ceffone. Lui se n’era accorto, almeno credeva, ma Melanne non
> gli aveva dato il tempo di dire qualcosa. Aveva sfogato su di lui la sua
> rabbia, l’aveva rappezzato e l’aveva cacciato dalla sua infermeria. Non ci
> aveva più parlato da allora. Poi aveva abbaiato qualche ordine ad
> un’atterrita infermiera – nessuno prima d’ora era mai stato atterrito da
> lei – e si era chiusa in ufficio. Aveva ordinato un the e aveva rotto la
> tazza. E in un impeto di patetica ribellione non aveva raccolto i pezzi
> fino al giorno dopo.
>
> Successivamente aveva preso l’abitudine di passare molto più tempo nel
> proprio ufficio. Se la situazione in infermeria era tranquilla e lo
> permetteva – e dimessi gli ultimi pazienti non c’era stato un granchè da
> fare – delegava la compilazione dei rapporti al primo membro del personale
> di passaggio e si chiudeva nel suo studio. Questo le dava la duplice
> occasione di passare al setaccio le cartelle cliniche del personale alla
> ricerca di segni rivelatori di invasione aliena – tristemente mancanti
> senza ulteriori test -  e di starsene in pace a mangiare cioccolato.
>
>
>
> Era arrabbiata. Di più, stavolta era veramente incazzata, come non lo era
> mai stata prima. Questa bruciava forte. Era un sentimento nuovo per lei e,
> per tanto, ancora più sconcertante.
>
> Melanne aveva passato tutta la vita cercando di soddisfare le aspettative
> altrui. Quelle della sua famiglia, poi quelle dei suoi insegnanti, infine
> quelle dei suoi superiori. Aveva concentrato tutto il suo impegno sul
> raggiungimento di quell’obbiettivo che naturalmente aveva avuto un costo.
> In accademia si era guadagnata la fama di quella che sa sempre tutto grazie
> al semplice espediente di non avere una vita sociale. Quindi era diventata
> il medico diligente, su cui si può contare ma da cui non ci si aspettano
> uscite esilaranti, motti di spirito o atti eroici. Quella di cui si
> ascoltano le ramanzine dopo essersi buttati senza batter ciglio nel genere
> di missioni che salvano l’universo.
>
> Se la vita a bordo della Hope fosse stata un romanzo, lei sarebbe stato il
> personaggio noioso.
>
> Lo sapeva e le andava bene così. Non possedeva il carattere di Luna, la
> leadership di Xyr o l’intuito di Caytlin ma era brillante e si trovava lì
> per le sue capacità e per il suo lavoro.
>
> O almeno così aveva creduto.
>
> Ora saltava fuori che se in quella sala al posto loro si fosse trovato un
> gruppo di addetti alle pulizie, anche loro avrebbero avuto una nave.
>
> Poteva anche essere che la Lennox fosse davvero arrivata con il tempo a
> credere nelle loro capacità, ma il merito iniziale era loro quanto della
> poltroncina su cui sedeva Strauss.
>
> Naturalmente, se non erano lì per merito loro ma solo per una fortuita
> serie di eventi, non c’era più motivo di essere la migliore. L’istinto al
> dovere era troppo radicato in lei perché trascurasse i propri compiti,  ma
> dal suo punto di vista tutta quella storia aveva un interessante risvolto.
>
> Non c’erano più aspettative da soddisfare.
>
> Era libera.
>
>
>
> *USS Hope, alloggio Tenente Rest, Contemporaneamente*
>
>
>
> Rest aveva sempre trovato la meditazione piacevolmente utile, in
> particolare nell’ultimo periodo, da quando l’atmosfera a bordo era
> diventata così emotivamente logorante.
>
> Non era sua abitudine criticare l’operato dei propri superiori ma non
> vedeva quale fosse la ragione logica per informare l’equipaggio di una
> rilevazione così potenzialmente perturbante in un momento tanto delicato.
>
> Aveva imparato nel corso dei mesi precedenti ad apprezzare maggiormente i
> propri colleghi, a valutare i rispettivi punti di forza e di debolezza.
> Nonostante questo, non si poteva negare che la facilità con cui si
> abbandonavano alle emozioni fosse notevole e, in alcuni casi, pericolosa.
>
> Non aveva dubbi, ad esempio, sul coraggio di Basta. Ma non ne aveva
> nemmeno riguardo il fatto che probabilmente, se non fosse stato turbato da
> quella che l’equipaggio aveva ribattezzato ormai la Grande Rivelazione, la
> sua recente linea d’azione avrebbe potuto essere differente.
>
> Lui stesso aveva risentito della situazione, naturalmente. Aveva
> riflettuto a lungo e intensamente su ogni aspetto del problema, ma ancora
> non era riuscito a dissipare gli effetti che l’idea di un essere annidato
> nella sua mente – oltre al complesso castello di menzogne messo in piedi
> dall’ammiragliato – aveva su di lui. Si sentiva confuso, trovava maggior
> difficoltà nel concentrarsi e la sua attività onirica era diventata in
> qualche modo una nuova distrazione. Il sogno di un valzer con il
> consigliere normalmente non avrebbe assorbito nemmeno una minima parte
> della sua attenzione.
>
> Mai come ora era importante concentrarsi sulla meditazione.
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